CURIOSITA’ NOVARESI 12 – LE ORIGINI DI NOVARA
Novara o comunque il villaggio che divenne poi la Novara romana è probabilmente di origine ligure, quindi patria della tribù celtica dei Vertacomocori, che faceva presumibilmente parte del popolo degli Insubri. Le fonti antiche danno poche notizie e vi è una discrepanza tra Catone e Plinio sull’origine ligure o celtica dell’abitato. Si afferma comunque l’esistenza di un insediamento prima della romanizzazione della zona (nella foto disegno di una abitazione celtica). Ebbe contatti con gli Etruschi e fu raggiunta dai Romani intorno al 220 a.C. I Romani infatti erano arrivati a Milano nel 222 a.C. e da lì, superato il Ticino, erano giunti fino al Sesia.
La guerra con Annibale non aveva consentito però ai Romani l’immediato consolidamento delle posizioni, così ancora nel 220 i Celti padani avevano inviato al condottiero cartaginese ambasciatori con promesse di aiuti. Roma difese la linea del Po con le colonie di Piacenza e Cremona (218 a.C.), ma l’avanzata di Annibale aveva fatto sì che tutte le tribù celtiche si sollevassero appoggiando i Cartaginesi con aiuti e vettovaglie. Il console Cornelio Scipione attraversò il Ticino, cercando di fermarli, ma fu vinto e costretto a ritirarsi, lasciando le colonie romane isolate in una regione tornata antiromana. Nel 198 i Boi e gli Insubri conquistarono perfino Piacenza e con loro probabilmente c’erano anche i Vertacomocori. Un anno dopo i Romani tornarono sul Po, restaurando le colonie, e nel 196 il console Claudio Marcello vinse gli Insubri presso Como, siglando la definitiva conquista dell’antica Milano (Mediolanum). La sottomissione degli Insubri determinò quella, conseguente, delle tribù minori, come appunto i Vertacomocori.
A quel tempo i popoli della Gallia cisalpina erano organizzati nei pagi, distretti rurali caratterizzati da abitati sparsi. In qualche caso questi centri erano diventati piccole città, sede di culto ma anche dei mercati, e i loro abitanti stipulavano con i Romani trattati di alleanza. I Vertacomocori quindi, come gli Insubri, strinsero alleanze con Roma, continuando a vivere nella loro regione, ma senza una vera autonomia. Con Roma padrona del Mediterraneo i rapporti tra la capitale e i popoli del nord della penisola divennero più stretti. Venivano costituite nuove colonie e costruite grandi strade, come quella che giungeva fino a Milano e da lì un’altra arrivava al Ticino, da dove, attraverso Vercelli, toccava Ivrea (Eporedia). Da Milano anche un’altra via andava verso occidente e attraverso Novara e Vercelli giungeva egualmente ad Ivrea. Non si sa dove fosse il villaggio principale dei Vertacomocori, anche se è probabile si trovasse nel luogo dove in seguito venne costruita la Città.
In seguito arrivò la cittadinanza, anche grazie all’azione di Giulio Cesare. La presenza dei Celti a Novara e nella zona è testimoniata anche da un cospicuo numero di monete celtiche del Museo Civico di Novara. Un saggio del 1982, curato da Francesco Giannoccaro e Marino Colombo, esamina esaustivamente le dramme padane e altre monete celtiche del suddetto Museo. I Celti erano entrati in contatto, da secoli, con la civiltà greca e la copiarono nell’arte, anche se con forme e motivi fantastici, come appare appunto nelle monete. Queste inizialmente imitarono i modelli originali, mentre in seguito usarono figurazioni sempre più fantasiose e astratti motivi ornamentali. Nella collezione del Museo sono presenti in particolare 55 dramme padane rinvenute nel XIX secolo nel territorio della provincia di Novara, nei pressi della Città, e costituiscono ovviamente un documento importante per la storia della provincia e della regione nel periodo fra il III e il I secolo a.C. (nella foto una moneta celtica). Potrebbero essere state coniate, come sostengono gli autori del saggio, “in una officina monetaria non lontana dalle località di ritrovamento e pertanto potrebbero essere le prime monete coniate nella nostra provincia o al massimo in una località confinante, compresa nel territorio degli Insubri, comunque non distante dal territorio, oltre la destra e la sinistra orografica del Ticino”.
Il nucleo originale di Novara corrisponde all’attuale centro storico. La zona è abitata ininterrottamente da ben più di duemila anni, ma ovviamente le demolizioni e ricostruzioni hanno distrutto o nascosto il primo insediamento.
Per ciò che riguarda le origini, l’antica erudizione locale, ispirata alla cultura classica, ha cercato di nobilitare la Città, attribuendone la fondazione o agli eroi del ciclo troiano o a Ercole, il semidio che i miti greci e anche la tradizione italica (Etruschi compresi) hanno valorizzato oltremodo, facendolo viaggiare per tutto il mondo allora conosciuto.
Per la fase precedente all’arrivo dei Romani non abbiamo materiali archeologici, fatta eccezione di una urna del Museo Civico, scoperta da Fumagalli negli anni Cinquanta del secolo scorso, in piazza Matteotti, davanti a quello che era l’ingresso principale della SIP ora TIM (nella foto la piazza e il palazzo oggi), a quattro metri di profondità rispetto all’attuale piano di calpestio. Secondo il Fumagalli conteneva ossa combuste; si trattava quindi di un’urna cineraria e di una tomba di individuo cremato. La sepoltura è stata rinvenuta all’interno della città romana, in una posizione assolutamente centrale dell’abitato. Poiché i Romani seppellivano i loro morti fuori città, l’urna potrebbe fare pensare a un abitato preromano che doveva esistere in quel luogo. La romanizzazione di un eventuale centro dovrebbe essere avvenuta nel corso del I sec. a.C., come è avvenuto generalmente nella Transpadana occidentale. Lo stesso centro dovrebbe essersi sviluppato attraverso i programmi di valorizzazione voluti da Cesare e da Augusto. Novara quindi da un abitato della tarda età del ferro si trasformò nel I secolo a. C. in un municipium romano.
Enzo De Paoli