“Sì, i chieresi sono tutti d’accordo su di un punto: amano la pace e non vogliono la guerra”
di Valerio Maggio
Mentre scrivo la guerra in Ucraina si fa sempre più dura e cruenta. A Farne le spese sono anche i civili colpiti da quelli che chiamano “effetti collaterali” – soprattutto bombardamenti – che portano morti, feriti costringendo la popolazione a fuggire. Contro questa guerra assurda Chieri ha risposto con la manifestazione di sabato 5 marzo; ma anche in altre analoghe occasioni i nostri concittadini avevano mostrato di sapersi mobilitare per gridare il loro no a qualsiasi conflitto. Come nella tarda primavera del 1967 quando giovani studenti e operai, ma non solo, decidono di marciare contro la “guerra dei 6 giorni” – durante la quale Israele aveva conquistato la penisola del Sinai e la Striscia di Gaza, la Cisgiordania, Gerusalemme Est, e le alture del Golan (l’esito della guerra, la condizione giuridica dei territori occupati e il problema dei rifugiati influenza ancora oggi la situazione geopolitica del Medio Oriente n.d.r.) – e poi contro l’escalation dei combattimenti in Vietnam. A monte c’erano state assemblee studentesche raduni nelle fabbriche e veglie di protesta alle quali la nostra città – o almeno parte di essa – risponderà con la Marcia della Fede. Ve ne ripropongo la cronaca:
«Sì, i chieresi sono tutti d’accordo su di un punto: amano la pace e non vogliono la guerra. Quanto essa sia impopolare anche da noi, lo si è capito bene sabato sera quando oltre quattrocento chieresi, di tutte le età di tutti gli ambienti sociali, sono convenuti al Ponte del Nuovo per partecipare alla Marcia della Fede, organizzata da un gruppo di giovani cattolici chieresi in collaborazione con il nostro giornale. (Cronache Chieresi n.d.r.) In una splendida sera stellata, con una luna infuocata, nella suggestiva cornice notturna della nostra campagna, il pacifico “corteo” si è mosso lentamente, in preghiera, verso Madonna della Scala, dove alle 22,30 è stata celebrata una S. Messa per la pace. Dopo il sacro rito, officiato dal domenicano Padre Benedetto Fulgione, il parroco di Madonna della Scala, canonico Aimerito, ha rivolto a tutti i presenti un accorato appello di preghiera e di sacrificio affinché possa realizzarsi nel mondo il disegno divino di pace nelle singole coscienze e di pace tra le diverse nazioni. Il corteo preceduto da una autovettura dei vigili urbani e da un gruppo di boyscout è giunto a Madonna della Scala illuminato da oltre trecento fiaccole. Quella dei “chieresi di buona volontà” è stata una risposta generosa, commovente, entusiasta, superiore ad ogni previsione, che ci ha ricordato come la distanza fisica dai luoghi di contrasto e di conflitto non ci esime dal sentire nostre le terribili conseguenze che la guerra genera, sia tra i combattenti che tra le popolazioni civili. La preghiera che è sortita spontanea da tutti i partecipanti ci ha detto chiaramente che per la nostra popolazione la guerra è una cosa indegna, brutta, che guasta il futuro. É un gioco terribile, vecchio e grottesco: chi ha avuto occasione di vederne anche solo la documentazione fotografica lo sa. Lo spettacolo non è più tollerabile; distruggere per ricostruire, uccidere per incivilire, sopraffare per convincere, sembrano e sono giochi troppo rudimentali e insopportabili per una civiltà in cui l’uomo deve pur smettere le sue crudeltà e le sue debolezze infantili. Ogni guerra, indegna e sconcia, mescola vincitori e vinti nelle stesse degradazioni; lo sappiamo ormai tutti, lo predica Paolo VI: “Le armi, quelle terribili specialmente che la scienza moderna vi ha date, ancor prima che produrre vittime e rovine, generano cattivi sogni, alimentano cattivi sentimenti, creano incubi, diffidenze e propositi tristi, falsano la psicologia dei popoli”». È trascorso più di mezzo secolo ma nulla sembra essere cambiato.
Immagine tratta da Qui succede un ’68, prima, durante dopo: idee, persone e cronache chieresi a cura di Luciano Genta e Valerio Maggio. Edizioni Gaidano&Matta (2020).