PIEMONTE ARTE: COTTINO SU BRUEGHEL, JR, ARTISTI IN GUERRA, MORAVIA, 7 ARTISTE IRANIANE, JAS, PESSINA…
Coordinamento redazionale di Angelo Mistrangelo
UN MAESTRO DELLA NATURA MORTA AL CIRCOLO DEI LETTORI
Il programma culturale del Circolo dei Lettori, nella sede di Palazzo Graneri della Roccia in via Bogino 9, si arricchisce martedì 14 marzo, alle 18, con la presentazione del volume di Alberto Cottino “Abraham Brueghel 1631-1697. Un Maestro della natura morta fra Anversa, Roma e Napoli”, a cura de “Il Quadrato della Cultura Torino”, EtGraphiae 2023, Attraverso uno studio approfondito, Alberto Cottino, docente di Storia dell’Arte alla torinese Accademia Albertina di Belle Arti, ha delineato il percorso, il linguaggio e la straordinaria misura espressiva di questo artista specializzato in nature morte, nato ad Anversa ma intensamente attivo in Italia da Roma a Napoli, e con alcune presenze anche a Messina e Malta.
La monografia è in assoluto la prima dedicata ad Abraham Brueghel, mentre costituisce un significativo documento per entrare in contatto con la sua opera attraverso illustrazioni, contenuti critici e testimonianze che permettono di cogliere e analizzare i vari aspetti della sua personalità artistica.
Appartenente alla celebre dinastia dei Brueghel, la figura di Abraham affiora dalle pagine del libro con chiarezza, con una produzione pittorica cristallina e l’energia di un dialogo serrato tra l’uomo, la natura e le affascinati composizioni floreali con frutta. Uno studio, quindi che concorre a stabilire attribuzioni, precisazioni stilistiche e momenti di una ricerca che “lo rendono a buon diritto uno dei massimi esponenti della natura morta europea del “Secolo d’oro””
Angelo Mistrangelo
JR ORA ANCHE A TORINO
Fino al 16 luglio 2023 sarà possibile visitare presso la sede delle Gallerie d’Italia in Piazza San Carlo a Torino la prima mostra personale italiana del noto artista francese JR, famoso per i suoi progetti che uniscono fotografia, arte pubblica e impegno sociale. Nato e cresciuto nella banlieu parigina, Jean René (più noto con l’acronimo JR) ha cominciato a dedicarsi alla street art dopo gli studi liceali. L’ascesa al successo ha inizio nel 2011 quando l’artista, una volta ricevuti 100mila dollari del premio TED, da il via al progetto “Inside Out” in cui invita gli abitanti di ogni angolo del pianeta a fotografare se stessi, le città in cui vivono e a caricare le immagini sul sito https://www.insideoutproject.net/en/ . Quasi 200mila di queste fotografie sono state stampate ed esposte in numerose città in giro per il mondo tra cui Milano dove, fino al mese scorso, il Museo del Novecento ha presentato un mosaico di 100 grandi ritratti. Altre città italiane che hanno visto la presenza di JR sono state Firenze (dove l’artista ha reinterpretato la facciata di palazzo Strozzi) e Roma (con la spettacolare istallazione a palazzo Farnese). Ora è la volta di Torino con una mostra dal titolo “Déplacé·e·s”. Si tratta di un progetto cominciato nel 2022 dove l’artista ha voluto documentare le difficili condizioni di vita di migliaia di persone in zone di guerra, crisi o in occasione di sconvolgimenti sociali e climatici in giro per il mondo. “Il mio lavoro non consiste solo nel tappezzare di immagini in bianco e nero i muri delle città – afferma lo street artist francese – ma esso consiste nel creare connessioni tra le persone raccontando la fragilità sociale della nostra epoca storica”.
La mostra, curata da Arturo Galansino negli spazi delle Gallerie d’Italia, si sviluppa inizialmente nella scalinata d’ingresso per poi articolarsi nelle sale limitrofe dove sono esposti video, fotografie e sculture in legno. Attraverso queste opere è possibile comprendere e ripercorrere la carriera e ricerca dell’artista sul tema delle migrazioni forzate. Nell’ultima sala sono esposte le grandi immagini in stoffa di Déplacé·e·s utilizzate per fare performance pubbliche.
Luigi Marsero
CASTELLO DI RIVOLI. ARTISTI IN GUERRA.
Da Francisco Goya a Salvador Dalí, Pablo Picasso, Lee Miller, Zoran Mušič, Alberto Burri, Fabio Mauri, Bracha L. Ettinger, Anri Sala, Michael Rakowitz, Dinh Q. Lê, Vu Giang Huong, Rahraw Omarzad e Nikita Kadan
A cura di Carolyn Christov-Bakargiev e Marianna Vecellio
15 marzo – 19 novembre 2023
La nuova attività espositiva 2023 del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea prende avvio al terzo piano della Residenza sabauda con la mostra collettiva a cura di Carolyn Christov-Bakargiev e Marianna Vecellio Artisti in guerra. Da Francisco Goya a Salvador Dalí, Pablo Picasso, Lee Miller, Zoran Mušič, Alberto Burri, Iri e Toshi Maruki, Fabio Mauri, Bracha L. Ettinger, Anri Sala, Michael Rakowitz, Dinh Q. Lê (con opere tra l’altro di Le Lam, Phan Oanh, Nguyen Thu, Truong Hieu, Nguyen Toan Thi, Kim Tien, Quach Phong, Huynh Phuong Dong, Minh Phuong), Vu Giang Huong, Rahraw Omarzad e Nikita Kadan.
La mostra presenta più di 140 opere di 39 autori realizzate da artisti che si trovavano o si trovano in guerra. Empatiche, sofferte, esprimono disagio ma anche grande umanità.
La mostra prende spunto dai Desastres de la Guerra (Disastri della guerra), 1810-1815, di Francisco José de Goya y Lucientes e sviluppa il tema della guerra e della soggettività post traumatica attraverso opere storiche e nuovi progetti di importanti artisti contemporanei.
Artisti in guerra include prestiti provenienti da importanti istituzioni pubbliche e private italiane e internazionali oltre a due nuove committenze, opere inedite realizzate per l’occasione dall’artista afgano Rahraw Omarzad (Kabul, 1964), e l’artista ucraino Nikita Kadan (Kiev, 1982). Entrambi gli artisti condividono una pratica connessa a quella di promotori culturali offrendo un messaggio di grande impatto emotivo e umano oltre che sociale e politico. Originate a partire da scenari di conflitto e di profondi cambiamenti geopolitici, le loro prassi invitano a riflettere sull’importanza di trovare nell’espressione creativa narrazioni di cura e di pace.
