PERSONAGGI NOVARESI 14. AMICO CANOBIO, GRANDE BENEFATTORE DELLA CITTA’

Ritratto di Amico Canobio
Amico Amelio Canobio (nella foto il dipinto con il suo ritratto), che può certamente essere considerato un protagonista della Novara del ‘500, nacque a Novara verso la fine dell’aprile 1532 da Francesco e da Tommasina Caccia (una famiglia proveniente da Cannobio); dopo i primi studi presumibilmente a Novara con insegnanti privati, studiò diritto canonico a Pavia e si avviò alla carriera ecclesiastica senza però giungere alla consacrazione sacerdotale.
Il 1° novembre 1556 ricevette nel Palazzo Episcopale di Vigevano gli ordini minori. In tale data egli era già stato investito della commenda dell’abbazia di San Bartolomeo di Vallombrosa presso Novara, commenda che tenne per tutta la vita e che, se non era già della famiglia Canobio, doveva comunque essergli stata assegnata durante l’Episcopato novarese del Cardinale Giovanni Morone (1552-1560), un futuro socio della Confraternita di Amico, che entrò nella stessa nel 1568, attraverso il fratello Giovanni Agostino. Amico doveva comunque essere considerato dai Novaresi persona di prestigio ed influenza se il 22 maggio 1562 il Capitolo di San Gaudenzio lo nominava, assieme al giureconsulto Giovanni Paolo Della Porta di Roma e ai causidici di Milano Bernardo Perlati e Daniele Cusani, suo procuratore perché interessasse il Papa, il Re Filippo, il Senato di Milano e il Duca Ottavio Farnese per la costruzione della nuova Basilica di San Gaudenzio, che doveva sorgere all’interno delle nuove mura.
In quegli anni l’Abate risulta risiedere a Roma, dove il 26 giugno 1564 viene nominato, con bolla, cubiculario, ciambellano e maestro di camera di Papa Pio IV. Il 4 agosto dello stesso anno il pontefice gli conferiva l’ufficio delle abbreviature delle lettere apostoliche.

Monte Pegni Amico Canobio entrata
Il 31 giugno 1565 risulta ancora a Roma, ma poco più tardi è a Novara, che predispone i locali per l’Oratorio e la sede della Confraternita della SS. Pietà, che sarà da lui istituita assieme al Monte di Pietà nel 1566, fatto che lo rese benemerito a Novara anche nei secoli seguenti (il Monte di Pietà poi Monte di credito su pegno restò attivo fino a pochi decenni fa nella sede riprodotta in foto). L’Abate si era quindi avviato alla carriera delle prelature ecclesiastiche ed aveva ottenuto a Roma numerosi ed importanti incarichi, benché non fosse ancora neppure suddiacono, ma a quei tempi non sempre era necessario essere già sacerdoti per potere ottenere cariche di rilievo.
Nella sua prima iniziativa benefica, cioè nell’istituzione del Monte, l’Abate aveva impegnato una somma limitata di 7.500 lire imperiali, un fondo che era poi stato integrato da altri lasciti di benefattori novaresi.Fondamentali per le attività del Monte e della Confraternita furono invece i capitali e le proprietà lasciati da Amico più avanti con la donazione del 16 febbraio 1589 e col suo testamento 11 febbraio 1591.
Furono così fornite cospicue rendite, che consentirono di provvedere ai diversi rami benefici previsti dall’Abate anche nei secoli seguenti.Il 6 aprile 1570 Ottavio Farnese, Duca di Parma e Marchese di Novara accorda ad Amico la facoltà di concedere il “placet” in occasione delle immissioni in possesso dei beni spettanti a benefici ecclesiastici, facoltà che rappresentava in quei tempi un incarico importante.
In quegli anni, almeno in un caso, il Consiglio dei Decurioni di Novara si era rivolto all’abate per ottenere la rimozione di un Vicario episcopale sgradito sia al clero che alla Municipalità. Amico Amelio manteneva infatti ancora numerose amicizie a Roma, ove si recava spesso.
