PIEMONTE x CURIOSI. Le origini del caffè espresso: una storia che comincia da Torino
Le origini del caffè espresso? Sono torinesi, grazie alla prima macchina per il caffè nata dall’intuito di Angelo Moriondo…
Il caffè espresso italiano, conosciuto in tutto il mondo, è anche quello più consumato in Italia: ma quali sono le sue origini? Ebbene, la macchina che ha dato vita all’amata bevanda è nata proprio nella città di Torino nel 1884. In quell’anno il torinese Angelo Moriondo, proprietario del Grand-Hotel Ligure in piazza Carlo Felice e dell’American Bar nella Galleria Nazionale di via Roma.
Moriondo si occupava della ristorazione per le sue attività e, spinto dall’esigenza di preparare il caffè in modo più rapido per i suoi clienti, ebbe un’intuizione. In collaborazione con il meccanico Martina diede vita alla prima macchina per il caffè espresso depositando il primo brevetto il 16 maggio 1884. In seguito, dopo altre migliorie, l’invenzione ottenne il brevetto internazionale. Moriondo utilizzò solo alcuni esemplari realizzati artigianalmente nei locali, senza commercializzare la sua idea, anche se presentò l’invenzione presso l’Expo Generale di Torino del 1884.
In un articolo pubblicato sulla Gazzetta Piemontese del 24 luglio 1884, si legge “Questa sera all’Esposizione sarà inaugurato un nuovo elegantissimo chiosco, quello ad uso di caffè esercito dal sig. Angelo Moriondo, proprietario del Gran Caffe Ligure. Questo chiosco sorge nello spazio compreso fra le testate delle Gallerie dell’elettricità e delle macchine”.
“Questa macchina risponde egregiamente a tutte le esigenze dei buongustai di caffè non solo, ma altresì a quelle di un pronto servizio, di una buona economia, avuta per un numero considerevolissimo di tazze. Perché può dare da una a dieci tazze di caffè ogni due minuti; e fino a trecento in un’ora. Il caffè riesce concentrato e saporitissimo”.
Il funzionamento
Il funzionamento della macchina per il caffè espresso venne descritto proprio in quell’articolo. “La macchina in parola è alta circa un metro, ha la forma di campana, è in rame e bronzo ed è munita di un serbatoi d’acqua e d’un distillatore, oltre al manometro al livellatore e ad ogni sorta di rubinetti per regolare le sue funzioni. Essa è alimentata dal carbone che consuma in dose economicissima e può essere anche alimentata dal gas. Una volta messa ad un grado di pressione regolare una piccola fiamma a gas è sufficiente a mantenerla a quel grado”.
In seguito, durante i primi anni del XX secolo, i brevetti divennero di proprietà del milanese Desiderio Pavoni. L’imprenditore avviò la produzione in serie delle macchine tramite la sua Ditta Pavoni, ottenendo un enorme successo.
Ilaria Rosella Pagliaro