CURIOSITA’ NOVARESI 20. IL “VENERABILE” VESCOVO CARLO BASCAPE’, LA CHIESA DI SAN MARCO E LA PRESENZA SPAGNOLA

Chiesa di San Marco

Il barnabita Carlo Bascapé (o Bescapé) fu nominato vescovo della Diocesi di Novara nel 1593 ed è certamente il più noto vescovo di Novara dopo San Gaudenzio, oltre ad essere stato segretario di San Carlo Borromeo, di cui fu anche il primo biografo. Nel periodo della Controriforma si era formata in Lombardia la Congregazione di San Paolo, detta poi dei Barnabiti che aveva come scopo primario di restaurare la vita cattolica secondo il programma del Concilio di Trento. A Novara il rinnovamento della Controriforma arrivò proprio con la nomina a vescovo di Bascapé. Con Bascapé arrivarono a Novara anche alcuni padri della sua Congregazione, che nel 1604 acquistarono una casa adiacente alla chiesetta di San Marco (chiamata San Marchino), con la possibilità di poter utilizzare la chiesetta insieme al cimitero e all’orto. I padri barnabiti, nel contesto della loro attività, si occupavano dell’istruzione dei giovani e predicavano in ogni quartiere della Città. Fu quindi necessaria una nuova chiesa più ampia, di cui Bascapé pose la prima pietra nel 1607, su disegno del padre barnabita Lorenzo Binaghi, architetto, e con la dedicazione ai santi Paolo e Marco. La chiesa (nella foto) fu terminata nel 1613 e il Bascapé volle esservi sepolto nella cappella che volle dedicata a San Carlo Borromeo, costruita a sue spese e che, tra l’altro, sarà la prima cappella dedicata a San Carlo con fruizione pubblica, come correttamente scrive Susanna Borlandelli. Per la decorazione della cappella la scelta cade su Guglielmo Caccia, detto il Moncalvo, al quale Bascapé dà precise indicazioni iconografiche, in particolare per la realizzazione dell’ancona dell’altare, che doveva raffigurare “La processione del Santo Chiodo”, dove lo stesso Bascapé si fa ritrarre al seguito di San Carlo, mentre lo precede e guarda verso il basso, come ad indicare il luogo della propria sepoltura (nella foto). La chiesa che si vede nello sfondo è la basilica di Santa Maria Maggiore di Milano, che sarà poi demolita alla fine del Seicento, procedendo il cantiere del Duomo, la cui facciata per due secoli ebbe il ruolo di facciata provvisoria dello stesso Duomo in costruzione, come scrive Elena Rame. Oltre alla chiesa era stato costruito un edificio per il collegio dei Barnabiti. Nel 1810, con la soppressione della Congregazione dei Barnabiti, il collegio fu chiuso e trasformato in residenza civile. Dopo il periodo napoleonico, il vescovo Morozzo ripristinò la parrocchia presso la chiesa di San Marco, che, dopo varie vicissitudini, era tornata al culto. Nel 1840 chiesa e parte dell’ex collegio sono concessi agli Oblati dei Santi Gaudenzio e Carlo, che erano lì trasferiti dalla chiesa di San Carlo, già dei Gesuiti. Gli Oblati vi si fermarono fino al 1916 e la loro casa venne abbattuta per la costruzione della sede della Banca d’Italia.

