PIEMONTE ARTE: CAMBIANO ARTE, CARMAGNOLA, GABETTI, MUSEO EGIZIO, NESPOLO, NOVARA, PISTOLETTO, SOAVI, FRANCO…
Coordinamento redazionale di Angelo Mistrangelo
CAMBIANO. MOSTRA DI GIORGIO DI GIFICO
CARMAGNOLA. PALAZZO LOMELLINI: HOMINES ET LUPI. FRANCESCO PREVERINO SANTO TOMAINO
Piazza Sant’Agostino, 17 Carmagnola (Torino)
Inaugurazione 7 aprile 2023, ore 18
7 aprile – 28 maggio
Il 7 aprile 2023 le porte di palazzo Lomellini si apriranno per invitare il pubblico a un nuovo appuntamento all’insegna dell’arte. La mostra, intitolata Homines et Lupi, a cura di Riccardo Cordero, si articola in un gran numero di opere presentate da due artisti affermati come Santo Tomaino e Francesco Preverino.
Come si potrà facilmente intuire attraversando le sale espositive, entrambi hanno in comune l’elemento pittorico ma articolano la materia in soluzioni differenti. Non solo, anche dal punto di vista tematico i cicli esposti sembrano non presentare punti di contatto. Nell’opera di Santo Tomaino i lupi diventano apparizioni luminose che vengono incontro allo spettatore, invitandolo a riscoprire la forza dell’unità contro le avversità dell’esistenza; mentre le nere tempeste marine di Francesco Preverino sono il palco per la rappresentazione della tragedia dei migranti in cui la solitudine dell’individuo porta ad un inevitabile destino di morte a causa della mancanza di aiuto e speranza. Luce e ombra, solitudine e socialità sono i termini principali che vengono esaltati dall’esperienza di Homines e Lupi. Elementi contrapposti se presi singolarmente ma che sono, nella quotidianità della vita di ognuno, presenti, nella perenne ricerca di un equilibrio difficile quanto necessario.
Orario: giovedì, venerdì e sabato: 15:30 – 18:30 domenica: 10:30 – 12:30 / 15:30 – 18:30.
Ingresso libero
CUNEO. MOSTRA ““ROBERTO GABETTI: ARCHITETTO-FOTOGRAFO”.
L’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Cuneo, con il Patrocinio del Comune di Cuneo e la collaborazione di CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia – presenta a Cuneo un evento culturale con mostra fotografica aperta alla Città dal titolo “Roberto Gabetti: Architetto-Fotografo”.
L’evento e la relativa mostra fotografica vogliono essere un omaggio all’originale sguardo fotografico di Roberto Gabetti (Torino, 1925-2000), universalmente conosciuto per il suo lavoro di Architetto e Professore Ordinario presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino, a poco più di vent’anni dalla sua scomparsa.
Oltre le attività di Architetto, Docente e progettista ritenuto fra uno dei più creativi, l’osservazione di Gabetti si è rivolta alla realtà del costruito, delle architetture in genere, degli edifici e dell’abitato attraverso l’utilizzo della macchina fotografica ritenuto un prolungamento del suo occhio e luogo della concentrazione visiva.
Già da giovane studente si cimenta con le riproduzioni fotografiche dei modelli di studio, operazioni in cui la fotografia permette una nuova modalità di osservazione dell’architettura stessa. Modalità riscontrabili nei negativi e nei provini che costituiscono il fondo fotografico custodito dalla famiglia Gabetti e che permettono di identificare i soggetti, le località e spesso anche alla data degli scatti.
Sulla base di questo patrimonio, il Prof. Sisto Giriodi – in qualità di curatore della mostra – ha costruito un percorso espositivo che, attraverso oltre cento fotografie stampate dai negativi originali, ripercorre momenti della vita privata e professionale di Roberto Gabetti – viaggi in Italia e all’estero sulle orme dei maestri dell’architettura, modellini e progetti – esprimendo il gusto per la linea, la forma, il dettaglio, l’armonia, i curiosi accostamenti.