Sostiene Francesca Lavazza, presidente del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea: “Questa mostra, ultima del percorso espositivo artistico di Espressioni che si è sviluppato negli anni, raccoglie una riflessione profonda sulla contemporaneità, grazie al lavoro degli artisti che attraverso i secoli hanno saputo raccontare le discontinuità del presente e la conflittualità, interpretata attraverso la loro personale sensibilità nel tempo che stavano vivendo. Le opere esposte riescono così a scuotere il pubblico su tematiche controverse e difficili, rappresentando gli orrori della guerra, trasversali a tutti i conflitti. Ringrazio Carolyn Christov-Bakargiev e Marianna Vecellio per questo coraggioso progetto destinato a fare riflettere la coscienza collettiva”.
IL TEMA
“Nato inizialmente come ultimo capitolo del progetto pluriennale di mostre e ricerca Espressioni”, afferma il direttore Carolyn Christov-Bakargiev, “gli eventi internazionali recenti ci hanno portato a realizzare una nuova mostra ad hoc che indaga il significato della guerra, a domandarci come alcuni esseri umani particolarmente empatici, gli artisti, elaborino la violenza organizzata e solo apparentemente razionale della guerra evidenziandone l’orrore oppure per contrasto il suo mistero – sospeso come è tra massima imprevedibilità e massimo calcolo. Per il filosofo greco presocratico Eraclito, l’essere si rivela nella guerra, Πόλεμος πάντων μὲν πατήρ ἐστι (polemos pantōn men patēr esti – la guerra è padre di tutte le cose). Il filosofo francese Emmanuel Lévinas, subito dopo la Seconda Guerra Mondiale che egli trascorse in parte in un campo di prigionia tedesco, ci ricorda che l’essere si rivela al pensiero filosofico come guerra cioè nel contrasto tra la finitudine della morte – massimamente percepibile in guerra – e l’incommensurabilità senza limiti dell’esistenza. In questo intervallo o interregno tra vita e morte, l’artista trova nell’arte un modo per tirarsi fuori dal conflitto e dal pensiero avversariale e per espandere all’infinito il tempo e lo spazio, anche quotidiano. Attraverso una serie di esempi del passato e alcune opere nuove realizzate da artisti oggi in guerra, questa mostra vuole indagare il tema culturalmente, psicologicamente, esteticamente, storicamente, filosoficamente. Per aprire una riflessione che vada oltre la semplice rimozione della guerra, oltre la spiegazione meramente economica di essa, oltre la paura o – altra faccia della stessa medaglia – la sua celebrazione come necessità e minor male”.
IL PERCORSO ESPOSITIVO
ATRIO TERZO PIANO
Il percorso espositivo inizia nell’atrio del terzo piano, con una selezione di immagini fotografiche d’archivio provenienti dalle Collezioni della GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, raffiguranti la città sabauda distrutta dai bombardamenti avvenuti durante la Seconda Guerra Mondiale (1939–1945). Le fotografie sono esposte insieme alla scultura di Ettore Ximenes (Palermo, 1855 – Roma, 1926) Il bacio di Giuda, 1884, gravemente danneggiata nelle incursioni aeree degli eserciti alleati nel 1942 e per questo allestita con la cassa contenente i suoi frammenti. È inoltre presentata in questa area l’opera di Iri e Toshi Maruki (Iri Maruki: Hiroshima, 1901–1995 / Toshiko Amakatsu Maruki: Chippubetsu, Hokkaido, 1912 –Hiroshima, 2000), testimoni diretti degli effetti delle esplosioni nucleari a Hiroshima e Nagasaki.
SALA 34
Nella Sala 34, la Guerra d’Indipendenza spagnola (1808–1814) fa da sfondo ai Desastres de la Guerra (Disastri della guerra), 1810-1815, prima edizione 1863, di Francisco José de Goya y Lucientes (Fuendetodos, 1746 – Bordeaux, 1828), il celebre ciclo di 83 incisioni realizzate nel periodo segnato dal conflitto con gli invasori napoleonici francesi. I primi piani di corpi e volti martoriati dalle sofferenze rappresentati da Goya sono allestiti in dialogo con le opere dell’artista sloveno Anton Zoran Mušič (Boccavizza, 1909 – Venezia, 2005) il quale negli anni Trenta prima della guerra aveva avuto modo di ammirare e studiare le opere di Goya a Madrid. Mušič è uno dei pochi artisti moderni ad aver vissuto in prima persona l’orrore della Seconda Guerra Mondiale. Internato nel campo di Dachau nel novembre 1944 perché aveva rifiutato di arruolarsi nelle SS in Veneto, di Mušič, oltre a un cospicuo numero di opere della serie Nous ne sommes pas les derniers (Noi non siamo gli ultimi), 1970-1988, saranno presentati anche i primissimi disegni realizzati a Dachau nella primavera del 1945.
Nella stessa Sala 34 è presentato in anteprima il più recente dipinto dell’artista e psicanalista Bracha L. Ettinger (Tel Aviv, 1948), Medusa – Rachel – Pietà, 2017-2022, da cui emergono volti allucinati ma anche profonda bellezza. Nata poco dopo la guerra e figlia di sopravvissuti polacchi dell’Olocausto, Ettinger presta servizio militare obbligatorio alla base aerea El Arish quando scoppia nel giugno 1967 la Guerra dei sei giorni tra Israele e i Paesi confinanti – Egitto, Siria e Giordania. In assenza dell’ufficiale superiore, il soldato Ettinger prende da sola l’iniziativa e organizza un’importante operazione di salvataggio dal mare di più di 150 militari israeliani durante l’affondamento della nave militare INS Eilat, esperienza che le provoca una amnesia da trauma. Dopo anni di pratica psicoanalitica prima come paziente e poi da analista, Ettinger sviluppa una cifra personale di pittura intimista sul tema della memoria obliterata che riaffiora, una pittura soggettiva di fronte al mistero insondabile della guerra. Oggi Ettinger è tra le teoriche femministe più apprezzate ed è nota in Israele per le sue attività di collaborazione con i palestinesi a favore della risoluzione pacifica dei conflitti arabo-isrealiani.