L’Abate era certo uomo sicuro di sé, descritto spesso come incline alle liti, da cui per lo più usciva vittorioso. Fu accusato di simonia e per tale accusa dovette subire un processo davanti all’Arcivescovo di Milano San Carlo Borromeo, dal quale pare però uscisse scagionato dalle accuse.Nel 1570 muore il fratello Giovanni Agostino, il membro a quei tempi più noto, potente ed autorevole dei Canobio novaresi, grande negoziante, banchiere ed impresario dei dazi della Camera Ducale di Milano, definito anche uomo pericoloso.
Nel 1561 aveva comprato a Novara la voce decurionale dei Patroni per 200 scudi d’oro e ciò in contrasto con quanto previsto dalle prescrizioni statutarie, ma nessuno, dato il suo ruolo, osò protestare apertamente. Alla morte del fratello Amico riunì nelle sue mani l’intero patrimonio della famiglia.
Nel 1575 da una passeggera relazione amorosa gli nasce un figlio, al quale darà il nome di Giovanni Agostino, in ricordo del fratello morto (volle che il figlio fosse legittimato addirittura dal Presidente del Senato di Milano Giovanni Battista Rainoldi, che aveva sposato la vedova del fratello Giovanni Agostino).
All’epoca della sua nascita Amico non era ancora suddiacono ma lo divenne probabilmente negli anni successivi perché il 9 aprile 1583 fu ordinato diacono. Già protonotario apostolico, non aveva rinunciato alla carriera ecclesiastica con la speranza di raggiungere l’episcopato, ma la sua restò solo una speranza anche per l’opposizione dell’Arcivescovo di Milano San Carlo della famiglia Borromeo.
Dal 1584 circa al 1592 (anno della morte), Amico continuò ad occuparsi dell’amministrazione delle proprietà sue e dell’Abbazia. Furono questi gli anni in cui maggiormente si dedicò alle attività del Monte e della Confraternita della SS. Pietà, da lui precedentemente fondati, quelle attività che lo resero famoso presso i posteri.In quegli anni, presumibilmente a partire dal 1588, si impegnò anche nella fondazione del Sacro Monte di Orta, le cui cappelle erano state ideate dalla Comunità ortese nel 1583, mentre il convento era allora tenuto dai Cappuccini, molto cari ad Amico. La prima cappella era finanziata proprio dall’Abate e doveva rappresentare la solenne canonizzazione del Santo per iniziativa di Papa Gregorio IX.
Risulta che la prima pietra fu posta dal Vescovo Pietro martire Ponzone il 27 ottobre 1591, mentre il Canobio era ancora in vita.
Egli, nei suoi ultimi anni, usava spesso risiedere nell’isola di San Giulio, ospite del canonico Paino, proprio per assistere e collaborare alle prime opere della fondazione del Sacro Monte. La morte lo colse durante uno di questi soggiorni il 25 settembre 1592.
Prima di morire volle però dettare un codicillo, in aggiunta al testamento dell’11 febbraio 1591. Col codicillo egli confermava suo erede universale il figlio Giovanni Agostino. L’erede era però incaricato della prosecuzione dei lavori sul monte d’Orta che egli voleva continuassero. Confermava inoltre un legato perpetuo alla Fabbrica dello stesso Sacro Monte d’Orta; il suddetto legato doveva però cessare qualora i padri Cappuccini avessero abbandonato il servizio della chiesa annessa al Santuario.
Bisogna rilevare, come si è già accennato, che, a prescindere dalla iniziativa della fondazione del Monte di Pietà novarese, con cui raggiunse la fama, attraverso l’erogazione di 7500 lire imperiali fatta intorno al 1566 (somma che, assieme a piccoli lasciti e donazioni di altri benefattori, non avrebbe potuto assicurare al Monte una grande e duratura vitalità), non rileviamo versamenti e impegni economici di grande entità dell’Abate fino agli ultimi anni della sua vita, quando invece decise una cospicua donazione e volle che il suo testamento citasse esplicitamente il Sacro Monte, fornendo così rendite tali da poter provvedere largamente ai diversi rami della beneficenza cittadina da lui disposti.
