PIEMONTE ARTE: PALUDETTO, PERRERO, ARTE IN PICCOLO, AGOSTI, PINTON E PASOTTI, SEGNO E DISEGNO…
coordinamento redazionale di Angelo Mistrangelo
PER LA MEMORIA DI FRANZ PALUDETTO
Gallerista, Curatore, Direttore. Di lui si è detto tutto. Ha alimentato leggende e ha acceso animi come si concede a poche persone al mondo. Tutti, addetti ai lavori o semplici comparse dell’arte, hanno un aneddoto speciale su di lui. Ma pochi lo hanno conosciuto davvero. Instancabile viaggiatore, investigatore di pensieri nuovi, avventuriero e talvolta incosciente navigatore di acque non battute da alcuno. Classe 1938, Franz Paludetto nasce dalla parte sbagliata della Storia. Suo padre, infatti, è podestà di una città veneta di nome Oderzo. Viene sradicato ben due volte dall’infanzia: la prima per via del regime militare cui è sottoposto in famiglia; la seconda, alla fine della guerra, quando osserva cambiare il suo status e saggiando lo scotto dell’umiliazione pubblica, trattato come “il figlio del fascista”. È appena un bambino e ovviamente non ne capisce il perché, ma da allora la sua vita vira nel segno della ricerca di un’identità e di un posto nel mondo che fosse solo suo e nel quale nessuno potesse mettere definitivamente becco. Da questo angolo visuale nasceranno tante scelte anticonformiste e scabrose degli anni ’60 e ’70, e tanti sodalizi successivi con il mondo di matrice tedesca, una cultura che si trovava a fare i conti con la storia attraverso un tipo di approccio molto affine al suo vissuto personale. In questo senso, pur affascinato dal ruolo degli intellettuali, ma identificandosi infine con chi non aveva studiato, poteva ritenere illuminante interrogare chiunque potesse dargli uno spunto per un’intuizione o un affare. E in questo turbine di azione ha travolto, convinto e trasformato chiunque lo conoscesse. Ha vissuto forte anzi fortissimo. Ha attraversato un secolo, una disciplina, una città, facendo assolutamente rumore. Tutto partì dal noto treno sbagliato a Milano (la coincidenza per Chiasso scambiata per quella di Chivasso), l’esperienza del Rifugio Torino sul Monte Bianco, il ritorno in città che lo vide diventare in un colpo solo e quasi casualmente il gallerista di una esordiente Gina Pane e il socio di Jean Larcade (il gallerista di Yves Klein, ndr) con la galleria LP220, passando per Calice Ligure, Norimberga e Roma, fino a giungere alla “follia” del trasferimento a Rivara, nel Castello che nell’Ottocento fu sede della Scuola Di Rivara e un secolo dopo sarebbe diventato un’avanguardia mondiale. Fino agli ultimi giorni, una doppia natura lo ha sempre contraddistinto: da una parte il seduttore mondano, comunicatore e girovago per mezza Europa; dall’altra l’eremita, l’inappagato, il centrifugo flaneur circondato da artisti, intento a falciare l’erba del giardino del Castello. Di lui si narra dell’intuito leggendario, della sua capacità inesauribile di risorgere nell’arte dopo esser stato dato per finito più volte, decennio dopo decennio, ma anche di un carattere difficile e imprevedibile. Nonostante una fascinazione del bel mondo, infatti, era più a suo agio al fianco di chiunque fosse ai margini della vita e della morale borghese, e si definiva appunto “uno strano personaggio ai margini dell’arte”. Per questa attitudine poteva costruire rapporti elettivi ma anche profonde idiosincrasie. Alcuni leggendari disaccordi con artisti o galleristi internazionali sono diventati temi goliardici di racconti e si contrappongono invece