CURIOSITÀ CHIERESI – San Giorgio. Un campanile che racconta

Non proprio un campanile, ma un’antica torre civica che col trascorrere dei secoli è passata a far funzione anche di campanile per l’attigua chiesa di San Giorgio. Sorge nel punto più alto della città, per questo nel luogo più strategico per avvistare e dare il segnale, con le sue antichissime campane, ora di allarme, ora di adunata del popolo chierese. È una storia antica. Così come era antica la tradizione che le potenti famiglie chieresi vestissero con abiti eleganti e copricapi dai venti ai trenta giovani, che avevano il compito di vegliare, la notte precedente alla festa di San Giorgio, sia sull’ordine sia sui falò che venivano accesi nei crocevia della città, illuminata da innumerevoli torce, mentre altri fuochi venivano accesi sulle torri e sui campanili. Doveva essere un’atmosfera molto suggestiva. Nel giorno della festa di San Giorgio poi veniva attuato un cerimoniale antico e preciso che si è ripetuto per secoli, ma oggi è totalmente dimenticato. Si trova scritto che nel giorno della festa a fianco delle cerimonie, delle funzioni, della condivisione con i bisognosi, dei cavalli e degli stendardi era tradizione che alcuni giovani, fra i più ardimentosi, davano la scalata alla guglia del campanile e, sedutisi sulla sfera sottostante alla croce, gridavano: Viva San Giorgio! Viva San Marco!, unendo così al nome del Patrono di Chieri quello del santo Evangelista, la cui festa ricorreva il giorno seguente. Ci si rifaceva così al grido: San Giorgio! quando a gridarlo da lassù era un messo del Comune per adunare le persone abili alle armi, se un pericolo minacciava la città. Più volte riparato e rinnovato l’attuale copertura orientaleggiante, caratteristica del panorama chierese, risale al 1676. Si dice che il Rettore della chiesa di San Giorgio don Lodovico Antonio Trinchiani, attorno al 1745 accolse il Capitolo dei Canonici del Duomo sparando dal campanile non per giubilo, ma per allontanarli minacciosamente. “Si dice”, appunto. Il fatto, non documentato, è piuttosto il racconto popolare che trae spunto da secoli di esasperate liti tra il Rettore di San Giorgio e il Capitolo dei Canonici del Duomo per via di una lunga serie di regole, doveri, decime, ossequi, obblighi che rendevano di fatto il Rettore un suddito dei Canonici del Duomo. Il Rettore Trinchiani non salì sul campanile con la carabina, ma minacciò di farlo. Questo è documentato da una precisa relazione: “Mandati due sacerdoti da parte del Capitolo di Santa Maria allo scopo di avvertirlo doversi astenere da dar sepoltura nella sua chiesa al cadavere di un uomo forastiero, resosi deffonto in questa città all’osteria sotto l’insegna di San Giuseppe, essi riferivano sull’esito della loro ambasciata: Portatisi perciò noi ambi alla casa di abitazione di detto d. Trinchiani, et immediatamente al nostro arrivo si affacciò all’uscio della casa di sua abitazione, quale, senza attender che esponessimo né pur una parola di nostra commissione tutto alterato disse ad alta voce: Diamo di mano alle carabine! Lo che replicò frettolosamente per due o tre volte”. Non poter dare sepoltura a un forestiero era uno degli obblighi del Rettore, spettava al Duomo. Anche il campanile di San Giorgio doveva sottostare a un obbligo. Il suo campanaro infatti doveva: Non far suonare le Ore canoniche prima che si suonino nella Chiesa di Santa Maria, sotto pena di sette soldi astesi per ogni volta, cioè, Mattutino, Terza, Nona, Vespro e segno dell’Ave Maria. Se vi capita di portare qualcuno su quel sagrato per ammirare il bel panorama racchiuso tra le colline e le Alpi, raccontate anche ciò che questo campanile rappresenta: uno dei più importanti simboli della storia di Chieri, ai piedi del quale si celebra una festa religiosa: quella di San Giorgio, festa antica che non può essere dimenticata.

 Anche un campanile può essere spunto per raccontare la nostra storia.

 Roberto Toffanello