“Roberto Gabetti, conosciuto come importante architetto, autorevole professore di progettazione, apprezzato come “scrittore di complemento”, autore di libri e saggi su temi diversi, – commenta il curatore della mostra Sisto Giriodi – ha tenuto per vent’anni, dal 1945 al 1965, un “diario” fotografico, fino ad ora segreto, dei suoi viaggi di studio, dei progetti e dei cantieri. Quei rullini sono rimasti in un antico cassettone nello studio di via Sacchi 22 a Torino, sviluppati e imbustati nei “libretti” dal laboratorio di Riccardo Moncalvo. Le fotografie di Gabetti sono delle fotografie strane, che non hanno “padri nobili” come gli Alinari, ma nemmeno “maestri” riconoscibili nelle avanguardie storiche del ‘900. Si caratterizzano per scelte personali: provare punti di ripresa diversi da quelli del fotografo “in piedi” con la macchina “in bolla”; accettare la presenza nelle immagini della vita quotidiana, di uomini, donne, bambini, automobili e biciclette; scelte che rimandano ad un’idea di fotografia come conoscenza delle ragioni delle architetture, delle città e dei paesi, ma anche come antropologia visiva dei modi di vivere, di abitare, di vestirsi, di spostarsi con “immagini del mondo che siano una misura dell’esperienza”.
La mostra, organizzata dall’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Cuneo con il contributo di numerosi Colleghi che si sono resi disponibili ad organizzare e garantire la presenza durante le giornate di apertura al pubblico, con il Patrocinio del Comune di Cuneo e la collaborazione di CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia – rimarrà aperta al pubblico nei giorni 31 marzo e 1-2-5-6-7-8 aprile dalle ore 16:00 alle ore 19:00 presso le sale espositive di Palazzo Santa Croce in via Santa Croce n. 6 a Cuneo. L’ingresso è gratuito.
Per eventuali informazioni rivolgersi al n. 3356110431 o tramite mail architetti@cuneo.archiworld.it
MUSEO EGIZIO. “BACIARE LA TERRA PER IL SIGNORE DEGLI DÈI: LA STATUA STELOFORA DI NEFERHEBEF”
Fino al al 28 maggio 2023 la nuova mostra del ciclo “Nel laboratorio dello studioso”
È una statuetta che risale al Nuovo Regno la protagonista del nuovo appuntamento con il ciclo di mostre bimestrali, “Nel laboratorio dello studioso”, che accompagna i visitatori dietro le quinte del Museo Egizio, alla scoperta dell’attività scientifica condotta dai curatori ed egittologi del Dipartimento Collezione e Ricerca del museo. La nuova mostra dal titolo “Baciare la terra per il signore degli dèi: la statua stelofora di Neferhebef” debutta il 24 marzo all’Egizio. Al centro dell’esposizione un reperto che ritorna al museo, dopo aver viaggiato lo scorso anno in tutta Europa, come ospite di alcune esposizioni, l’ultima delle quali a Parigi, alla Bibliothèque National de France, dal titolo “L’aventure Champollion”. Nella mostra parigina la statua di Neferhebef è stata esposta accanto ad alcuni disegni di Jean-François Champollion, che ne riproducono le fattezze e i geroglifici. La statuetta non era infatti passata inosservata al padre dell’egittologia, che nel 1824 aveva soggiornato a Torino per studiare la collezione del Museo Egizio, appena inaugurato.