ad una serie di collaborazioni internazionali e sodalizi così stringenti da portargli paradossalmente maggiori riconoscimenti all’estero che in patria. Ciò che lascia al mondo è il frutto dello sguardo rivolto verso ogni sommovimento, verso ogni segno che lui ritenesse “significante” e verso ogni nuova occasione di innovare il proprio linguaggio. Nonostante il culto della novità, però, FP ha sempre detestato ogni forma di “consumismo” del pensiero artistico ed ha cercato di essere estraneo al concetto di mode. Per evitare di ricadervi ha messo in atto quella che lui amava definire una “verifica continua”, alternando mostre grandi a mostre piccole (dette di segnalazione) che gli permettevano un confronto perenne sulla “spinta” di una determinata scelta effettuata. Fino agli ultimi giorni di vita la sua ossessione era rimasta quella di capire quali fossero i nuovi movimenti, le ideologie a venire di un’era in cui tutti i riferimenti sicuri sembravano spariti alla vista. Abbiamo già accennato al lavoro con Gina Pane (1969-70), prima assoluta in Italia, e continuiamo con una selezione stringata dell’attività espositiva fino ai giorni nostri, consapevoli della finitezza di un elenco riassuntivo come questo. Nei primi anni Settanta abbiamo le mostre di Luigi Ontani, Roman Opalka, Tania Moreaud, Jean Pierre Reynaud e Joseph Beuys. Le performance di La Monte Young, Marian Zazeela, Pandit Pran Nath e Terry Riley (1971). Poi l’incontro con l’azionismo viennese di Hermann Nitsch e Arnulf Rainer (1972-73). Anche qui tutte prime volte. Poi Giuseppe Chiari, Ugo La Pietra, Gianni Piacentino, Giorgio Ciam, Aldo Mondino e le attività di Calice Ligure con la serie chiamata “A Calice ligure non c’è il mare”. Poi ancora Luigi Ontani e Pier Paolo Calzolari. Si passa agli anni ’80 con le numerose mostre di Alighiero Boetti, Edward Kienholz, ancora Calzolari, Nitsch e Mondino, Paul Renner, Pino Pascali. L’inizio del Castello di Rivara, con la sua rocambolesca storia, è datato 1985. “Un giorno Aldo Mondino mi disse: andiamo a vedere un posto, e dopo averlo visto la mia prima reazione fu: ma sei pazzo, non ci penso nemmeno…” Comincia la lunga serie di mostre degli artisti Sergio Ragalzi, Salvatore Astore, Ferdi Giardini, e comincia anche la grande collettiva annuale “permanente” denominata Equinozio d’Autunno (inizio nel 1987). Dal 1986, con la sorprendente mostra di Aldo Mondino, al 1989 con l’incontro degli artisti inglesi (Julian Opie, Angela Bulloch, Richard Wentworth….) e tedeschi (Stephan Balkehnol, Bernd & Hilla Becher, Isa Genzken, Candida Höfer, …..) Tra la fine degli anni ’80 si consolida la presenza del gruppo di matrice milanese (ma non solo) composto da Umberto Cavenago, Marco Mazzucconi, Maurizio Arcangeli, Luca Vitone e Maurizio Vetrugno. Gli anni 90 sono gli anni delle grandi mostre personali di Candida Hofer e Hermann Pitz, John Armleder, Dan Graham, Gordon Matta-Clark, Paul Thek e la collettiva “Itinerari” con le installazioni site-specific di Felix Gonzales-Torres. Nel 1992 è poi celeberrima e celebrata la mostra “Viaggio a Los Angeles” con le residenze di Raymond Pettibon, Charles Ray, Paul McCarthy, Larry Johnson, Lari Pittman, Jeffrey Vallance. Sempre nel 1992 è “Il gioco del pensiero” a cura di Angela Vettese e Una Domenica a Rivara con il soggiorno al Castello di Maurizio Cattelan che termina con la realizzazione dell’iconico intervento della “Fuga dal Castel Vecchio “ che diede il titolo alla mostra. Nel 1993 le mostre