La ristrutturò e ampliò negli anni 1757-1765
di Antonio Mignozzetti
Nel 1756 il Comune di Chieri, deciso a ristrutturare ed ampliare la cappella votiva che nel 1631 aveva eretto nella Collegiata di Santa Maria della Scala come ringraziamento alla Madonna delle Grazie per aver allontanato la peste dalla città, conferì l’incarico a Bernardo Vittone, l’architetto che a Chieri aveva collaborato con Filippo Juvarra alla costruzione della chiesa di S. Andrea e in prima persona aveva progettato la cupola di S. Bernardino (1744) e la facciata della chiesa di S. Giorgio (1752) ed era stato appena incaricato di redigere il progetto per la costruzione di un orfanotrofio femminile. Aveva anche seguito importanti opere a Pecetto, Carignano e Riva presso Chieri. Nel 1757 Vittone progettò la struttura della cappella. Il lavoro di muratura fu eseguito dal capomastro Carlo Isabella e le opere in marmo da Amedeo Rizzi, scalpellino di Viggiù con laboratorio a Torino. Venne più volte a Chieri: il 6 luglio 1757 per un sopralluogo; il 31 agosto 1758 per il collaudo dell’altare; il 31 luglio 1759, in compagnia del pittore Sariga, per assistere alla collocazione dei due quadri laterali. il 22 aprile 1759 presentò i disegni del rivestimento in marmo del presbiterio, che fu eseguito entro l’agosto del 1759, in tempo per la festa della Madonna delle Grazie. Solo sei anni dopo, il 20 luglio 1765, presentò il terzo preventivo, concernente “la costruzione dell’impellicciamento dei due laterali della cappella”, cioè del rivestimento marmoreo delle pareti dell’aula: lavoro la cui esecuzione, forse per difficoltà finanziarie, andò molto a rilento e fu terminato dopo la sua morte, avvenuta nell’ottobre del 1770, e collaudato l’11 settembre 1771 da un allievo chierese del Vittone, Mario Ludovico Quarini. Con le linee rette dell’aula interamente rivestita di preziosi marmi policromi, che lateralmente si apre sulle cappelle adiacenti, creano un gradevole contrasto le linee curve del presbiterio che culmina in una semicupola affrescata con angeli da Giuseppe Sariga e in una luminosa lanterna. Formati di marmi policromi sono anche l’altare ad urna e la maestosa ancona marmorea che rispettivamente sostengono e racchiudono la statua lignea seicentesca della Vergine delle Grazie, opera di Pietro Botto di Savigliano. Come ancona, l’architetto crea un’elegante edicola formata da sei colonne corinzie con una elaborata trabeazione curvilinea dalla quale emerge una corona marmorea a larghe volute culminante con una stella dorata. Riscoprendo un espediente di origine romana già usato nelle chiese del Vallinotto presso Carignano, di San Bernardino a Chieri e di Santa Chiara a Bra ma da tempo accantonato, Vittone creò un’illuminazione “alla bernina”, cioè che scende dall’alto provenendo da una fonte nascosta. Come nelle aperture della cupola della chiesa di San Bernardino, a sottolineare il flusso della luce anche un fascio di raggi dorati scende dalla finestra nascosta. Nella scelta dei marmi, sia nuovi che di recupero (questi ultimi provenienti dalla precedente cappella seicentesca), Bernardo Vittone confermò la sua sapienza nella scelta dei materiali e la grande sensibilità nell’armonizzare forma e colore. Il rossiccio macchiavecchia delle colonne dell’ancona crea un gradevole contrasto con il bardiglio di Valdieri della mensa dell’altare; il verde di Susa si alterna al persichino di Roccarossa; la pietra di Gassino all’alabastro di Busca; il bianco di Carrara al giallo di Verona; il diaspro tenero di Sicilia al seravezza di Firenze e al rosso di Francia.
(L’articolo si ispira al volume: C. Matta – A. Mignozzetti. Bernardo Vittone. Un architetto nel Piemonte del Settecento, Chieri 2015)