La storia d’Italia negli occhi della mamma di Willy
(Igiaba Scego Domani 15 settembre 2020)
“Era il 1988 quando sugli schermi di Rai 2 apparve una donna nera alla conduzione di un approfondimento legato al telegiornale nazionale. La rubrica ideata da Massimo Ghirelli si chiamava Nonsolonero (…). Fino a quel momento le donne nere in Italia erano ancora viste con lenti coloniali. Il fantasma di Faccetta Nera, la nota canzone fascista che aveva al centro proprio la sottomissione delle donne africane aleggiava ovunque. Le prime migranti provenivano soprattutto dall’Africa e furono accolte da quell’immaginario deviato che vedeva nei loro corpi degli oggetti facili, disponibili. (…) [Ma] già da due decenni l’immigrazione soprattutto quella capoverdiana faceva parte della storia nazionale. Oggi molti italiani non sanno nulla delle capoverdiane in Italia, non sanno che sono state queste donne orgogliose e caparbie le prime migranti. La loro forza si è vista proprio in questi giorni nel viso sofferente e dignitoso di Lucia Monteiro madre di Willy Monteiro Duarte, il ragazzo ventunenne assassinato a Colleferro. (…)
La leggenda narra (…) che Capoverde nacque da una distrazione di Dio. Dopo la creazione, dopo aver costruito montagne altissime e fiumi bellissimi, modellato deserti e altipiani, dando soffio vitale alla fauna alla flora, Dio si ripulì le mani della materia viva con la quale aveva impastato il mondo. Ma nelle mani c’erano ancora le briciole della creazione e queste si sparsero nell’oceano e formarono le isole di Capoverde. La leggenda è suggestiva la realtà un po’ meno. (…) L’emigrazione è quasi un destino delle isole. Come lo è la sofferenza che provoca nei cuori di chi deve lasciare la propria terra. Ma quella sodade, una parola che è molto di più che nostalgia, è diventata dalla metà del secolo scorso il destino di tante donne capoverdiane”.