SALA 35
La Seconda Guerra Mondiale è indagata anche nella Sala 35 attraverso una selezione di opere poste in dialogo con il dipinto Tête de femme (Testa di donna), 1942, di Pablo Picasso (Malaga, 1881 – Mougins, 1973) realizzato in pieno conflitto e che deriva in parte dal celebre dipinto Guernica, 1937, con cui condivide l’uso di una tavolozza di neri e di grigi. Il viso straziato e diviso in due della figura dell’artista e amica Dora Maar (Parigi, 1907–1997) probabile soggetto del ritratto, assomiglia inoltre a figure femminili raffigurate in Guernica. La grande tela fu realizzata nella primavera 1937 in memoria del tragico bombardamento aereo della cittadina basca, avvenuto a opera dell’aviazione nazi-fascista il 26 aprile 1937. Picasso denunciava gli orrori della Guerra civile spagnola e criticava aspramente la condotta del generale Francisco Franco. La tela fu esposta in quello stesso anno nel padiglione della Spagna repubblicana presso l’Esposizione Internazionale di Parigi. Divenne presto un simbolo di denuncia contro ogni forma di conflitto e prevaricazione, come dimostra la sua travagliata odissea, che, dalla chiusura dell’Esposizione di Parigi, la vide impegnata in numerose tournée tra Europa, Stati Uniti e Sud America. Dal 1940, a seguito dello scoppio della guerra, Picasso affidò la tela alle cure del Museum of Modern Art di New York per evitare che Franco ne rivendicasse la proprietà. Soltanto nel 1981 l’opera poté finalmente fare rientro in Spagna, al Museo del Prado di Madrid, per poi passare, nel 1992, nell’attuale sede del Museo Reina Sofía.
I libri con rare e uniche legature di Pierre-Lucien Martin della Collezione Cerruti Solidarité. Poème, 1938, e Au rendez-vous allemand, 1944, del poeta surrealista francese Paul Éluard (Saint-Denis, 1895 – Charenton-le-Pont, 1952) sono altresì in mostra. Solidarité è pubblicato nell’aprile 1938 con un corredo di sette acquetinte e acqueforti di artisti antifascisti, tra i quali Pablo Picasso, Joan Miró e Yves Tanguy. Il volume, i cui ricavi delle vendite sono destinati al sostegno dei combattenti repubblicani della Guerra civile spagnola, si apre con la poesia Novembre 1936, ritenuta dalla critica il primo componimento a carattere esplicitamente politico dello scrittore francese. Il poema è composto all’indomani della sanguinosa battaglia di Madrid che ha luogo tra l’8 e il 23 novembre 1936. Au rendez-vous allemand è una raccolta di poesie pubblicata nel dicembre 1944. Ospita, tra gli altri, il poema La Victoire de Guernica, composto da Éluard poche settimane dopo il drammatico bombardamento della cittadina basca. A spingere il poeta alla stesura del testo, concorre la visione dei disegni che Picasso stava realizzando per la grande tela in preparazione per l’Esposizione Internazionale di Parigi. Il volume della Collezione Cerruti si contraddistingue per la presenza di un autografo del poeta: si tratta di Les Vainquers d’hier périront, poesia composta il 14 aprile 1938, i cui versi corroborano l’immagine di una Spagna martirizzata dalla Guerra civile.
Nella medesima Sala 35 si trova anche l’opera di Salvador Dalí (Figueres, 1904–1989), Composition avec tour (anche intitolato Bozzetto per sipario di scena di “Café de Chinitas”), 1943 ca. Tra i più noti artisti surrealisti ad avere dipinto i disastri della guerra civile spagnola e della Spagna autarchica durante la Seconda Guerra Mondiale, Dalí creava opere “critico-paranoiche” sotto forma di paesaggi spagnoli onirici e desolati. Questo dipinto è un bozzetto per uno dei sipari che egli ha realizzato per la coreografia dell’amica nota come La Argentinita, la famosa ballerina e coreografa Encarnación López Júlvez (Buenos Aires, 1898 – New York, 1945), allorché ella presentò nel 1943 al Metropolitan Opera House di New York la prima della sua opera-balletto El Café de Chinitas. Il balletto era basato su canzoni di un altro grande amico e compagno di strada di Dalí, Federico Garcia-Lorca, ispirate a canti popolari spagnoli. La Argentinita, repubblicana, era fuggita negli Stati Uniti nel 1936, e questa sua coreografia, realizzata in piena guerra, doveva essere un inno alla gioia e alla libertà del mondo prima della dittatura di Franco quando, assieme a Dalí, Garcia-Lorca, Picasso e altri artisti ed intellettuali spagnoli, il Café-teatro Chinitas di Malaga in Andalusia, aperto a metà ‘800 come culla del Flamenco, era molto frequentato. Gli elementi del quadro sono carichi di riferimenti alla situazione in Europa nel 1943: attraversato da un muro centrale, il dipinto presenta sulla destra uno scenario in rovina sul cui fondale compare un edificio razionalista di ascendenza metafisica e una stella blu che, oltre a raffigurare il cartello del caffè, potrebbe alludere alla stella ebraica, espressione del tormento che affliggeva l’Europa dominata dalle leggi razziali. Dall’altro lato del dipinto, a sinistra, una bandiera rossa pende, simbolo del socialismo rivoluzionario che in quel periodo era alleato contro i fascismi.
Una parte della Sala 35 è invece dedicata alla vicenda di Alberto Burri (Città di Castello, 1915 – Nizza, 1995), tra i principali artisti italiani del ventesimo secolo che, con un’inedita indagine dei materiali, ha rivoluzionato il linguaggio artistico nel secondo dopoguerra attraverso un’arte astratta materica di forte impatto. Formatosi come medico, servì nell’Esercito italiano in Nord Africa dove fu fatto prigioniero e trasferito negli Stati Uniti. Durante la prigionia nel campo POW (Prisoners of War) a Hereford, Texas, dal 1943 al 1946, decide di abbandonare la professione medica per dedicarsi esclusivamente all’arte. Nel campo di Hereford vi erano numerosi italiani che erano scrittori, artisti e artigiani, ed è possibile che da loro prese inizio l’idea di dedicarsi all’arte. In mostra è esposto il primo dipinto di Burri, l’olio su tela Texas, 1945, una delle poche opere realizzate durante la permanenza nel campo di prigionia che egli ha voluto riportare in Italia nella sua nativa Città di Castello. L’opera è fondativa, sebbene non appartenga al periodo maturo dell’artista che egli usava fare risalire al 1948 circa. Il paesaggio rosso e ocra quasi astratto è denso di materia pittorica e vi si scorge, lungo una linea alta d’orizzonte, un treno che passa, mentre in primo piano si trova una corrente d’acqua e al centro pochi elementi tra cui la staccionata del recinto del campo, una baracca come quelle dei prigionieri, un wind-vane sopra un traliccio (tipico del Texas ove le pompe dei pozzi artesiani erano alimentate a vento con mulini capaci anche di prevedere tempeste di vento) e due alberi solitari. La struttura diagonale delle linee dà movimento alla composizione in cui il paesaggio e la natura umana si incontrano in una solitudine profonda ma energica, in un limbo, nell’attesa che la guerra, lontana, finisca – in un modo o nell’altro. Accanto a Texas, sono esposti due Sacchi di Burri dei primi anni cinquanta, Sacco e Rosso, 1954, della Collezione Cerruti, e Sacco, 1954, della Fondazione Magnani Rocca. Si tratta di espressioni della certezza folgorante dell’artista che la materia stessa, la iuta, strappata e ricucita come un corpo dopo un trauma, possa esprimere senza racconto, senza figurazione, la realtà e l’alterità assolute dell’esperienza dell’esserci.