Il reperto rappresenta un elemento di evoluzione dei cosiddetti stelofori, delle statue che raffigurano un uomo inginocchiato con le mani protese in avanti a reggere una stele. La statua contiene delle iscrizioni con un’invocazione al dio Amon e, nonostante la provenienza incerta, grazie proprio all’iscrizione è stato possibile risalire al nome del proprietario, Neferhebef appunto, ed anche alle sue varie cariche, tra cui guardiano del tesoro e sacerdote di Amon. Si può inoltre ipotizzare che la statua provenga dall’area tebana, dove il culto della divinità era molto diffuso e che il suo contesto d’origine fosse un tempio o un’area sacra. L’analisi della scultura, delle iscrizioni e dell’iconografia della stele permette di datare l’oggetto al Nuovo Regno, più specificamente tra la XVIII e la XIX dinastia (1479 – 1213 a.C. circa). Durante questo periodo storico si assiste ad uno sviluppo della devozione religiosa nella sfera privata. Tale fenomeno è particolarmente evidente nello spazio pubblico del tempio, dove vengono deposte statue ed altri oggetti votivi a favore degli dèi. Al contempo si assiste, inoltre, ad uno sviluppo della statuaria privata. A fare da corollario al reperto principale ci sono alcuni esemplari di statue stelofore e altre statuette provenienti da contesti funerari e templari. Sono inoltre esposte diverse stele, uno strumento comunicativo molto versatile nell’antico Egitto. A seconda della loro funzione e destinazione, le stele del Nuovo Regno presentano un programma decorativo, iconografico e testuale molto ricco e variegato.
La mostra è stata curata da Alessandro Girardi, assistente curatore del Museo Egizio. Laureato presso l’Università di Bologna, i suoi interessi vertono sulle stele funerarie, il villaggio di Deir el-Medina e le pratiche dei furti nelle tombe alla fine del Nuovo Regno.
UGO NESPOLO & AFRICAN ICONS
Spazio Musa, Via della Consolata 11/E, Torino
Spazio Musa e Galleria Senesi di Cuneo presentano una mostra collettiva unica nel suo genere, Ugo Nespolo in dialogo con l’arte Africana. Ad accogliere i visitatori nello spazio di Via della Consolata 11/E, Ugo Nespolo, artista torinese poliedrico che da sempre esplora le tante sfaccettature dell’arte, pittura, fotografia, scrittura, teatro, cinema e molte ancora. 26 opere ripercorrono il lavoro svolto negli ultimi anni, tra ironia e trasgressione, colori e citazioni storiche. Al piano sotterraneo, come a voler simboleggiare le radici dell’umanità, una collettiva africana, 13 artisti provenienti da 7 paesi differenti, tra cui Sud Africa, Tanzania, Senegal e Congo.
L’ARTE RACCONTATA DA GIORGIO SOAVI IN OCCASIONE DEL CENTENARIO DELLA NASCITA
Inaugurazione con apertura straordinaria serale del Museo Civico “P.A. Garda”
Ivrea, 30 marzo 2023 ore 21
Dopo cento anni dalla nascita di Giorgio Soavi, la Città di Ivrea, in sinergia con l’Associazione Archivio Storico Olivetti, intende ricordarlo dedicandogli una mostra. Per l’occasione, il Museo Civico “P.A. Garda” effettuerà un’apertura serale il giorno 30 marzo 2023 alle ore 21, con l’inaugurazione della mostra “L’Arte raccontata da Giorgio Soavi per il centenario dalla nascita”. In anteprima assoluta, l’allestimento sarà rivoluzionario: un ologramma di Giorgio Soavi che parlerà con la sua voce al pubblico. Una vera e propria materializzazione in 3D. Una proposta sensoriale unica sia dal punto di vista tecnologico che emozionale, che potrà essere vissuta sino al 30 aprile 2023. La mostra proseguirà sino al 26 novembre 2023. Tale mostra consentirà di illuminare, per la prima volta, la figura poliedrica di Giorgio Soavi, scrittore che entra nel mondo Olivetti dall’età di 24 anni, prima nelle Edizioni di Comunità e poi, negli anni Cinquanta, nella società Olivetti come curatore di grandi progetti legati all’arte e all’editoria. Amico e frequentatore di riconosciuti artisti del secolo scorso, da Giacometti a Balthus, scopritore di giovani talenti nel campo dell’arte poi affermatisi anche grazie al suo istinto e intuito, da Folon a Pizzigoni, per Soavi la pittura è alimento che nutre la scrittura, impulso vitale che ci restituisce una ricchissima produzione da non critico d’arte, quale intendeva essere.
