Pio XII e il suo Munificentissimus Deus di 50 anni fa
L’Immacolata Madre sempre Vergine Maria terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo». È la frase simbolo quasi il manifesto programmatico della Costituzione apostolica Munificentissimus Deus con cui il venerabile Pio XII il primo novembre di quasi settant’anni fa – era il 1950 durante l’Anno Santo– proclamò il dogma dell’Assunta. Una bolla quella di papa Pacelli che ci riconduce alla solennità di oggi l’Assunzione della Vergine in cielo – da sempre celebrata nella Chiesa di Roma come in quelle di Oriente – il 15 agosto di ogni anno. Un documento e una pietra miliare del magistero del Vescovo di Roma che ha posto per sempre il sigillo sull’ultimo dogma mariano della Chiesa cattolica dopo quello del Concilio di Efeso del 431 in cui venne dichiarata «Maria Madre di Dio» e quello della bolla del beato Pio IX del 1854 Ineffabilis Deus con cui la Vergine venne proclamata «Immacolata concezione». Di tutto questo è convinto l’attuale presidente della Pontificia Accademia Mariana Internazionale (Pami) il francescano minore Stefano Cecchin. «Innanzitutto se oggi esiste questa Costituzione lo dobbiamo in parte anche al mio confratello che mi precedette in questo delicato incarico il francescano minore Carlo Balic di origine dalmata vissuto tra il 1899 e il 1977 – tiene a precisare – fu questo mite e semplice frate a dare il maggiore contributo per la redazione finale della Munificentissimus Deus». E annota un dettaglio singolare: «In questo secolo e mezzo ad avvalersi della prerogativa dell’infallibilità papale che è stata promulgata e concessa al Vescovo di Roma dal Concilio Vaticano I nel 1870 con la Costituzione Pastor Aeternus è stato solo Pio XII. Con questo “atto magisteriale” Eugenio Pacelli non ha inventato cose nuove ma si è fatto garante di quelle verità di fede contenute nella Rivelazione e nella Sacra Scrittura». E rivela un altro particolare: «A convincerlo di questa affermazione “Assunta in cielo in anima e corpo” fu soprattutto il parere della maggioranza dei vescovi che, consultati attraverso l’enciclica Deiparae Virginis Mariae, con una maggioranza schiacciante di 1.181 voti con solo 6 contrari si espressero a favore di questa proclamazione». Una Costituzione – a giudizio di padre Cecchin – la Munificentissimus Deus che simboleggia un punto di non ritorno per il magistero petrino. «In un certo senso è così – è l’argomentazione del mariologo di origini venete – perché fino al 1950, come lo è ancora per la maggioranza degli ortodossi, questa ricorrenza si è sempre basata sul principio della Tradizione orale cioé che la lex orandi è anche lex credendi: cioé che la legge della preghiera è anche quella del credere da parte del popolo di Dio e della Chiesa. E tutto questo fa parte del deposito della fede e della Rivelazione». Una solennità dunque quella dell’Assunta che ha radici antiche, si perde nella notte dei tempi ed è fissata nel calendario ogni 15 agosto. «Questo dipende in parte anche dal fatto che nella tradizione ebraica si commemora, a metà di agosto, la “festa delle capanne” che per la cultura giudaica è un modo per ricordare i morti e la risurrezione dei corpi proprio come ci indica la festa dell’Assunta a noi cattolici…». Un appuntamento quello di oggi che a giudizio di padre Cecchin deve aiutarci a entrare nel cuore di questa solennità da una prospettiva cristologica ed escatologica. «Proprio perché quest’anno è stato così difficile da superare a causa della emergenza sanitaria provocata dalla pandemia del Covid-19 – è la riflessione – abbiamo toccato da vicino il senso della morte, delle tante persone che ci hanno lasciato. Questa festa come ci suggerisce lo stesso magistero di papa Francesco mette al centro l’integrità della persona tra anima e corpo e non la sua separazione. Ci ricorda che la nostra esistenza non termina qui ma è destinata a sopravvivere e a risorgere in anima e corpo proprio come è toccato alla Madre di Gesù». Padre Cecchin, nel suo articolato ragionamento, esorta a guardare alla Vergine non come a un quadro oleografico “quasi devozionale” ma come a una «donna ebrea» che essendo la Madre di Dio parla all’uomo di oggi,«cammina con noi», legge le nostre ferite e problematiche. È accanto a noi, si fa «contemporanea a noi» anche durante le nostre “Notti oscure” e deserti esistenziali. «Maria come ci indica il Vaticano II è il “modello della Chiesa” per eccellenza – sottolinea – Penso spesso a quanto scrisse a riguardo della Madonna Giovanni Paolo II durante le sue Catechesi che ebbero come principale ispiratore e redattore il gesuita Jean Galot. “Maria è morta per il desiderio di stare con suo figlio”. Un gesto che l’ha spinta a “morire d’amore” per stare accanto a Gesù. Ed ebbe proprio papa Wojtyla a ribadire in quel frangente questa verità che proprio come Gesù vero Dio e vero uomo anche Maria come donna rappresentano nella loro unicità in anima e corpo il “principio e la garanzia” di Risurrezione di tutto il genere umano». Di qui l’invito finale: «Questa solennità deve essere per noi una festa di speranza perché ci fa toccare con mano l’immortalità della nostra “Mamma celeste”. E nel solco dell’obbedienza di Maria a Gesù dobbiamo credere nella vita eterna e come Lei prepararci a “morire per risorgere” un giorno. Proprio come ci suggerisce nel suo sottofondo la Munificentissimus Deus».