Nella stessa sala sono inoltre allestiti i reperti fotografici militari tratti da riviste dell’epoca che compongono l’opera concettuale Linguaggio è guerra, 1974, di Fabio Mauri (Roma, 1926–2009). Scioccato dalla scoperta dell’Olocausto, l’artista italiano fu internato in manicomio subito dopo la guerra e fino ai primi anni Cinquanta del secolo scorso in preda a crisi mistiche. A partire dalla fine degli anni Cinquanta, sviluppò un’arte basata sull’indagine tra bellezza, male, ideologia e potere. In Linguaggio è guerra, egli riflette all’inizio degli anni Settanta sul rapporto tra la manipolazione ideologica (il linguaggio) e la guerra in generale.
L’allestimento della sala si completa con le fotografie in bianco e nero di Elizabeth (Lee) Miller (Poughkeepsie, 1907 – Chiddingly, 1977), fotografa surrealista allieva di Man Ray che successivamente divenne fotografa di moda oltreché reporter. Durante il secondo conflitto mondiale divenne un’acclamata corrispondente di guerra per Vogue magazine, accompagnando l’esercito americano in Germania e arrivando pertanto a documentare il primo ingresso nei campi di concentramento di Buchenwald e Dachau. In questa mostra, per la prima volta le fotografie di Dachau di Lee Miller possono essere raffrontate con i disegni e le testimonianze di Mušič.
SALA 36
La mostra prosegue nella Sala 36 con una sezione dedicata alla raffigurazione artistica della ‘Guerra del Vietnam’ o ‘Seconda guerra di Indocina’ o ‘American War’, come essa viene variamente chiamata a seconda dei contesti (1955–1975). L’installazione Light and Belief. Voices and sketches of life from the Vietnam War (Luce e fede. Voci e schizzi di vita dalla guerra del Vietnam), 2012, dell’artista vietnamita Dinh Q. Lê (Ha-Tien, 1968) che oggi vive e lavora a Ho Chi Minh City (già Saigon), viene presentata per la prima volta in occasione di dOCUMENTA (13) a Kassel. L’artista è fuggito nel 1978 a 10 anni dal Vietnam del Sud dopo la presa di Saigon da parte delle truppe del Nord Vietnam (1975) e l’unificazione del Paese nel luglio 1976 ed è giunto negli Stati Uniti tra i “Boat people” alla fine degli anni Settanta. L’installazione raccoglie circa 70 disegni realizzati in guerra da diversi artisti Viet Cong e nordvietnamiti attorno al 1967-1973. A corredo dei dipinti dei Viet Cong e di soldati nordvietnamiti che rappresentano perlopiù un mondo pacifico e idilliaco nella giungla, durante gli intervalli tra i combattimenti contro americani e sud vietnamiti (ARVN), fa parte dell’installazione un video di Dinh Q. Lê composto da interviste agli ormai anziani artisti Viet Cong e nordvietnamiti per capire la vita e il lavoro degli artisti-soldati durante la guerra e cosa li motivava a non dipingere scene di battaglia o di violenza. È esposta anche un’opera di Vu Giang Huong (Hanoi, 1930–2011), importante artista nordvietnamita.
SALA 36 BIS
Nella sala seguente (36 bis) è allestita una testimonianza dedicata alla Guerra in Ucraina, in corso a partire dall’invasione russa del febbraio 2022. La guerra estende il conflitto già in atto dal 2014 quando la Russia ha annesso la Crimea e parti del Donbass, ed è elaborata dalla prospettiva dell’artista ucraino Nikita Kadan nella grande installazione The Shelter II (Il rifugio II), 2023, che si configura come il naturale proseguimento dell’opera omonima The Shelter realizzata dall’artista nel 2015 per la 14° Biennale Istanbul e dedicata al Donbass. La nuova opera al Castello di Rivoli è ispirata da immagini che documentano la guerra in Ucraina reperite dall’artista su Internet. Esprime il dramma e il dolore del conflitto russo-ucraino e assomiglia a un rifugio antiaereo diviso su due piani. Lo spazio superiore è un muro composto da pile di libri stipati contro il vetro di finestre; i libri non sono più simboli di cultura e conoscenza ma servono per proteggere gli abitanti e le loro abitazioni dai frammenti di vetro in caso di esplosioni nelle aree di conflitto, come documentano i tanti reportage di guerra. Il piano inferiore dell’installazione richiama un luogo di morte, una tomba sotterranea. Sulla terra compatta della parete di fondo si scorge una mano in bronzo fuso da un calco della mano dell’artista. L’installazione nel suo complesso si carica della tragicità della storia corrente, trasformandosi in un ambiente di solitudine, silenzio, rifugio, malinconica impotenza, e incapacità di agire.
SALA 37
Nella Sala 37 si trova l’elaborazione artistica della Guerra nei Balcani (1990–2001), con il video dell’artista albanese Anri Sala (Tirana, 1974) Nocturnes (Notturni), 1999, che utilizza tecniche documentarie di associazione tra storie personali e realtà storiche per richiamare l’attenzione sull’esperienza della solitudine e della pressione sociale in tempo di guerra. L’opera intreccia i racconti di due personaggi che per motivi diversi soffrono di insonnia: un solitario collezionista di pesci, Jacques, che vede nella violenza tra pesci una metafora del lato violento e oscuro degli umani, e un altro giovane uomo, Denis, che soffre di insonnia dopo aver vissuto atrocità quando era casco blu delle Nazioni Unite in guerra.