Finissimo conoscitore ed esperto delle arti grafiche, compratore onnivoro di oggetti di cancelleria e strumenti di pittura come pennelli, carte, colori, collezionista di opere d’arte e oggetti del quotidiano, Soavi ha costruito nel tempo una densa e intrigante corrispondenza con moltissimi artisti all’interno della sua straordinaria attività per la società Olivetti, nell’ambito dell’Ufficio Progettazioni Speciali. A lui si devono iniziative aziendali quali l’avvio della produzione di un’agenda da tavolo (la prima nel 1969 con gli acquerelli di Jean-Michel Folon) durata trent’anni, la nascita di una collezione di libri strenna aziendali con opere della letteratura mondiale illustrate da artisti che diventeranno noti al pubblico sulla scena internazionale (da Roland Topor a Ludmil Siskov, da Bruno Caruso a Rosario Morra), produzione di multipli, oggetti di design e opere grafiche a tiratura limitata come oggetti regalo da parte dell’azienda (dal foulard di Folon al press papier da lui stesso disegnato, dal multiplo di Theimer a quello di Mitoraj).
La mostra propone uno straordinario intreccio di oltre cento opere d’arte della raccolta Olivetti – oggi TIM – (da Theimer a Bottoni, da Mattioli aVallorz, da Marini a Ferroni, da Selden a Scalco) e scritti editi di Soavi, restituendo il valore culturale di una narrativa dell’arte di grande fascinazione anche per un pubblico non specializzato. Un rapporto, quello tra letteratura e arte, che attraverso la produzione letteraria di Soavi diviene fulcro generativo di una sorta di nuovo modello storiografico che nasce da una grande familiarità con la pittura e i pittori; un cowboy tra i pittori – così Giuliano Briganti definisce Soavi – che frequenta e sceglie a suo gusto, per dare vita a moderne “historiettes” sugli artisti del Novecento che trovano un controcanto nelle straordinarie mostre e iniziative editoriali realizzate per la società Olivetti per almeno tre decenni. E in tale senso la pittura e i pittori risultano un pretesto per dare linfa al filtro della sua immaginazione, per inventare storie, racconti, memorabili “ritrattini” di grandi artisti del secolo scorso.
Prolifica e ricca è la sua produzione letteraria e pubblicistica: alcune decine di romanzi a sfondo autobiografico (da Le spalle coperte del 1951 aIl Conte del 1983 dedicato ad Adriano Olivetti), raccolte di poesie (da 23 poesie del 1947 a poesie per noi due con disegni di Guttuso, del 1972) e una narrativa incessante nel racconto di piccole storie di decine di artisti conosciuti e amati (Giacometti, Sutherland, Folon, Balthus, tra i molti), anche attraverso prefazioni ai cataloghi di mostre e rubriche su periodici italiani (Figure sul settimanale “Epoca”, Guardando su “AD”, la rubrica Letteratura & Arti su “il Giornale”, ne sono alcuni esempi).
Nell’anno del centenario dalla nascita di Giorgio Soavi (1923-2008), la mostra muove un primo compiuto passo nello svelare al pubblico uno scrittore di frontiera, una figura di letterato ibrida nel campo della critica d’arte, uno spirito libero che prima di tutto doveva nutrire con l’arte quella insaziabile fame per la scrittura che lo ha assillato per tutta la vita, e che nell’equipaggio di quella grande “portaerei” che è stata per molti la Olivetti, ne ha connotato sul piano culturale molti progetti. La viva voce di Soavi in “Com’è uno scrittore”, filmato curato e realizzato dallo scrittore e produttore Grytzko Mascioni nel 1967 per la Radiotelevisione Svizzera Italiana, e alcune testimonianze di artisti e amici, per la regia di Davide Maffei, impreziosiscono la prima retrospettiva in assoluto sullo scrittore, nell’anno del centenario dalla nascita e a compimento del ciclo di mostre sulla raccolta di opere d’arte Olivetti. L’organizzazione e il coordinamento della mostra, nonché l’ideazione dell’allestimento sono stati curati direttamente da Costanza Casali, Assessore alla Cultura del Comune di Ivrea, come nelle mostre precedenti del ciclo “Olivetti e la Cultura nell’impresa responsabile”, mentre il progetto scientifico è stato curato da Paola Mantovani (Museo Civico “P.A. Garda”) e Marcella Turchetti (Associazione Archivio Storico Olivetti) ed è stata resa possibile anche grazie alla collaborazione di Albertina e Michele Soavi e di molte persone che hanno lavorato con Soavi nel grande universo Olivetti e oltre i suoi confini: Rosario Morra e Gloria Vianello, Natalia Corbetta, Maurizio Bottoni, Davide Pizzigoni, Gianni Biolcati e Sidonella Vanelli, nonché del personale del museo civico, dell’Associazione Archivio Storico Olivetti e dell’Archivio TIM.