collettive “Time to Time”, “Menschen Welt” e le mostre personali di Allan McCollum e di Nicus Lucà. Nel 1996 “Pittura”, nel 1998 Boris Michailov e nel 1999 Miriam Cahn. Nei primi 2000 le mostre “Figurare”e Paloma Varga-Waisz, Ogni anno la grande “Equinozio d’Autunno” e l’inizio della centralità del Centro di Documentazione. In parallelo la vita artistica per Franz Paludetto ha un altro centro fondamentale che è Norimberga. Li agli inizi degli anni 2000, con l’aiuto della seconda moglie Carolin Lindig, sposta per anni parte della sua attività con la creazione della galleria Lindig in Paludetto, ponte “artistico” ideale tra Italia e Germania che ha caratterizzato gli ultimi 25 anni della Sua carriera. Intorno al 2010, attraverso l’esperienza romana di un piccolo spazio espositivo nel quartiere San Lorenzo il parterre si arricchisce di un gruppo di artisti come Daniela Perego, Elvio Chiricozzi, Oreste Casalini… “Su Nero Nero” è invece una grande mostra del 2011 che indaga il colore e i materiali in tutte le sue forme. Nella seconda decade del 2000 si consolideranno il Progetto Permanente “Museo di Arte Italiana 19852015”, la nascita ufficiale del Centro Di Documentazione Cartaceo del Castello di Rivara (attualmente a cura di F. Arra). Gli artisti che più ricorreranno in questo periodo sono: Salvatore Astore, Maura Banfo, Domenico Borrelli, Adriano Campisi, Carlo D’Oria, Ferdi Giardini, Paolo Grassino, Enrico Iuliano, Paolo Leonardo, Nicus Lucà, Sergio Ragalzi, Francesco Sena, Luigi Stoisa, Maurizio Tajoli e Guido Airoldi. Nel 2018 c’è “Gotico Industriale” (a cura di F. V. Lacertosa), un passaggio storico della città di Torino dagli anni ’80 ai ’90 e nel 2021 è la volta “Pittura Ambiente I” 2021 (Ibid.). Un ritorno importante alla scelta di giovani che raccontino la contemporaneità e la pittura nel rapporto con i luoghi del Castello. Giovani come L. Arboccò, R. Baragliui, R. Blanco, S. Pigliapochi, A. Spatola, G. Preve, O. Sosnovskaya. Si legge dal testo critico: “È dunque curioso quell’impegno degli esseri umani nel decretare la morte della pittura, quando in realtà è sempre la pittura a dichiarare la morte delle cose”.
SERGIO PERRERO – ELOGIO DELL’IMPERFEZIONE
a cura di Afrodite Oikonomidou
la prima mostra antologica dedicata all’eclettico artista torinese, in programma a Torino dal 16 maggio al 25 giugno, presso lo Spazio Musa (Via della Consolata 11/E).
Sergio Perrero è stato un creativo a tutto tondo che ha spaziato dall’arte alla moda, dall’arredamento alla progettazione di allestimenti, utilizzando l’abilità tecnica nella creazione di manufatti tessili per ottenere prodotti difficilmente catalogabili in un solo genere.
Sergio Perrero – Elogio dell’imperfezione è un omaggio reso ancora più importante e impellente dopo la sua prematura scomparsa nel 2020 che ripercorre una produzione artistica multiforme proponendo al pubblico oltre 80 opere – creazioni mai presentate prima – tra quadri, oggetti di design e arredamento, capi di abbigliamento.
Afrodite Oikonomidou, curatrice della mostra, ci introduce così nell’immaginario pittorico dell’artista: “In un dinamico rapporto tra pittura e stampa, le “Tele” di Perrero sono tracce visibili di un dialogo tra astrazione e fisicità. Narrazioni di mondi incantati con i quali l’autore interpreta esperienze, passioni, dubbi, convinzioni. Metafore di una vita, personali tavole proiettive per le quali non ci vuole nessuna chiave di lettura, tranne quella della sensibilità alla bellezza.”