Nella medesima sala i conflitti in Medio Oriente (1948 – in corso) sono raccontati attraverso il film The Ballad of Special Ops Cody (La ballata dell’agente speciale Cody), 2017, dell’artista americano di origine irachena Michael Rakowitz (Long Island, New York, 1973), il cui lavoro indaga le contraddizioni delle guerre in Iraq (2003–2011). Nel film, realizzato con la tecnica dell’animazione stop-motion, il protagonista – un modello giocattolo di soldato americano – si confronta con statue votive mesopotamiche conservate dall’Istituto Orientale dell’Università di Chicago e si scusa con loro addossandosi le responsabilità dei crimini commessi contro la popolazione irachena. Il soldato, a cui il sergente Gin McGill-Prather, ex soccorritore militare dell’Army National Guard (ARNG), presta la voce, si reca al museo e, utilizzando il suo equipaggiamento militare, si arrampica sulle vetrine che custodiscono i preziosi cimeli. Il video lo ritrae mentre chiede scusa alle statue.
SALA 38 – SOTTOTETTO
Il percorso espositivo al Terzo piano del Castello si conclude nella Sala 38 e nell’ambiente sottotetto del Museo con gli echi delle più recenti guerre in Afghanistan, iniziate con l’attacco USA e la liberazione del paese dai Taliban nell’autunno 2001 (a seguito dell’attentato di Al Qaida alle Torri gemelle a New York) che si concluse con l’istituzione di un nuovo governo afgano sostenuto da forze USA e NATO fino al 2014; seguì un periodo di maggiore autonomia politica per l’Afghanistan con una ridotta presenza di truppe USA e NATO fino al ritiro definitivo nel 2021 e al ritorno del regime Talebano subito dopo. Questo conflitto con continui rovesciamenti, è evocato nelle opere dell’artista afghano Rahraw Omarzad fondatore del CCAA centro per l’arte contemporanea a Kabul e di una scuola concepita per dare accesso all’educazione artistica alle donne, fuggito nell’autunno 2021 anche grazie all’impegno del Museo e del Governo italiano. L’installazione Every Tiger Needs a Horse (Ogni tigre ha bisogno di un cavallo), 2022-2023, è un ambiente nato a partire dall’esplosione di un cubo contenente dinamite e pittura, esplosione eseguita in maniera controllata all’interno di una base militare in Piemonte grazie alla collaborazione dell’Esercito Italiano. Le sei tele che ne derivano e ne portano le tracce sono allestite per la prima volta in questa mostra. L’opera prende le mosse dalla percezione di crescente violenza e guerra continua nel proprio Paese d’origine. Una ulteriore nuova opera di Omarzad è esposta, il film New Scenario (Nuovo scenario), 2022, girato in video durante i mesi di residenza dell’artista al Castello di Rivoli, all’interno di un rifugio antiaereo di Torino costruito nel 1943 dopo i primi grandi bombardamenti della città. Esso propone invece una riflessione sulla circolarità del destino umano e sulle difficoltà di affrancamento dalle logiche del trauma, della ferita e del conflitto. L’opera mostra personaggi allegorici simili a fantasmi guidati da una partitura di movimenti e gestualità lenti e ripetitivi, in un’ambientazione teatrale essenziale costituita da oggetti di scena e luci contrastate che trasportano l’osservatore in una dimensione ipnotica e senza risoluzione. I protagonisti dell’allegoria includono, tra gli altri, un talebano, un soldato americano, un uomo d’affari, oltre a figure mitologiche avvolte in drappi. I ruoli dei personaggi si rovesciano più volte, come pupazzi della Storia.
TEATRO (programma video)
Il percorso della mostra è integrato dalla presentazione nel Teatro del Museo di un programma video curato dall’artista ucraino Nikita Kadan e da Giulia Colletti intitolato Una lettera dal fronte con opere degli artisti contemporanei ucraini AntiGONNA (Vinnitsa, 1986), Yaroslav Futymsky (Poninka, 1987), Nikolay Karabinovych (Odessa, 1988), Dana Kavelina (Melitopol, 1995), Alina Kleytman (Kharkiv, 1991), Yuri Leiderman (Odessa, 1963), Katya Libkind (Vladivostok, 1991), Yarema Malashchuk & Roman Himey (Yarema Malashchuk: Kolomyia, 1993 / Roman Himey: Kolomyia, 1992), Lada Nakonechna (Dnipropetrovsk, 1981), R.E.P. (2004), Revkovsky / Rachinsky (Daniil Revkovsky: Kharkiv, 1993 / Andriy Rachinsky: Kharkiv, 1990), Oleksiy Sai (Kiev, 1975), Lesia Khomenko (Kiev, 1980), e Mykola Ridnyi (Kharkiv, 1985).