ARTE E VITA NELL’AUTOBIOGRAFIA DI SARAH BOWYER
Il percorso creativo di Sarah Bowyer è diventato un racconto per immagini, emozioni, riflessioni sviluppato nelle pagine del libro “Pista Cifrata. Autobiografia di un’artista”, pubblicato dalle Edizioni Golem (2022) con prefazione di Edoardo Di Mauro, che Luca Beatrice e Roberto Mastroianni presentano il 20 marzo, alle 18, nella Sala Gioco del Circolo dei Lettori. In questa singolare autobiografia si avverte il senso profondo dell’esistenza e della storia della Bowyer, le sensazioni e i risvolti di un cammino che dalla Gran Bretagna, dove è nata a Eastbourne, insieme al fratello gemello Daniel, ha raggiunto con avventurosi trasferimenti l’Asia, l’Iran, Malaysia, Singapore, sino all’Indonesia e Bali, l’isola di Komodo e le lezioni di pittura dell’Università d’Arte di Bandung. Una narrazione, quindi, che unisce vita, società e cultura contemporanea e la formazione alla torinese Accademia Albertina di Belle Arti. E da questa visione d’insieme si coglie la sequenza degli eventi, il rapporto con la figlia Matha, la successione delle vicende che caratterizzano l’alternarsi delle giornate con la nonna Liliana ad Aosta e la madre Laura con Tim, Tina e i tre gemelli Chris, Matthew e Simon. Tutti personaggi e paesaggi della memoria che emergono dalle illustrazioni che accompagnano i capitoli con il regista Dario Argento, il docente e critico d’arte Francesco De Bartolomeis e gli artisti Enzo Cucchi, Robert Rauschenberg ed Emilio Vedova. Sarah descrive il fluire delle stagioni, scandisce pensieri e inquietudini, ricostruisce gli itinerari di un’interiore e interiorizzata ricerca espressiva: “Ho disegnato con la luce il gesto nel vuoto”. Mentre affiorano sguardi, volti, sofferenze, incontri in spazi e gallerie d’arte, collezionisti, concerti jazz nei pub di Harlem e i locali e le piazze di Torino, in un continuo rinnovarsi del vivere e dell’esistere: “Era una bella giornata di sole, le foglie delle palme erano immobili”. E Sarah rievoca e traccia su uno straordinario e personalissimo taccuino la sua storia intensa, complessa e vissuta, che si stempera, con i colori e i profumi delle città profondamente amate, sulle pagine di un diario intimo tra scrittura, segno e la magia della parola che si fa misura del tempo.
Angelo Mistrangelo
NOVARA. LA “TESTA DI CAVALLO” DI HELIDON XHIXHA È TORNATA AL CENTRO DELLA ROTONDA EL ALAMEIN
La “Testa di Cavallo” di Helidon Xhixha è tornata al centro della rotonda El Alamein a Novara. L’opera in acciaio era stata distrutta nella notte del 20 aprile 2022 da un’auto il cui conducente aveva perso il controllo, finendo sulla rotonda e distruggendola. L’artista in questi mesi l’ha ricostruita e restituita alla città.