Processione del Santo Chiodo del Moncalvo

Carlo Bascapé era nato a Melegnano il 25 ottobre 1550 da una antica e nobile famiglia lombarda. Battezzato con il nome di Giovanni Francesco, entrando nella Congregazione barnabita, lo cambiò poi in quello di Carlo, in omaggio al suo protettore Carlo Borromeo (poi divenuto San Carlo), di cui fu anche segretario, che nella sua intensa attività lo coinvolse spesso. Dopo la morte dell’arcivescovo Borromeo nel 1584 dedicò molti anni alla raccolta di testimonianze per la redazione di una biografia di San Carlo, che fu stampata nel 1592. Nel 1586 fu eletto proposto generale della Congregazione barnabitica e la carica gli fu rinnovata nel 1588 e nel 1591. Fu poi nominato vescovo di Novara l’8 febbraio 1593 e a Novara, come vescovo, rimase per 22 anni, fino alla sua morte nel 1615. A Novara Bascapé utilizzò l’esperienza fino ad allora acquisita allo scopo di diffondere la dottrina nel clero e tra i fedeli e di riformare gli ordini religiosi. Fondò la Congregazione degli Oblati di San Gaudenzio, raggruppò le parrocchie in vicariati a cui faceva capo tutta la vita religiosa del distretto e i vicari erano strettamente collegati al vescovo. Iniziò subito anche con le visite pastorali, visitando l’intera, grande diocesi, dalla bassa alle vallate alpine (sostanzialmente le attuali province di Novara e Verbania oltre alla Valsesia vercellese), poi descritta nella sua “Novara Sacra”. Si distinse anche per l’impegno nella riorganizzazione del Sacro Monte di Varallo e nella edificazione del Sacro Monte di Orta, poiché riteneva che i Sacri Monti potessero essere un importante baluardo della fede, con la loro capacità di trasmettere, attraverso un linguaggio “teatrale”, il messaggio di Gesù Cristo e della Chiesa rinnovata della Controriforma. Da parte del clero ebbe molti ricorsi, presentati al pontefice e alle congregazioni romane contro la sua opera riformatrice. Incontrò opposizioni anche nei rapporti con il governo spagnolo dell’epoca per la sua difesa dei diritti della giurisdizione ecclesiastica e per il dominio temporale della Diocesi di Novara e quindi del vescovo sulla contea di Riviera d’Orta. Fu eletto a patrocinare in Roma la causa di canonizzazione del suo maestro Carlo Borromeo, causa che si concluse con la proclamazione del nuovo santo nel 1610. Morì il 6 ottobre 1615 e il suo corpo fu sepolto nella cappella di San Carlo della chiesa di San Marco, come da sue disposizioni, da dove fu traslato nel 1801 nel Duomo e quindi nuovamente in San Marco nel 1963. Dopo la morte fu oggetto di pubblica venerazione e fu aperto il processo di beatificazione poi sospeso, riaperto nel 1909 e nuovamente sospeso. Nel 2007 il pontefice Benedetto XVI gli ha riconosciuto canonicamente il titolo di “venerabile”, peraltro già a lui attribuito dalla devozione popolare; in quell’occasione le reliquie di Bascapé sono state poste in una nuova urna sotto l’altare di San Carlo.

Martirio di San Paolo di Francesco Carboni

La chiesa di San Marco è stata edificata e completata all’interno nell’epoca della dominazione spagnola e rileviamo anche in essa, come in altre chiese dell’epoca, a partire dalla chiesa del Monserrato, testimonianze della presenza spagnola a Novara. A proposito dell’opera “Martirio di San Paolo” del bolognese Francesco Carboni (nella foto), presente in San Marco, Elena Rame scrive che l’artista, nella seconda metà degli anni Venti del Seicento, viene incaricato di fornire un’opera che, insieme al “Martirio di San Marco” del Crespi, darà avvio ad una serie di grandi tele, commissionate per la chiesa e dedicate alla devozione barnabita a San Paolo e a San Marco, a cui è intitolata la chiesa stessa. La realizzazione del ciclo delle opere si protrarrà lungo il Seicento fino ai primi anni del Settecento. Alcuni documenti sono utili all’identificazione dei donatori delle opere di Carboni e di Crespi. Vedendo i conti della chiesa di San Marco per il periodo 1623-1626, si scopre che la spesa di 200 scudi per il pagamento del lavoro dei due artisti è stata coperta per 100 scudi da Don Angelo Fran.co Greco e per altri 100 dal sig. Gio. Mauritio Valseca, governatore spagnolo del forte di Sandoval. Oggi non resta più nulla di questo complesso, costruito dagli Spagnoli nel 1614 in un punto strategicamente importante, sulla riva sinistra del fiume Sesia, non lontano da Borgo Vercelli. Il poderoso forte, pentagonale, dotato di largo fossato, era intitolato a Francisco Sandoval y Royas, duca di Lerma. Se non abbiamo notizie di Greco, siamo invece in possesso di informazioni sul legame tra Valseca e la chiesa di San Marco. In una lettera del 1704, citata da Elena Rame, si parla, tra le altre cose, delle numerose tombe, che in quei tempi, si trovavano nella chiesa: “molti nobili memorie in marmi sepolcrali…di Personaggi cospicui, non tanto Novaresi, quanto Spagnuoli”. Tra le altre tombe è ricordata quella di Mauritio de Valseca. Il sepolcro aveva due iscrizioni una in latino e una in spagnolo, che indica la data di morte del governatore nel febbraio del 1624. Un altro documento ci fa sapere che il de Valseca aveva dettato le sue ultime volontà nel forte di Sandoval il 24 gennaio 1624. Il testamento parla di donazioni a due chiese in Barcellona e dà indicazioni sulla sua sepoltura, che doveva avvenire in una cappella appositamente eretta. Doveva infatti essere realizzata nella chiesa di San Marco una cappella con le immagini di una serie di santi, puntigliosamente elencati nel testamento, oltre ad essere celebrata una messa settimanale per un anno. In quell’epoca però la chiesa aveva già il suo assetto definitivo; per questo, forse, invece di edificare una apposita cappella, si decise di inserire il sepolcro del de Valseca nella parte sinistra del transetto, dove avrebbe trovato posto la grande tela del Carboni, che seguiva le indicazioni iconografiche fornite dal governatore spagnolo nel suo testamento.

Enzo De Paoli