ALBERTO MORAVIA. NON SO PERCHÉ NON HO FATTO IL PITTORE
a cura di Elena Loewenthal e Luca Beatrice
In collaborazione con Fondazione Circolo dei lettori
7 marzo – 4 giugno 2023
Wunderkammer GAM
Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino
La GAM di Torino dedica ad Alberto Moravia una mostra a cura di Luca Beatrice ed Elena Loewenthal nel contesto del progetto “Nato per narrare. Riscoprire Alberto Moravia” che la Fondazione Circolo dei lettori ha ideato e realizzato con la GAM e il Museo Nazionale del Cinema in collaborazione con l’Associazione Fondo Alberto Moravia, Bompiani editore e le Gallerie d’Italia. La figura di Moravia, grande protagonista della vita artistica e intellettuale per larga parte del Novecento, si presta a una varietà di suggestioni che sono al cuore di una rassegna di ampio respiro: pittura, cinema, fotografia e naturalmente letteratura. Tra i molti campi di interesse che oltrepassano la letteratura, quello delle arti visive rappresenta ben più di una passione per Alberto Moravia. I primi scritti d’arte datano 1934 per arrivare al 1990, anno della sua morte. Pubblica su riviste e giornali, tra cui la torinese Gazzetta del Popolo e il Corriere della Sera, e redige testi in catalogo e prefazioni per diversi artisti. Questo interesse gli deriva in parte dall’educazione familiare. Il padre era appassionato di pittura, la sorella Adriana Pincherle, formatasi insieme a Mafai e Scipione, sarà artista di una certa levatura nell’ambiente romano. Fin dagli anni ’30, ma in particolare nel dopoguerra, artisti, scrittori, intellettuali, frequentano lo stesso ambiente e gli stessi luoghi, gli scambi sono all’ordine del giorno. In diversi romanzi l’arte compare tra le maglie delle vicende e in alcuni personaggi, come il pittore fallito Dino e il suo alter ego Balestrieri, modesto e datato, ne La Noia (1960). Nel 2017 la casa editrice Bompiani ha raccolto, in un prezioso volume, gran parte degli scritti sull’arte di Alberto Moravia, in cui la pittura la fa da protagonista. Dagli anni ’30 ai ’50 Moravia segue Enrico Paulucci e Carlo Levi nel periodo dei Sei, inizia il lungo sodalizio con Renato Guttuso che durerà tutta la vita, osserva con attenzione la situazione romana, da Giuseppe Capogrossi a Mario Mafai. Nella stagione successiva, nella Roma degli anni ’60, capitale dell’arte internazionale, scrive ripetutamente di Mario Schifano, Giosetta Fioroni, Titina Maselli e della fotografa Elisabetta Catalano cui si deve uno dei ritratti più intensi. Ama anche Antonio Recalcati, Piero Guccione e Fabrizio Clerici. La mostra nello spazio Wunderkammer si propone come un’ideale collezione degli artisti che lo scrittore stimava e ai quali ha dedicato la propria penna e presenta circa 30 opere provenienti dalla Casa Museo Alberto Moravia di Roma oltre che da raccolte private e da un cospicuo nucleo di dipinti e disegni conservati alla GAM. Ne emerge un interessante ritratto dell’arte italiana attraverso la letteratura, non sempre in linea con le tendenze dominanti o le mode. Le opere scelte per l’esposizione sono infatti affiancate da frammenti di testi tratti perlopiù dal volume di Alberto Moravia Non so perché non ho fatto il pittore a cura di Alessandra Grandelis, Milano, Bompiani, 2017 da cui la mostra prende il titolo e che evocano il rapporto di stima e molto spesso di amicizia con gli autori delle opere presentate.
La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale che raccoglie le immagini delle opere in mostra e i saggi dei curatori.
Gli artisti in mostra: Gisberto Ceracchini, Carlo Levi, Enrico Paulucci, Giacomo Manzù, Renato Guttuso, Giuseppe Capogrossi, Mario Mafai, Renato Birolli, Onofrio Martinelli, Fabrizio Clerici, Leonor Fini, Alberto Ziveri, Mino Maccari, Mario Lattes, Antonio Recalcati, Adriana Pincherle, Sergio Vacchi, Piero Guccione, Giosetta Fioroni, Carlo Guarienti, Titina Maselli, Mario Schifano, Elisabetta Catalano.
CHIERI. WORKSHOP “DONNA E PRIMAVERA”
RIVOLI, CASA DEL CONTE VERDE. MOSTRA “DONNA, VITA, LIBERTÀ : SETTE ARTISTE IRANIANE”,
Sabato 11 marzo 2023, dalle 16.00 alle 19.00, presso la Casa del Conte Verde, via Fratelli Piol 8 Rivoli (To), si inaugura la mostra “Donna, Vita, Libertà : sette artiste iraniane”, una mostra dedicata alle proteste contro il regime dittatoriale iraniano.
La mostra è promossa dagli Assessorati alla Cultura ed alle Pari Opportunità della Città di Rivoli.
Artiste in mostra : Hanieh Eshtehardi, Narges Eshtehardi, Bahar Heidarzade,Samaneh Vahabi, Masoudeh Miri, Mahtab Moosavi, Flavia Nasrin Testa.
Curatore : Edoardo Di Mauro
Durata : fino all’8 aprile 2023
Orari : mart.-ven. 16-19, sab-dom. 10-13/16-19 lunedì chiuso
Info : + 39 011 9563020, casaconteverde@libero.it , +39 335 6398351, info@museoarteurbana.it
Gli anni Ottanta, con l’ingresso nella dimensione post-moderna e l’esaltazione dell’individualismo generano, al netto di qualsiasi valutazione estetica, una rarefazione nei rapporti tra arte e politica, in cui, nei casi peggiori, si rinvengono nuovamente aspetti di cortigianeria e di esaltazione succube ed interessata del potere. I tempi che viviamo, sotto la sferza del dominio della finanza e della globalizzazione, rivendicano nuove forme di partecipazione, che non si limitino a ricalcare, fuori tempo massimo, parole d’ordine ed atteggiamenti degli anni della contestazione. Il consenso ottenuto dalla street art, che è un’espressione di libertà, è la prova di come l’arte avverta forte l’esigenza di riscoprire la sua dimensione etica. L’arte può e deve giocare un ruolo importante in questa fase storica. Le giovani generazioni si trovano a vivere nella dimensione di un eterno presente, privi di punti di riferimento, e facile preda di demagoghi di ogni risma. L’arte può sviluppare in concreto una riflessione importante sulle contraddizioni sociali e sulla necessità di salvaguardare libertà e diritti civili che non si devono dare per acquisti una volta per tutte, ma per i quali è necessario lottare, anche per allargarli alla luce dei nuovi bisogni. In base a queste considerazioni, necessarie per contestualizzare la storia nell’attualità, è importante che, anche nella congiuntura “liquida” che stiamo attraversando, caratterizzata dalla incertezza del futuro e dalla crisi, questa ormai datata, delle ideologie e del senso progressivo del cammino dell’umanità, gli artisti non si arrendano e mantengano ben salda la loro posizione di attori sociali attivi, schierandosi a sostegno delle battaglie civili, contribuendo a rafforzarle donando a queste il loro senso estetico e la capacità di sintetizzare un’emozione. L’arte è quindi uno strumento estremamente idoneo, per l’universalità del suo linguaggio, per fornire una importante cassa di risonanza alla sacrosanta lotta delle donne iraniane, costrette ad una sottomissione a retrive forme di privazione della libertà, la cui punta di diamante è evidenziata, negli ultimi tempi, dalla esasperazione delle norme che impongono una particolare forma di copertura del capo tramite il velo, mero pretesto per un regime che fa dell’applicazione repressiva ed inadeguata dei precetti della religione islamica, una estrema barriera per difendere un potere anacronistico e traballante sotto le proteste della società civile. L’antica Persia è stata per secoli culla della civiltà asiatica al confine tra Occidente ed Oriente e luogo di tolleranza e libero pensiero. Gli attuali problemi di quel paese, e dell’intera area medio-orientale, sono conseguenze della dissennata gestione geopolitica originata dai trattati di pace seguenti la fine della Prima Guerra Mondiale che generarono il secondo conflitto, a cui va sommata anche una fuori uscita sbagliata dal colonialismo, dove la giusta emancipazione del Terzo Mondo dal dominio europeo non ha avuto gli esiti auspicati per l’ascesa al potere di oligarchie corrotte sempre al servizio di interessi stranieri.