A MILANO LA MOSTRA “LA PACE PREVENTIVA” DI MICHELANGELO PISTOLETTO
La mostra di Michelangelo Pistoletto “La Pace Preventiva”, accolta nella suggestiva Sala delle Cariatidi, presenta il percorso di ricerca sviluppato dall’artista durante la sua carriera ed esprime la dualità tra “mostro” e “virtù”, un cammino in cui è necessario che ognuno di noi scelga la via della pace. Con un movimento ondulatorio e intricato il labirinto accompagna il visitatore in un ambiente fluido in cui si aprono spazi che ospitano alcuni tra i più emblematici lavori realizzati dall’artista. L’esposizione rappresenta l’itinerario che ha gradualmente consentito a Michelangelo Pistoletto di concepire “l’arte al centro di una trasformazione responsabile della società”, un cambiamento possibile solo attraverso una reale pratica della democrazia che coinvolga i cittadini e le loro organizzazioni nei processi di trasformazione sociale responsabile.
TORINO: AL CIRCOLO DEL DESIGN LA MOSTRA “LA CASA DI LAURA CASTAGNO E LEONARDO MOSSO”.
L’esposizione rimarrà visitabile fino al prossimo 12 maggio
“La casa di Laura Castagno e Leonardo Mosso” è la nuova mostra del Circolo del Design, che rimarrà visitabile fino al 12 maggio negli spazi di via San Francesco da Paola 17 a Torino. Il progetto è realizzato con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo e della Regione Piemonte, con la collaborazione di IED Torino e NABA – Nuova Accademia di Belle Arti (Milano), e gode del patrocinio della Città di Torino.
Con l’esposizione il Circolo del Design inaugura il progetto a episodi “Archivi d’Affetto”, a cura di Maurizio Cilli, Sara Fortunati e Stefano Mirti che mira a riportare in luce le storie, spesso poco note al grande pubblico, di progettisti che hanno sviluppato percorsi professionali di grande valore, fuori dagli schemi e spesso al confine con l’arte. Traiettorie irregolari, figure impreviste spesso sfuggite alle narrazioni principali, ma che hanno contribuito a plasmare in maniera profonda l’identità culturale della città.
Ogni episodio di Archivi d’Affetto prenderà vita attraverso molteplici forme: mostre dedicate alle vite dei protagonisti, residenze d’artista con autori di diverse discipline, produzioni di video e immagini che ne ricostruiscono storie, luoghi e relazioni, la raccolta di testimonianze dirette, la restituzione al pubblico di documenti e opere simbolo del loro mondo progettuale. Secondo una modalità aperta e polifonica, un invito alle nuove generazioni di autori coinvolti in una interpretazione di queste narrazioni secondo i linguaggi della contemporaneità.
Con la piattaforma digitale archividaffetto.it, in cui confluisce il percorso curatoriale e tutti i contributi realizzati per ciascun episodio, il Circolo del Design intende comporre una raccolta di esperienze e protagonisti le cui strade disegnano una geografia espressiva capace di raccontare nel suo insieme alcuni dei tratti peculiari della cultura del progetto di Torino e del Piemonte.
La prima indagine di “Archivi d’Affetto”, curata da Gianfranco Cavaglià, Maurizio Cilli e Stefano Mirti, si concentra su Laura Castagno e Leonardo Mosso, coppia legata sia nella vita sia nello sviluppo della poetica del proprio lavoro, in un profondo legame intellettuale e artistico. Lei architetto, artista visiva e studiosa; lui architetto, designer, insegnante, storico, fotografo e artista recentemente scomparso. Nel corso degli anni Ottanta, fondano il MAAAD, Museo dell’Architettura Arti Applicate e Design, nella loro grande casa-atelier. Un luogo incantato nei boschi della collina torinese, nel quale, nel corso della loro vita, hanno raccolto uno straordinario patrimonio di documenti, libri, opere, disegni, fotografie e oggetti. Due percorsi distinti accomunati dalla volontà di tracciare innumerevoli relazioni culturali tra le arti del Novecento e con alcuni dei principali esponenti dell’architettura e del progetto, tra cui Alvar Aalto, Giò Ponti, Carlo Mollino e Bruno Munari.