Con atto del 28 novembre 1589 acquistò per lire 7.000 imperiali una grande casa con cortile, bottega e cantina sotterranea situata presso il quadrivio della Croce Bianca (l’attuale Angolo delle Ore), precisamente nell’angolo in cui si incontrano gli attuali corso Cavallotti e corso Cavour, allo scopo di allestirvi la farmacia del Monte. A questo donava la casa il 16 dicembre dello stesso anno, assieme a 11.500 scudi d’oro di titoli debitori provenienti dall’eredità Parpaglione. Si impegnava inoltre, con 90.000 lire imperiali, a fornire gli strumenti necessari al funzionamento della farmacia e istituire un servizio di assistenza sanitaria gratuita a domicilio (due medici e due barbieri) per i poveri infermi e inoltre per i frati cappuccini e i carcerati, una specie di mutua “ante litteram” da lui voluta.Certo provvidenziale per le attività della Confraternita del Monte di Pietà fu infine la sua eredità.
Nel testamento dell’11 febbraio 1591 Amico Canobio aveva disposto parecchi legati ed istituito il figlio Giovanni Agostino erede generale di tutti i suoi beni. Tuttavia se l’erede fosse morto senza figli né discendenti dovevano subentrare a lui il Sacro Monte di Pietà e la sua Confraternita, con l’obbligo di soddisfare tutti i legati disposti nel testamento. Le rendite dell’eredità dovevano essere destinate alla gestione delle sue proprietà, a quella dell’oratorio del Monte, ma soprattutto all’istituzione di corsi scolastici gratuiti e per l’acquisto dell’edificio che doveva ospitarli, che doveva essere denominato Casa Pia Canobia della Sapienza. Infine con quanto restava ancora dell’eredità doveva essere acquistato un altro edificio dove creare la Casa Pia Canobia della Carità, che doveva ospitare: pellegrini, poveri, viandanti, vecchi ed ammalati di Novara e della Diocesi, ma quest’ultimo volere dell’Abate non fu mai esaudito per mancanza di fondi.

Monumento funerario di Amico Canobio nella chiesa di S. Pietro al Rosario
Nel testamento aveva anche disposto, a proposito della sua sepoltura, di spendere fino a mille scudi per un cenotafio da collocare nella Cattedrale (in seguito fu poi spostato dove si trova ancora attualmente, come vediamo in foto, cioè nella chiesa di S. Pietro al Rosario, che è stata a lungo sotto il patronato del Monte di Pietà).
Sempre nel testamento viene citata con molta attenzione la “Fabrica del Sacro Monte di San Francesco di Orta di San Nicola”, di cui già si è parlato. Il codicillo del 24 settembre 1592 conferma sostanzialmente quanto disposto nel testamento, nominando inoltre il vescovo Pietro Martire Ponzone esecutore testamentario.Il figlio Giovanni Agostino morì a Novara il 23 aprile 1602, all’età di 27 anni, senza discendenti. Fu così che gli subentrò nell’eredità il Monte di

Monumento ad Amico Canobio
Pietà e la sua Confraternita.
Delle attività svolte dalla Confraternita del Monte di Pietà “Amico Canobio”, per volontà dell’Abate, si è già detto molto. Esse avevano come propria finalità oltre alla gestione del Monte e l’assistenza ai carcerati, soprattutto l’assistenza ai poveri ed agli ammalati, con la fornitura gratuita dei medicinali e delle prestazioni mediche, e l’istituzione e il funzionamento di corsi di istruzione per i giovani (nel 1609, sotto la direzione di Pietro Gallarati, vennero fondate le Scuole Canobiane, dirette in seguito dai Gesuiti).
La vita e le opere di Amico, la presenza sua e della sua famiglia, che ebbe un notevole rilievo nella storia novarese del XVI° secolo, testimoniano e sono importante esempio di quella classe di nuovi ricchi che proprio in quell’epoca si andava affermando.
Prima del 1863 venne intitolata ad Amico Canobio l’ex via del Palazzo Civico; tale intitolazione è stata riconfermata nel 1890, mentre nel quadriportico del Duomo di Novara è collocato un monumento a lui dedicato (nella foto).
Enzo De Paoli