Un talk organizzato alla Galleria del Museo d’Arte Urbana con l’artista iraniana Hanieh Eshtehardi su questo tema, ha indotto l’Associazione Italia-Iran ed il MAU a farsi promotori di questa mostra, allestita alla Casa del Conte Verde di Rivoli, grazie al sostegno dell’Assessorato alle Pari Opportunità, al patrocinio del Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà, dell’ Accademia Albertina di Belle Arti, dove si sono diplomate alcune delle artiste espositrici, del brand di design e moda sostenibili Regenesi.
Le sette artiste presenti in mostra : Hanieh Eshtehardi, Narges Eshtehardi, Bahar Heidarzade, Samaneh Vahabi, Masoudeh Miri, Mahtab Moosavi, Flavia Nasrin Testa, rispondono alla repressione del regime iraniano con la loro creatività ed il loro stile dove, con modalità rispondenti alla loro personalità, conducono la tradizione simbolica dell’arte persiana nella dimensione della contemporaneità.
CUNEO, LA MOSTRA “I COLORI DELLA FEDE” PROROGATA AL 10 APRILE
Fondazione CRC e Intesa Sanpaolo annunciano la proroga sino a lunedì 10 aprile 2023 del progetto espositivo I colori della fede a Venezia: Tiziano, Tintoretto, Veronese, presso il Complesso Monumentale di San Francesco a Cuneo. La mostra è a cura di don Gianmatteo Caputo e di Giovanni Carlo Federico Villa e vede il supporto organizzativo di MondoMostre. Dal giorno di apertura, giovedì 24 novembre 2022, la mostra ha accolto 27.000 visitatori.
CASALE MONFERRATO. JAS – JUST ANOTHER STAGE. L’ANIMA OLTRE L’IMMAGINE
Fino al 30 aprile nelle sale Manica Lunga del Castello del Monferrato
Una mostra tutta al femminile quella che si è inugurata sabato 4 marzo alle ore 16 nelle sale della Manica Lunga del Castello del Monferrato. “JAS – Just Another Stage. L’anima oltre l’immagine”, a cura di Paola Casulli, presenta un percorso espositivo nel quale la fotografia interagisce con la scultura: infatti le immagini di Francesca della Toffola, Antonella Iovino, Maria Cristina Mareschi, Isabella Quaranta, Paula Sunday e Lara Zanardi, oltre che della giovanissima Emma Farina, saranno in dialogo con la tridimensionalità delle opere di Roberta Omodei Zorini dando vita ad una riflessione sul mondo e sull’arte convintamente mediata dalla sensibilità delle donne.
La ricerca intima e profonda realizzata da questo progetto intende accompagnare i visitatori in un percorso nel quale sia possibile una riscoperta dell’essenza della realtà, ritrovando l’identità autentica sia delle persone che dell’arte, superando le distorsioni di contemporaneità che sembra sovrapporre e confondere il virtuale con il reale. La mostra, composta da oltre 30 fotografie e 5 sculture, sarà visitabile fino al 30 aprile e sarà la cornice di una serie di appuntamenti culturali che si susseguiranno durante tutto il periodo espositivo dando vita ad un vero e proprio evento culturale diffuso. Così l’Assessore alla Cultura Gigliola Fracchia: “Con questo evento si celebra la donna e il suo ruolo fondamentale nella società e nella cultura: un complesso di appuntamenti culturali che consolida il ruolo del Castello come ‘polo del sapere’ al servizio della comunità casalese e monferrina”. Ad aprire il ciclo di eventi sarà Anna Monfreda che mercoledì 8 marzo alle ore 18 alla Manica Lunga, presenterà il suo libro “Ho scritto questo libro invece di divorziare” (Ed. Feltrinelli); sabato 11 marzo alle ore 18, negli stessi spazi espositivi, sarà la volta dell’autrice Nadia Busato con “Factory girl” (Sem Edizioni) e di Sara D’Amario che alle ore 21, con la regia di François-Xavier Frantz, presenterà al Teatro Municipale “(Xxn)Sfumaturedidonnediscienza”. Gli eventi di aprile si apriranno il 15 alle ore 18 con la conferenza di Elena Botta dedicata a “Le donne di Quentin, un viaggio nell’universo femminile di Tarantino” per proseguire sabato 22 con l’evento “Donne nel verde, passeggiata ecologica sul Lungo Po”, organizzato in collaborazione con l’Ente di Gestione delle Aree Protette del Po Piemontese. Venerdì 28 aprile giornata dedicata alla volta celeste con due eventi realizzati in collaborazione con il Gruppo astrofili casalese: dalle 18,30 “Donne e Astronomia, una lunga storia” e alle ore 21 “Luna al Castello”.
Domenica 30 aprile il finissage realizzato da Chiara Olivero e Agnese Coppola con “Il paese dell’anima nella poesia di Marina Cvetaeva”.
