CURIOSITA’ NOVARESI 17.  COSA RESTA DELL’ANTICO DUOMO ROMANICO?

 

La demolizione del Duomo romanico di Novara finalizzata alla costruzione della nuova cattedrale dell’architetto Antonelli fu certamente l’evento più nefasto, ma non l’unico in un periodo che vide la distruzione e la dispersione di molte testimonianze artistiche medievali. Più o meno negli stessi decenni in cui si demoliva il duomo venivano spianati anche i baluardi e si rettificavano vie, eliminando antiche testimonianze sopravvissute agli abbattimenti spagnoli. Diamo qui di seguito un breve elenco di alcuni importanti testimonianze sopravvissute alla distruzione dell’antico tempio romanico.

Particolare del mosaico del pavimento presbiteriale, secc. XI-XII

Nell’antica Cattedrale novarese aveva una funzione decorativa e didascalica di grande importanza l’arte musiva, di cui fortunatamente è rimasta ampia traccia nella porzione di pavimento sopravvissuto alla demolizione antonelliana; si tratta di mosaici che si collocano tra XI e XII secolo. Nell’epoca del romanico il mosaico pavimentale fu ampiamente utilizzato all’interno di chiese, abbazie e cattedrali. Il Duomo di Novara possedeva una pavimentazione a mosaico che copriva l’intera navata e il presbiterio. La parte di mosaico che si è salvata ricopre circa la metà del presbiterio attuale e rappresenta la parte più ampia sopravvissuta dell’antica Cattedrale romanica. Giustamente Mario Perotti ricorda, nel suo volume “L’antico Duomo di Novara e il suo mosaico pavimentale”, che nella zona anteriore all’altare è stato mantenuto “avvedutamente” l’antico mosaico, che decorava l’abside del duomo romanico. Il mosaico fu tagliato a livello della scalinata di accesso, durante i lavori di ricostruzione del presbiterio realizzati nel XIX secolo e fu restaurato da Giovanni Battista Avon di Solimbergo, che integrò alcune parti mancanti e altre ne aggiunse con simboli cristologici.

La decorazione era strutturata in tre parti, ciascuna con tre pannelli, disposti secondo una successione di tre a tre; otto dei pannelli erano ricoperti da mosaico, mentre il nono, il pannello centrale era occupato dall’altare maggiore. La prima parte, verso l’ingresso, quella tagliata, di cui si riesce appena ad intravedere il motivo, secondo alcune descrizioni, era prevalentemente di carattere decorativo a motivi geometrici. Il primo ed il terzo pannello avevano la raffigurazione di una grata e al loro centro vi era un quadrato ad indicare il luogo della proclamazione dell’Epistola e del Vangelo; nel pannello di mezzo si trovava la croce a braccia uguali e ornata alle estremità, attraversata da un motivo a X. Era la “croce cosmica” (sec. V), che nell’antichità cristiana rappresentava la salvezza, e si trattava di un frammento di mosaico proveniente probabilmente dall’antica basilica paleocristiana e quindi riutilizzato.

Il Cristo-Sole (mosaico sec. V)

La parte mediana della decorazione pavimentale, che ospitava al centro l’antico altare, ha nei pannelli ai lati i simboli dei quattro evangelisti. La terza parte infine presenta, fra due pannelli di motivi decorativi geometrici, un grande riquadro con una elaborata raffigurazione del Paradiso terrestre, con Adamo ed Eva, indicati dai rispettivi nomi Ada – Eva, in piedi, ai lati dell’albero del bene e del male, intorno al cui tronco si avvolge il serpente tentatore (nella foto). Le figure sono bianche su fondo scuro e sono contenute in un cerchio dentellato bianco entro un rombo equilatero nero. Ogni lato del rombo è spezzato al centro per formare spazi circolari bianchi, che ospitano ciascuno una figura umana formata da tessere nere. Le figure, robusti atleti nell’atto di versare le acque da anfore, rappresentano, come indicato nelle didascalie, i nomi dei quattro fiumi del Paradiso terrestre citati nella Genesi: Phison, Gehon, Tigris, Eufrates.

Nel corso dei lavori effettuati nel XIX secolo è stato inoltre recuperato per il carattere sacro dell’immagine, durante la demolizione del mosaico della navata, il cosiddetto “Cristo Sole” (sec. V), con la figura di un giovane coronato di aureola (nella foto), ora murato nel cortile del complesso dell’orfanotrofio e chiesa di S. Lucia. Probabilmente apparteneva a un precedente mosaico della basilica di epoca paleocristiana, come “la croce cosmica”, ed era stato riutilizzato nel mosaico del Duomo romanico. Il mosaico della navata, ristrutturato e ricomposto tra XI e il XII secolo, può aver utilizzato frammenti del sec. V e questo può essere successo anche nel presbiterio della stessa epoca con “la croce cosmica”. Nel Duomo romanico questo “giovinetto”, con una aureola di sette raggi, era probabilmente una raffigurazione del Sole. L’immagine del Sole è stata infatti presto assunta dai cristiani per indicare il Cristo come Luce e come Vita ed è così entrata nell’iconografia cristiana. Il Sole-Cristo era raffigurato come un giovinetto imberbe di derivazione dal Sole-Apollo, ma “transignificato”, come scrive Perotti, per indicare il “Cristo”. Anche Lino Cassani, in un suo articolo del 1953, ritiene che si tratti di un’immagine del Sole che per i cristiani indica Cristo e data il mosaico al sec. V, confrontando l’opera con il mosaico di Cristo tra gli apostoli della cappella di S. Aquilino, nella basilica di San Lorenzo di Milano. Il “Cristo-Sole” di Novara si trovava all’interno del mosaico che ricopriva l’intera navata, nella parte centrale della stessa. Durante i lavori della Cattedrale antonelliana perfino il mosaico del presbiterio, di cui si è detto, ha rischiato la distruzione. Rusconi ha infatti riferito che, senza l’intervento di alcuni cittadini che l’impedirono, anche quella parte del pavimento sarebbe stata strappata.

Risale invece alla seconda metà del XII secolo il ciclo di affreschi dell’oratorio di San Siro, che si è egualmente salvato, con le storie appunto del santo pavese, realizzate da un artista, che si era formato su fonti bizantine. L’oratorio era l’antica cappella del palazzo vescovile dell’XI secolo, poi trasformata in sacrestia nel secolo XVII per la celebrazione feriale dei canonici. La cappella è formata da una piccola navata. Gli affreschi delle pareti, che si succedono in un duplice registro, raccontano appunto episodi della vita di San Siro di Pavia, così come la troviamo nella “legenda” liturgica carolingia. Il cosiddetto maestro di San Siro muove dalla cultura lombarda e attinge anche a fonti paleocristiane, carolingie ed ottoniane. Anche Novara, tra l’altro, sarebbe stata debitrice verso San Siro, storicamente protovescovo di Pavia, in relazione al suo primo incontro con la fede cristiana. La Crocifissione sulla parete di fondo dell’oratorio è invece opera più tarda, che risale probabilmente ai primi anni del XIV secolo.

Arcata residua del Portico del Paradiso

Quanto al campanile originale romanico, che esiste tuttora, è stato ricostruito nella sua parte alta ed è sormontato da una cupola in rame.

Infine annotiamo che ai quattro archi della Ministreria dei poveri di piazza Duomo è unito quel che resta di una arcata appartenente all’antico portico quattrocentesco del Paradiso (nella foto), portico attraverso il quale il Duomo romanico si affacciava sulla piazza. E’ ciò che resta dopo la demolizione antonelliana.

Enzo De Paoli