Gian Luca e Irina da Kiev a Chieri: la salvezza dalla guerra grazie al cellulare e a un vecchio diesel

Sono arrivati domenica mattina a Chieri dopo un viaggio dall’Ucraina che definire drammatico, forse, non rende neppure l’idea. Gian Luca Miglietta e sua moglie Irina, conosciuta in Italia e sposata a Chieri nel 2016, in compagnia di due splendidi quanto ingombranti lupi siberiani, sono adesso ospiti dell’amica Rachele Sacco, la consigliera comunale che ha avuto un ruolo non secondario nella loro fuga dalla guerra. Gian Luca, 46 anni, chierese, imprenditore nel ramo cosmetici con interessi anche nel caffè, in Ucraina ha creato con la moglie un piccolo impero commerciale. A Bucha, sobborgo residenziale di Kiev, è finito tutto sotto le bombe e i missili russi. Loro salvi per una serie di circostanze, dopo giorni con alternanza di paura e terrore. “Con la guerra in casa dopo l’invasione e nell’attesa dei bombardamenti – dice Gian Luca – ci siamo messi in contatto con l’ambasciata italiana a Kiev per l’evacuazione prevista, ma sono subito sorti infiniti problemi. Con il primo bombardamento abbiamo lasciato il nostro appartamento al quinto piano di un palazzo di 17 e ci siamo rintanati con i nostri vicini di casa nelle cantine, andando di giorno a cercare cibo e cercando di capire come potevamo andarcene. Al culmine della disperazione ho chiamato l’amico Luca Sacco che ha subito avvertito la sorella Rachele. Lei è riuscita a prendere in mano la situazione facendo da ponte tra noi e l’ambasciata italiana durante la fuga verso il confine con la Moldavia.” Il viaggio, dopo l’ennesimo bombardamento, comincia mercoledì 2 marzo. “Ho preso la nostra terza auto, una vecchia Bravo 1600 diesel del 2009, che era ferma in garage da 5 anni e aveva (anzi, ha: la stiamo usando anche qui a Chieri) le gomme lisce. Con me Irina e i due cani. Un pieno di gasolio e via. Ma dove? L’ambasciata avrebbe dovuto inserirci in un convoglio di connazionali, ma ci hanno fatto chiaramente capire che avremmo dovuto lasciare Kiev da soli, perché a Bucha non avrebbero potuto venire a prenderci. Troppo pericoloso. E allora via nella neve, in contatto telefonico con Rachele che a sua volta parlava con il personale dell’ambasciata. Dovevamo essere presi in carico da loro a Juma, nei pressi di un distributore di benzina. Ma arrivarci è stato tremendo, passando tra tantissimi posti di blocco (alla fine li abbiamo contati: sono stati più di cento…). Di lì è cominciata un’altra avventura: una colonna con scorta diplomatica di 7 vetture con a bordo italiani in fuga dalle bombe. Ho guidato al limite delle forze e con grave rischio, perché a 140 all’ora sulla neve e con gomme lisce non è proprio l’ideale. Poi, 5 ore di attesa per riuscire finalmente ad entrare in Moldavia, l’auto pure tamponata da un pullman che aveva fretta di passarci davanti. In Moldavia a Chisinau, tiriamo il fiato: ci accoglie don Sergio, un salesiano che organizza la sosta e il ristoro dei profughi. Mangiamo e dormiamo finalmente (o almeno ci proviamo) in una stanza dove al muro è appesa una immagine di San Domenico Savio. Poi, si riparte verso la Romania, poi Ungheria e Slovenia, con qualche altro intoppo, ma nulla in confronto a quel che ci eravamo lasciati alle spalle. Da Gorizia finalmente arriviamo a Chieri, nella mattinata di domenica. Distrutti ma vivi.”

Adesso Gian Luca e Irina stanno cercando casa e hanno idee precise anche su come riprendere l’attività. “Vorrei riprendere a lavorare nel campo dei cosmetici – conclude Gian Luca – ma ho anche un marchio  per commercializzare caffè (“Caffè Miglietta”): in Ucraina funzionava, abbiamo aperto sette caffetterie qua e là. Magari, chissà, tra qualche anno, quando si saranno calmate le acque e l’Ucraina si sarà risollevata, si potrebbe anche pensare di tornarci…”

Intanto, dall’Ucraina sono in arrivo a Chieri la suocera e due nipotini. La vita continua. E, tutto sommato, Gian Luca e Irina possono raccontarci la loro storia…  (Gianni Giacone)