CURIOSITA’ NOVARESI 19. IL PARATICO DEI CALZOLAI, POTENZA ECONOMICA DEL MEDIOEVO
A partire dal XIII secolo circa nacquero in tutte le città associazioni di arti e mestieri chiamate paratici o corporazioni. Le corporazioni avranno sempre maggiore influenza nella Novara medioevale, almeno fino alla metà del XV secolo: calzolai, beccai (macellai) e più tardi tessitori, fabbri ecc. Il palazzo dei Paratici (nella foto) era all’interno del complesso del Broletto, sul lato orientale dello stesso, tra il palazzo dell’Arengo e quello del Podestà, di fronte all’area che fu poi occupata dal palazzo dei Referendari. L’edificio è sorto nella seconda metà del XIII secolo e sul lato a Sud, dove è ora la scala d’accesso al loggiato superiore (la doppia loggia fu costruita nel XVII secolo, appoggiandola al preesistente fabbricato del palazzo dei Paratici), c’era una torre con la campana dei Paratici, torre demolita perché pericolante nel XIX secolo. La torre dei Paratici, che conteneva la campana, la cassa e l’archivio, era più alta del palazzo comunale dell’Arengo e questo fatto dimostra come a quei tempi le corporazioni fossero potenti.
Le prime corporazioni presenti a Novara sono quelle delle Beccherie maggiori (i macellai) e quella dei Calzolai, ricchi commercianti di pelli e ottimi artigiani, che fecero per secoli di Novara la città simbolo delle calzature. Con la ricchezza il Paratico dei Calzolai acquisì un ruolo egemone, sul piano economico e politico; con la ricchezza era arrivato ovviamente il potere. Capitò che il Comune avesse una grave mancanza di fondi e chiese quindi ai Calzolai un prestito. Non potendo poi restituirlo, in cambio il Podestà, per sanare la situazione debitoria, vendette il 16 maggio 1225 al Paratico la parte di piazza (la parte Nord di piazza delle Erbe, ora piazza Cesare Battisti) dove avevano le loro attività (probabilmente all’inizio si trattava di una tettoia che copriva i banchi dove i calzolai vendevano i loro prodotti nei giorni di mercato; nel 1244 erano 83, mentre in un elenco del 1279 sono già 200).
Maria Giovanna Virgili, in un suo saggio sulla Piazzetta delle Erbe, ricorda che i consoli del Paratico erano tenuti a provvedere a ciò che era necessario al buon funzionamento del portico e ai necessari restauri (nella foto il palazzo ai nostri giorni). Tra le clausole della vendita si stabiliva: “che non si impedisca in alcun modo il passaggio; che non sia lecito tenervi cloache (scoli a cielo aperto) né si butti sporcizia dal solario, il quale non poteva elevarsi a più di due piani, con esclusione di qualsiasi torre o fortificazione; sotto il soffitto, fatto di travi, non era lecito fare tramezzi di muro né scale se non di legno, in modo tale da non impedire l’uso pubblico, così come nessuna parte doveva estendersi verso le vie adiacenti”.
Si aprì poi un ospedale dedicato e intitolato a San Giuliano e il paratico ne divenne l’amministratore e continuò a gestirlo fino al 1929 (era infatti conosciuto come “l’ospedalin di sciavatin”). In un editto di Francesco Sforza del 17 ottobre 1452, a proposito dell’ospedale “governato” dai Calzolai si legge che nello stesso ospedale “si ricevono si ecclesiastici che laici, si nobili che ignobili, infermi e poveri ai quali si assegnano letti e luoghi giusta il grado delle persone”. Nel 1554 anche l’ospedale pare essere collocato nell’isolato a Nord della Piazzetta, di cui si è appena detto. Tra l’altro il San Giuliano ancora oggi è caro alla memoria dei Novaresi perché lì si trovava il reparto di maternità.
L’importanza e il potere del Paratico dei Calzolai trovano conferma anche nei loro statuti che ci consentono di conoscere oltre all’organizzazione del Paratico stesso anche le caratteristiche della produzione e del commercio dell’epoca nel Novarese. Negli statuti si legge che chi offendeva i consoli del Paratico era soggetto al pagamento di una multa, così come si legge di particolari provvedimenti disciplinari contro chi si rifiutava di presentarsi per fare giustizia o chi, dinanzi ai consoli del Paratico, dava del mentitore a qualcuno. Provvedimenti erano previsti per chi era colpevole di ferite cruente o incruente, chi rubava, ingannava, frodava, si rifiutava di obbedire ai precetti dei consoli, non rispettava l’ordine e la disciplina sotto il portico dei Calzolai o chi, in qualunque mercato, prendeva parte a risse. Provvedimenti inoltre per chi non interveniva in tempo opportuno alle adunanze. Veniva punito infine anche chi dava dell’asino ai calzolai nel giorno di mercato.
Proprio per la loro ricchezza i Calzolai non erano però molto amati nei secoli passati da chi governava la Città, ma neppure dal popolino che li invidiava. Non a caso la prima maschera carnascialesca novarese era lo “Sciavatin” (cioè il calzolaio o ciabattino in dialetto novarese), un personaggio che aveva atteggiamenti di superbia e tracotanza.
A conferma del potere acquisito dal Paratico dei Calzolai e mantenuto per otto secoli, secoli in cui ha avuto un peso rilevante nello sviluppo sociale della Città, pare che il coronamento della torre di palazzo Natta (l’unica torre rimasta integra nella città) sia stato realizzato, su disegno dell’ingegner Dell’Ara, con una forma particolare, che ricorda il caratteristico deschetto (tavolinetto da lavoro basso e quadrato) dei calzolai e dei ciabattini, proprio per celebrare la più antica e potente corporazione cittadina, quella dei Calzolai (nella foto).
La Corporazione o Paratico dei Calzolai, ora Università dei Calzolai di Novara, celebra il 25 ottobre la solenne ricorrenza dei patroni della categoria, Crispino e Crispiniano. Secondo la leggenda i due santi martiri erano due nobili romani che si recarono nelle Gallie per predicarvi la fede e lì per vivere facevano i calzolai. Crispino e Crispiniano restarono vittime a Soissons dell’imperatore Massimiano. Il loro culto si propagò nel Medioevo soprattutto grazie alle corporazioni dei Calzolai, che li elessero appunto a loro protettori.
Enzo De Paoli