CHIERI. SERGIO AGOSTI ALLA PORTA DEL TESSILE
Venerdì 12 maggio 2023, alle ore 16.00, nonostante la giornata piovosa, presso il Museo del Tessile di Chieri, nella Sala della Porta del Tessile di via Santa Clara 10, è stata inaugurata la mostra “Sergio Agosti: Off Loom – Oltre il telaio“, curata da Silvana Nota, che sarà aperta fino al 30 maggio.La mostra, vuole essere, a novant’anni dalla nascita e a venti dalla scomparsa di Sergio Agosti, un omaggio ad un pioniere dell’arte tessile attraverso dodici opere facenti parte della Collezione civica “Trame d’Autore”, a cui si aggiungono alcuni prestiti della famiglia dell’Artista.Dopo la presentazione da parte della Dott.ssa Melanie Zefferino, presidente della Fondazione per il Tessile e per il Museo del Tessile, hanno preso la parola il Sindaco Alessandro Sicchiero, l’Assessore alla Cultura Antonella Giordano, la Vice Presidente della Fondazione Laura Vaschetti e Carla Gilardi dell’Ufficio Cultura del Comune di Chieri.Silvana Nota, curatrice della Mostra, ha spiegato brevemente il contenuto delle opere esposte e la vita artistica di Agosti.Erano presenti in sala la vedova dell’artista e le due figlie che hanno ringraziato per il ricordo.
Luciano Berruto
NOVARA: MOSTRA “ARTE IN PICCOLO”
Sabato 13 maggio ’23 è stata inaugurata a Novara, presso la galleria di vicolo della Canonica 3b, sede espositiva del Centro Culturale Artenova, la mostra collettiva “Arte in piccolo”, così titolata perché caratterizzata da opere di piccole dimensioni, che non hanno un tema specifico da seguire.
Relatrice all’inaugurazione è stata la critica d’arte Emanuela Fortuna e l’esposizione, che continuerà fino al prossimo 21 maggio, ad ingresso libero, ha i seguenti orari di apertura: venerdì, sabato e domenica dalle ore 15,30 alle 19,00. La rassegna è caratterizzata da due eventi: “Islanda, terra di colori e di emozioni”, presentazione e video a cura di Carlo Muscarello, iniziativa che si è tenuta lo scorso 14 maggio, alle ore 16,00 e “Gli artisti si raccontano”, con Emanuela Fortuna, che intervisterà il prossimo 20 maggio, alle ore 16,00, quattro partecipanti alla mostra per conoscere le loro origini e tecniche artistiche (Roberto Colombo, Liliana Lozzi, Marco Marroccu, Gabriella Vandone).
Prerogativa dell’esposizione, come è evidente, è stato il limite delle dimensioni delle opere presentate, scelta che certamente è andata controcorrente rispetto ai diffusi canoni che vedono la chiave di lettura principale in opere di grandi dimensioni. Per secoli, in pittura, le piccole dimensioni erano considerate un accessorio non rilevante e per lo più si prestavano agli studi preparatori di opere più grandi.
Per questa rassegna gli artisti sono stati lasciati liberi di scegliere il soggetto da rappresentare ed utilizzare ciascuno la propria tecnica. Sono infatti presenti opere di pittura, acquerelli, disegni, digital art, fotografie, piccole installazioni, piccole sculture.
Gli artisti espositori sono 36, ecco qui di seguito i loro nomi: Albergante Emilia, Angotti Rosanna, Battaiotto Rosanna, Bassani Giugi, Beuf Francesca, Bigotta Daniela, Boglio Eva, Bologna Giorgio, Brandinali Carla, Casiraghi Gianluigi, Colombo Roberto, Crotti Paolo, D’Agostino Caterina, Fornara Teresio, Fusetti Cristina, Galedi Imperia, Gobatto Giannina, Lavatelli Angelo, Lombardi Rossella, Lozzi Liliana, Marconcini Raffaella, Mariotti Sofia, Marroccu Marco, Merlino Melino, Mera Emilio, Mojsi Harka, Muscarello Carlo, Patti Chicca, Patellaro Gigi, Perota Giovanni, Pinton Claudia, Proietti Ivan, Raimo Anna Maria, Vandone Gabriella, Viola Violetta, Zanetti Maria Grazia.
