CENTOTORRI/SFOGLIA LA RIVISTA – Chieri, storia di una fontana (quasi) scomparsa

1931, era il terminale dell’acquedotto, presso l’Arco. Oggi, in Piazza Pellico …

di Antonio Mignozzetti

 

 

Probabilmente è capitato a tutti, passando in piazza Silvio Pellico, di notare, in mezzo al giardino davanti alle scuole, un’aiuola che si distingue dalle altre per una forma tutta particolare: è racchiusa in un grande anello di pietra che emerge dal terreno di una ventina di centimetri (fig. 1). Chi scrive si è sempre chiesto cosa fosse in origine quell’anello e come mai si trovasse lì. La risposta l’ha trovata un po’ per volta, per caso, sfogliando libri e giornali del Novecento.

La prima “scoperta” l’ha fatta quando, nel settimanale Cronache Chieresi del 1969, ha visto una foto rivelatrice, che rappresentava una bella fontana situata proprio nel giardino davanti alle scuole (fig. 2). Lì per lì non ha collegato, ma poi, ripassando per piazza Silvio Pellico, e rivedendo l’anello di pietra, ha capito: l’anello è ciò che rimane della fontana della foto. E’ la  vasca inferiore, che raccoglieva l’acqua che cadeva dall’alto. A quel punto è stato normale chiedersi: come mai quella fontana era lì? Chi, perché, e quando l’aveva costruita?

   Domande che, anch’esse, hanno trovato risposte in seguito, sempre per caso, studiando un’altra pagina della storia di Chieri: quella degli anni Trenta, quando l’Amministrazione comunale (allora capeggiata dal Podestà)  realizzò un progetto atteso da decenni:  l’acquedotto che, partendo dalla zona di Villastellone, conduceva  l’acqua potabile a Chieri. I lavori, raccontano le cronache, iniziarono il 1° giugno 1930. In un anno l’acquedotto fu pronto, e sabato 9 maggio 1931 venne inaugurato con una solenne cerimonia presso l’Arco di Piazza, davanti alla fontana che di quell’opera costituiva il terminale e che le foto rivelavano essere la stessa di piazza Silvio Pellico (fig. 3). Era stata realizzata, su progetto dell’ingegner Gramegna dell’Ufficio Tecnico comunale, dallo scultore Giacomo Buzzi-Reschini, che aveva già realizzato il monumento ai caduti. Consisteva in una struttura in pietra, formata da un fusto che sosteneva due vasche digradanti verso l’alto, e da alcuni elementi in bronzo: una figura (un delfino? Un puttino?) collocata al centro della vasca superiore, che spruzzava l’acqua e alcune altre figure (forse delfini), esse pure di bronzo, che spruzzavano acqua dal bordo della vasca. All’inaugurazione erano presenti S. E. mons. Maurilio Fossati arcivescovo di Torino, mons. Giovanni Battista  Rho, rappresentanti delle associazioni Madri e Vedove di guerra e delle associazioni fasciste. S. E. il Prefetto Ricci tagliò il nastro e azionò un congegno che fece scaturire l’acqua della fontana. S. E. mons. Fossati, assistito dai canonici Giuseppe Chiadò e Olimpio Torta, impartì la Benedizione.

Ecco trovate le risposte alle domande di cui sopra: la fontana era stata costruita nel 1930 insieme all’acquedotto, e la sua prima collocazione era stata l’area antistante l’Arco di Piazza, più o meno dove oggi sorge un’edicola di giornali. Ma a questo punto si pongono altre domande: perché la fontana era stata spostata, e perché poi è praticamente sparita? Domande alle quali è difficile rispondere. Si sa soltanto che era stata mutilata di tutti gli elementi artistici in bronzo, forse trafugati durante la guerra, quando c’era una grande fame di metalli, tanto che venivano divelte perfino le inferriate delle finestre. Probabilmente fu per questo, per aver perduto le parti più significative, che  nel 1945 dal centro della città fu trasferita in una zona più decentrata, piazza Silvio Pellico, appunto. Chi sia stato poi a distruggerla, riducendola allo stato attuale, rimane un mistero.