Chieri. In versi i ‘guai’ di Piazza Mazzini
Caro caro Centotorri,
io volevo far lo gnorri,
ma non posso più tacere,
e ti conto cose vere.
Se la piazza che Mazzini
han chiamato i cittadini,
attraversi in questi tempi
trovi fatti brutti e scempi.
Le vetture di coloro
che si fermano al ristoro
stanno sopra il marciapiede,
come ben sa chi lo vede.
Forse che chi viene e sosta,
non lo fa di certo apposta,
ma è impedito nel cammino
da incarnito mignolino.
E perciò posteggio trova
sopra il marciapiedi; e prova
l’emozion di un gesto audace:
ei fa ‘l cavol che gli piace!
Ma di più io dico e attesto
che sul corso tardi e presto
sonvi genti avvinazzate
-o di birra sollazzate-
che ci lordano le strade:
non di rado questo accade!
Sì che sotto torre antica
che a una chiesa è ben unita
evvi strato appiccicoso
che ad ognun pare schifoso.
Forse qui il ragazzo getta,
senza colpa ma con fretta,
della birra un buon bicchiere
che non ha voluto bere.
Ma alla fin della giornata
quella via gli è ormai lordata
e chi passa ha calpestato
l’umidiccio lastricato.
Egli è ver che l’esercente
non può fare forse niente,
ma un rimbrotto ed un richiamo
con il tono calmo e piano
si potrebbe indirizzare
senza tema di mal fare.
Con la mente e con i cuori
siamo tutti educatori:
se famiglia non provvede,
faccia ognun quello che crede,
e il padron dell’osteria
li riporti a dritta via.
Ché color che son distratti
alla fin staran ai patti
e la nostra bella Chieri
un dì ancor ci farà fieri!
Vincenzo Tedesco