Il salone della galleria è dedicato prevalentemente all’arte figurativa, compresa la fotografia, mentre la prima saletta ospita le opere astratte e informali e la seconda nuovamente lavori figurativi (nelle foto alcuni scorci della mostra). Tra le tecniche proposte è la pittura a primeggiare numericamente, ma anche le altre tecniche sono significativamente presenti. Tra le altre opere ricordiamo il polimaterico lavoro a parete di Giugi Bassani, dal titolo “Il filo della memoria”, dove oltre al “filo” compare una delle sue inconfondibili e caratteristiche farfalle, la scultura in terracotta di Harka Mojsi, dal titolo “Rinascita”, che propone una sensuale figura di donna e la tecnica mista su tavola di Emilio Mera “Abitare il bosco”, dove pittura informale e gestualità segnica si fondono armonicamente, ma tutte le opere esposte meritano di essere osservate con attenzione ed apprezzate perché offrono un esemplare spaccato dell’arte contemporanea della nostra terra e non solo.
Enzo De Paoli
PASTIS TORINO. GEOMETRIE FILIFORMI. IN MOSTRA IN MOSTRA GIACOMO PINTON E RICCARDO PASOTTI
Inaugurazione Gio 18 Mag
Conserveria Pastis P.Zza E. Filiberto 11
Ore 18.30 Nel Contesto di Casa Accademia
A cura Di Ornella Rovera
FONDAZIONE PEANO. MOSTRA MICHELE PELLEGRINO E CRISTIANO LAVALLE “UN CAMMINO DI SGUARDI”
Fondazione Peano ha il piacere di segnalare l’inaugurazione – sabato 20 maggio, alle ore 17,30 – della mostra “Un cammino di sguardi” con fotografie di Michele Pellegrino e Cristiano Lavalle.
La mostra, allestita all’interno delle due sale espositive di Corso Francia 47, è realizzata in collaborazione con Fondazione CRC che ha messo a disposizione le foto del Maestro Pellegrino tratte dall’archivio donato dal fotografo di Chiusa Pesio alla Fondazione bancaria nel 2017, in occasione del progetto Donare. Gli scatti di Pellegrino sul Monte Bianco dialogano con quelli sulla Valle Maira realizzati dal suo Allievo, il fotografo dronerese Cristiano Lavalle. La mostra è la seconda iniziativa del programma espositivo 2023 di Fondazione Peano, anno in cui la fondazione celebra il trentennale di attività.
La mostra, ad ingresso libero e gratuito, sarà visitabile dal 20 maggio al 30 luglio, dal giovedì alla domenica ore 16-19.
MUSEO MIIT. ‘BRUNO MOLINARO. ATTRAVERSO IL TEMPO’
L’esposizione presenta una trentina di opere pittoriche e una scelta di opere grafiche che raccontano il percorso stilistico del maestro dagli anni Sessanta ad oggi. Una ricerca continua che ha fatto del segno e del colore la sua peculiarità, scandendo con coerenza e personalità le varie stagioni creative dell’artista.
‘Bruno Molinaro ha una vita a colori! Lo era da giovane, quando, baule-cavalletto da viaggio a tracolla con oli, pennelli e tavolozza si dedicava alla pittura en-plein-air scovando punti particolarmente interessanti da dipingere tra boschi, stradine di campagne, spiagge annegate in albe e tramonti o pascoli montani e scorci naturali italiani, svizzeri, tedeschi, francesi… e lo è ancora oggi, quando, sostando nel suo studio, scartabella tra disegni, acquarelli, incisioni, dipinti, progetti e studi di restauri che, nel tempo di tutta una vita, ne hanno accompagnato la ricerca e la passione. È proprio questa che affascina, della sua arte e dell’uomo, quel suo scrutare curioso e profondo chi osserva un suo quadro, attento sempre al giudizio, allo scambio di opinioni, come a volersi ancora e sempre mettere in gioco, pur consapevole del suo mestiere, della propria identità di artista solido e caparbio, di studioso dell’uomo e del bello. Bruno Molinaro, con i suoi colori infuocati, con le silenti e metafisiche figure, le composizioni rigorose e monumentali nel loro impianto prospettico e visionario assume la statura del grande maestro, completo, risolto, unico nella cifra stilistica. Una personalità pittorica che ha già inciso profondamente nella pittura italiana e non solo tra la seconda metà del Novecento e i giorni nostri, destinata a rimanere come simbolo di una ricerca condotta sempre tra l’impressione del bello di natura, così caro al paesaggio e alla pittura di soggetto tipica della nostra tradizione e l’espressività di un’anima irrequieta e perennemente in viaggio, in ricerca. Bruno Molinaro ci insegna soprattutto questo: a vivere con amore, professionalità e uno straripante entusiasmo ciò che, nella vita, di più si ama’ (Guido Folco).
