CHIERI. SORPRESE DI ARTE E DI STORIA. La ricostruzione della chiesa di Sant’Antonio Abate

Il campanile quattrocentesco

Chiesa di Sant’Antonio abate. Interno

Fin dal  XIII secolo, insieme alla Precettoria degli Ospedalieri di Sant’Antonio Abate e all’ “hospitale” c’era, come è logico, anche una chiesa, che i Gesuiti utilizzarono per circa centoventi anni apportandovi non poche modifiche. Fra l’altro sostituirono l’altar maggiore, dedicarono alcuni altari ai Santi gesuiti e nel 1642, per iniziativa del padre Valeriano Marchettino, dedicarono il primo altare a sinistra dell’ingresso, che in seguito avrebbe assunto grande importanza, alla Santa Casa di Loreto. Ma nei primi decenni del Settecento incominciarono a cullare il desiderio di ricostruire la chiesa ex novo e fra la fine degli Anni Venti e l’inizio degli Anni Trenta si rivolsero a Filippo Juvarra. Per mancanza di mezzi, però, il progetto preparato dal grande architetto giacque per molto tempo inutilizzato in un cassetto.

Fu negli anni Sessanta del Settecento che i Gesuiti si trovarono nella possibilità di realizzarlo grazie al generoso lascito testamentario effettuato nel 1761 dalla signora Adelaide Margherita Ceppi Balbiano, che nominò la cappella della Madonna di Loreto sua erede universale e i Gesuiti suoi esecutori testamentari,  a condizione che entro cinque anni dalla sua morte con i beni ereditati si costruisse la nuova chiesa.

Per prima cosa fu necessario pensare ad una soluzione provvisoria per lo svolgimento del culto, e la si trovò tamponando parte del chiostro e trasformandolo provvisoriamente in chiesa. In secondo luogo, con il consenso del Comune parte della Piazza d’Armi (l’odierna Piazza Cavour) venne adibita a deposito dell’ingente materiale edilizio. Quindi si abbatté la chiesa vecchia e nel 1767 si iniziò la nuova. I lavori furono affidati all’impresario Carlo Giuseppe Isabella sotto il controllo dell’architetto chierese Giuseppe Bays. Si innalzò la struttura e si gettò la volta facendola dipingere da Vittorio Blanseri. Ma nel 1773 la soppressione della Compagnia di Gesù determinò la sospensione dei lavori. Che ricominciarono circa due anni dopo, allorché nell’ex sede dei Gesuiti subentrarono i Frati Francescani Osservanti del convento di San Giorgio. Il protocollo di accordo firmato il 10 gennaio 1775, al paragrafo 21 imponeva ai Frati di portare a termine la chiesa per rispettare le volontà della benefattrice signora Ceppi, cosa che essi fecero a partire dall’aprile 1775. Per la parte muraria tornò in ballo l’impresario Isabella. Per quella decorativa i Frati ricorsero, fra gli altri, ai pittori Rocco Comaneddi  e Gian Domenico Molinari per le pale degli altari e Giuseppe Barelli e Giovanni Battista Bernero per gli stucchi e la loro marmorizzazione. Della chiesa gotica medioevale sopravvisse solo il campanile, ma abbassato di un piano per questioni di staticità. I lavori durarono un anno e mezzo. Il 9 maggio 1776 la nuova chiesa incominciò ad essere officiata e il 7 agosto venne consacrata con cerimonia solenne dal vescovo di Torino mons. Francesco Rorengo di Rorà.

Antonio Mignozzetti

(3. Continua)