JAS – Just Another Stage. L’anima oltre l’immagine
A cura di: Paola Casulli
Castello del Monferrato, Sale XXX
Dal 4 marzo al 30 aprile 2023
Orari di apertura: sabato e domenica dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19
LE FOTOGRAFIE DI BRUNO PESSINA A DOMODOSSOLA
Lo scorso lunedì 6 marzo ’23 lo Spazio Gallery – Ufficio dei Private Banker di Domodossola (Via G. Marconi 26) ha aperto al pubblico la mostra “Esposizione fotografica di Bruno Pessina”, con i seguenti orari: da lunedì a venerdì 8,45-12,30/15,00-18,30; sabato 8,45-12,30. I lavori di Pessina ruotano, per i loro temi, intorno al mondo dei manicomi. Jean Dubuffet negli anni Quaranta del secolo scorso ha incorporato la cosiddetta “art des fous” (cioè dei pazzi o dei folli) nell’arte da lui definita “art brut”, che comprendeva anche dipinti naif e primitivi. Era ovviamente un’arte dei non acculturati, senza condizionamenti sociali e conformismi borghesi, al di là e al di fuori della tradizione, delle mode, delle scuole, delle gallerie e dei musei. Era insomma un’arte istintiva, immediata, che recuperava il substrato primitivo dell’arte arcaica. Lorenzo Viani, da parte sua, famoso artista italiano della prima metà del XX secolo, considerato uno dei massimi esponenti dell’Espressionismo italiano, proprio ai manicomi aveva dedicato alcune delle sue opere di pittura e di grafica, in considerazione del suo interesse per la vita dei poveri, degli umili, dei derelitti e quindi degli ospiti di quei luoghi di disperazione. Bruno Pessina, come loro, ma certo in maniera diversa, mostra grande interesse per queste istituzioni, dove dramma e solitudine imperversano. I suoi scatti, come ogni visitatore potrà facilmente verificare, partono dall’osservazione della realtà e riescono a trasformarla in qualcosa di intimo e personale, in un processo di scambio ed identificazione continui. I soggetti scelti dall’artista per le sue opere attingono infatti alla contemporaneità più cruda e disperata dei manicomi, raccontano una storia di abbandono attraverso la ricerca del particolare isolato in una profondità di campo volutamente esasperata, e riproducendo l’immagine prima percepita con la mente, poi osservata cogli occhi e, solo infine, reinterpretata nello scatto e restituita nella sua essenza più spoglia. I contorni dei suoi soggetti svaniscono e si confondono con la profondità dello sfondo retrostante, suscitando nell’osservatore la stessa alienazione di chi, quegli oggetti, li ha quotidianamente vissuti e, molto spesso, subiti. Ricordiamo, a conclusione di questa breve presentazione della mostra, che Bruno Pessina è un artista che non si occupa solo di fotografia e quindi di arte visiva. Egli, domese di nascita, ha scoperto la passione per la fotografia in età adulta, dopo aver infatti calcato i palcoscenici di tutta Italia, con diverse apparizioni televisive.
Enzo De Paoli
IN CITTÀ METROPOLITANA IL CANAVESE DI FRANCESCO PAULA PALUMBO
Dal 10 al 24 marzo in mostra una selezione di paesaggi canavesani
Dal 10 al 24 marzo lo spazio mostre della Città metropolitana di Torino (corso Inghilterra 7) ospita la mostra “Francesco Paula Palumbo e il suo Canavese”. Torinese d’adozione, il Maestro Palumbo nasce a Tarando il 14 marzo del 1917 e muore a Torino il 22 ottobre 2008. Una ricca selezione di sue opere ritornano, dopo una lunga assenza, in mostra a Torino. È infatti dal 1986 che le opere pittoriche di Francesco Paula Palumbo non vengono più esposte nel capoluogo piemontese, la città in cui visse fin dal 1921, quando all’età di quattro anni si trasferì con la famiglia per motivi artistici e lavorativi. Si tratta della quindicesima esposizione in meno di quattro anni, una sorta di “Grand Tour” piemontese iniziato a Cuneo nel maggio 2019 e proseguito a Rivarolo nel 2021 e a Rivara nel 2022. La mostra, patrocinata dalla Città metropolitana di Torino e dal Consiglio Regionale del Piemonte, inaugura venerdì 10 marzo alle ore 12. Oltre a riscoprire e a far conoscere al vasto pubblico un fecondo passato di iniziative artistiche presenti nel territorio canavesano, questa esposizione ha consentito il ritrovamento di altre opere del Maestro, appartenenti a collezioni private, che si ispirano per esempio alla zona di Rivara e dintorni. Il Canavese è il territorio a cui si è ispirato Francesco Paula Palumbo nel dipingere parte dei suoi paesaggi. In mostra scorci e suggestivi dettagli di Agliè, Bairo, Barone Canavese, Busano, Caluso, Candia, Castellamonte, Castelnuovo Nigra, Fondo (Fraz. di Traversella), Forno Canavese, Locana, Meugliano, Montalenghe, Orio Canavese, Piamprato Soana (Fraz. di Valprato Soana), Rivara, San Francesco al Campo, San Giorgio Canavese, Sparone, Torre Canavese e Traversella.
INGRESSO GRATUITO
Orario: da lunedì a venerdì dalle ore 8:00 alle 19:00, sabato e domenica chiuso. Sono possibili visite guidate su prenotazione: andareoltre@hispeed.ch
Info al numero: 329 6295129.
TORINO. DONNE. RITRATTI DI VITA. MOSTRA FOTOGRAFICA
Dalle rsa Orpea italia la mostra fotografica che valorizza la bellezza femminile della terza eta’. Inaugurazione 8 marzo a Torino, Residenza Richelmy, via San Donato 97
Quanta bellezza è racchiusa in una fotografia? Quante emozioni, ricordi, racconti può ispirare? Curata da Orpea Italia la mostra itinerante Donne. Ritratti di vita presenta una selezione di 70 scatti del fotografo torinese Vincenzo Solano che celebrano la bellezza delle donne nella loro terza età. La mostra, gratuita e aperta al pubblico su prenotazione, inaugura ufficialmente a Torino l’8 marzo e verrà ospitata, fino a settembre 2023, nelle cinque residenze per anziani del gruppo Orpea dove le donne ritratte risiedono. Rivelare la vita, la bellezza e la forza che ogni volto di donna porta con sè. Svelare quanta meraviglia si possa cogliere sui visi anziani delle donne, vera e propria memoria collettiva. È questo l’obiettivo della mostra e dell’iniziativa: un inno alla vita e alla gioia di vivere. L’obiettivo empatico di Vincenzo Solano cattura ed esalta l’anima di 70 donne, ogni ritratto racconta una storia che riaffiora sui visi segnati dal tempo. Volutamente è stato scelto un formato unico per le fotografie – 30 x 45 cm – tutte in bianco e nero per rendere omogeneo questo racconto a più voci. Oltre che esposti in mostra, tutti i ritratti saranno anche disponibili online in una galleria virtuale visitabile sul sito www.orpea.it
LE TAPPE DI DONNE. RITRATTI DI VITA.
Torino | dall’8 marzo al 7 aprile 2023 – Residenza Richelmy, via San Donato 97
Borgaro Torinese (To) |dal 12 aprile all’11 maggio 2023 – Casa Mia Borgaro, via Santa Cristina 19
Grugliasco (TO) |dal 16 maggio all’16 giugno 2023 – Residenza Consolata, Corso Canonico Giuseppe Allamano 137
Asti |dal 20 giugno al 21 luglio 2023 – Casa Mia Asti, S.S. n°10 Località Canova 17/a
Segrate (MI) | dal 4 settembre al 4 ottobre 2023 – Residenza San Felice, Via San Bovio 1
L’accesso alla mostra è gratuita previa prenotazione.
Per info: 3316869245