LEGGEREZZE. Acquarelli, che passione!’
L’esposizione collettiva, curata da Elio Rabione, presenta una selezione di opere realizzate ad acquerello da artisti contemporanei. Una disciplina tra le più antiche e affascinanti della storia dell’arte, che ha caratterizzato l’arte orientale fin dall’antichità, per poi avere un forte sviluppo in particolare tra Sette e Ottocento, prima con gli artisti del Grand Tour, che annotavano le proprie emozioni di viaggio su taccuini splendidamente acquarellati, oppure con i cartografi che seguivano le campagne di guerra che imperversavano in Europa, tracciando autentiche mappe e vedute dei campi di battaglia, poi con la grande e florida stagione pittorica ottocentesca, in particolare inglese, francese e americana, ma non soltanto.
Nell’ambito della mostra anche un omaggio dedicato al noto scultore Sergio Unia, che presenta alcune opere dal tipico modellato plastico, classico e romantico.
Nel corso delle due esposizioni, venerdì 19 e 26 maggio, dalle ore 19 alle 20.30, si terranno anche gli ormai consueti appuntamenti che uniscono l’arte e le nostre eccellenze con le degustazioni di vini accompagnate dal nostro sommelier e dai produttori di ‘Baccademy’. ‘Baccademy’ è infatti il progetto che unisce in esclusiva il Museo MIIT di Torino e i produttori che fanno parte dell’associazione per sviluppare al meglio la sinergia tra arte, bellezza e eccellenze.
La visita guidata alle mostre sarà quindi arricchita da un percorso sensoriale che fonde magistralmente colore, gusto, territorio, salute.
MOSTRA PERSONALE ‘BRUNO MOLINARO. ATTRAVERSO IL TEMPO. Grafica e dipinti dagli anni ‘60’
MOSTRA ‘LEGGEREZZE. Acquerelli, che passione!’
MUSEO MIIT – DAL 16 MAGGIO AL 1 GIUGNO 2023
Museo MIIT – Corso Cairoli 4 – Torino
Orario mostra: da martedì al venerdì 15.30-19.30; sabato 10-12.30 e 15.30-19.30; domenica 10-12.30
TRA ARTE E LETTERATURA: I RACCONTI DI SILVIO CHIABERTO
In occasione del Salone del Libro numerose iniziative trasformano Torino in una straordinaria e coinvolgente biblioteca. Alla Galleria La Conchiglia di Diana Casavecchia, in via Zumaglia 13 bis, è stato presentato l’ultimo libro di Silvio Chiaberto “La girandola” e altri racconti, pubblicato dalle Edizioni Sabinae (2023), che, dopo “L’eremita” del 2020, conferma l’essenza di un linguaggio sempre controllato nella resa delle immagini di una rivisitata quotidianità. Si avverte nei suoi racconti una singolare interpretazione del fluire dei giorni tra ricordi, sottili emozioni e riflessioni sul valore degli affetti e degli incontri lungo il cammino dell’umana esistenza. E questa seconda raccolta, come la precedente, è stata presentata al pubblico da Simone Casavecchia, direttore editoriale delle Edizioni Sabinae di Roma, mentre la narrazione “affonda le sue radici in un terreno soffice, fatto di realtà e di sogni – come scrive nella puntuale prefazione Gianna Ferraris – che si mescolano, talvolta generando inquietudine che però non manca di strizzare l’occhio all’ironia”.
Una lettura, quindi, dei contenuti e della scrittura di Silvio Chiaberto che rivela un percorso che, dagli anni legati alla professione di avvocato penalista agli studi in materia monastica, specie sulla storia dell’Ordine Certosino, non ha mai perso di vista i mutamenti e le innovazioni, quanto mai complesse, del mondo dell’arte figurativa. Dalle conferenze tenute all’Abbazia di Novalesa alla vacanza del personaggio Giovanni in Normandia, affascinato dalla visione di Mont St-Michel, dagli alpini nelle trincee italiane alle intensissime pagine del racconto “La girandola”, affiora sensibile e profondo il dialogo di Chiaberto e la propria interiorità.