In mostra saranno presentati opere, documenti e oggetti capaci di richiamare la suggestione della straordinaria unicità della casa di Laura Castagno e Leonardo Mosso e della loro collezione: vetri e ceramiche di Alvar Aalto, i suoi schizzi originali per il progetto dello stadio di Vienna, alcuni bozzetti dei futuristi torinesi Fillia e Nikolay Diulgheroff, gli arredi per gli uffici di Palazzo Gualino di Levi Montalcini e Pagano Pogatschnig, tessuti disegnati da Gigi Chessa e Teonesto Deabate per il Teatro Scribe, alcuni vetri di Otorino Aloisio, un bollitore disegnato da Peter Behrens; una lettera di Gio Ponti, disegni e fotografie dell’Ippica di Carlo Mollino.
L’esposizione sarà arricchita da tre video interviste realizzate dalla classe del terzo anno del Corso di Fotografia dello IED di Torino. Queste raccontano gli ambienti della casa-atelier, ne descrivono dettagli e atmosfere e raccolgono le voci di Laura Castagno e Gianfranco Cavaglià a ricostruire un ritratto della vita della coppia.
ACCADEMIA ALBERTINA. FRANCESCO FRANCO. IL PENSIERO INCISO
Nell’ambito del ciclo di mostre dell’Accademia Albertina dedicate ai „Maestri dell’Accademia“, illustri personalità artistiche che hanno insegnato all’Albertina, s’inaugura un’importante esposizione antologica delle opere grafiche (incisioni, disegni, libri d’artista) e pittoriche (pastelli e tempere) di Francesco Franco (Mondovì 1924, Torino 2018). All’Accademia Albertina di Torino, Franco studia pittura con Felice Casorati e Filippo Scroppo e scopre il suo interesse per l’incisione grazie ai professori Marcello Boglione e Mario Calandri. Nel 1956 si diploma e inizia l’attività espositiva. Nel 1957 diventa assistente di Mario Calandri per succedergli in seguito quale titolare del corso di tecniche dell’incisione, ruolo che detiene fino al suo ritiro dall’insegnamento nel 1988. Alla ricerca artistica e all’insegnamento si aggiungono restauri di affreschi quattrocenteschi, eseguiti per la Soprintendenza di Torino e affiancati da studi teorici pubblicati su riviste specializzate, e scritti sulle tecniche dell’incisione, inseriti in enciclopedie e cataloghi del settore. Franco ha esposto in importanti mostre in Italia e all’estero, è stato invitato alla Biennale internazionale di Venezia ed è stato più volte presente alla Biennale dell’incisione italiana contemporanea di Venezia; ha inoltre partecipato alla Biennale di Sao Paolo del Brasile e alla Quadriennale di Roma. Incisioni di Francesco Franco sono presenti presso numerosi musei e gabinetti delle stampe in Italia e all’estero. Il suo insegnamento in Accademia è stato caratterizzato da un grande rigore metodologico unito a un’apertura lungimirante per tutte le forme di ricerca e di sperimentazione espressive, mentre la sua attività artistica, concentrata soprattutto sull’incisione, ha superato la tradizionale dicotomia tra astratto e figurativo, perché, come amava ripetere, „l’arte è sempre astratta“, nel senso che è frutto di un’interpretazione e di un’elaborazione visiva e concettuale della realtà esteriore e interiore. Una produzione prevalentemente non figurativa ma che includeva anche l’interesse per la natura, il paesaggio, le architetture, che diventavano spesso spunti per una trasfigurazione compositiva, ritmica, gestuale. In un processo di progressiva ricerca dell’essenzialità del segno, che esaltava il vuoto invece di riempirlo. Il suo lavoro pittorico, svolto a lungo in modo appartato con l’uso della tempera e poi dei pastelli su carta preparata, ha suscitato un crescente interesse negli ultimi anni.
https://www.francescofranco-incisore.it/
FRANCOFORTE SUL MENO. KIM DU RYE & RICCARDO CORDERO: “SINERGIE”