Un dialogo che ritroviamo nella collettiva “Il fuoco” allestita, durante questo incontro letterario, nelle sale della “Conchiglia” e che rispecchia l’impegno degli artisti presenti con dipinti astratti o informali, ironici o piacevolmente fogurativi, ricchi di colore e altri con simbologia religiosa, sino alla fotografia. E, così, si scoprono le sensazioni figurali delle opere di Graziella Alessiato, Lorena Balestri, Piero Balossino, Paola Bradamante, Maria Brosio, Giusy G. Ciliberti, Luisella Rolle, Franco Tomatis, Gianbar e Alfredo Ciocca. Immagini e impressioni che fanno parte di una stagione segnata, inoltre, dalle esperienze di Fiorella Corte, Donato De Ieso, Claudio Fresia, Francesca Gabriele, Fanny Ghirelli, Anna Manna, Giusy Mellà, Silvia Rege Cambrin, Gianni Spaterna ed Eleonora Tranfo.
Angelo Mistrangelo
BIELLA. MUSEO DEL TERRITORIO INAUGURA UNA NUOVA MOSTRA: SEGNO E DISEGNO
Il linguaggio artistico di Giorgio Griffa incontra l’eccellenza tessile Biellese
Dopo il grande successo dell’esposizione a tema egizio “Da Taaset a Tutankhamon”, nelle sale espositive al piano terreno del Museo del Territorio Biellese si inaugura una nuova mostra sabato 20 maggio 2023, alle ore 17,30: protagonista sarà la pittura di un grande artista contemporaneo, Giorgio Griffa. Visibili nei grandi musei del mondo (come la Tate Modern Gallery di Londra, il Museo del 900 di Milano, il Castello di Rivoli e il Dallas Museum of Art negli Stati Uniti), le opere di Griffa si distinguono per la peculiare progressione di Segni primari, su tele prive di telaio e cornice. Linee e segni che si configurano come interventi ogni volta differenti per spessore e per colore, su superfici segnate dalle sottili piegature della tela, che formano una griglia di ombre e luci, risultato dell’incontro tra le memorie del gesto e del segno. «Io sono convinto – ha spiegato Griffa – che la pittura ha questa memoria così forte, così importante, per cui l’unico gesto che mi resta da fare è quello di mettere il pennello, la mia mano al servizio della pittura». Dal 20 maggio al 2 luglio 2023, un’esposizione a ingresso libero che sarà molto interessante anche per bambini e ragazzi in età scolare, per conoscere un autore che ha saputo far suo il supporto per il quale il territorio è famoso nel mondo: il tessuto. E grazie alla collaborazione con Reda, nota eccellenza tessile biellese, che fornirà parti di pezze di lana, i più piccoli potranno cimentarsi in attività didattiche che li porteranno a creare la loro opera, prendendo spunto da quelle in mostra.
Racconta Rocco de Ruvo, curatore dell’evento: «L’apprezzamento verso la produzione artistica di Giorgio Griffa nasce non più tardi di 5 anni fa grazie a Davide Volpe, caro amico e fine collezionista che mi ha affiancato in questa appassionante avventura. La sensazione che mi lasciò la visione di un’opera del Maestro, apparentemente così semplice nella sua definizione, fu così emozionante da stimolare la curiosità di capirla, conoscerla, comprenderla ed entrarci in sintonia». Così de Ruvo iniziò a frequentare mostre, gallerie e fiere d’arte, approfondendone la conoscenza. Un percorso che oggi, grazie alla preziosa collaborazione dei tanti soggetti coinvolti, sfocia in una mostra d’arte di ampio respiro che si pone l’ambizioso obiettivo di abbracciare l’intero arco produttivo del maestro torinese, che con la sua produzione sta lasciando un segno indelebile nel panorama contemporaneo internazionale.
L’Assessore alla cultura del comune di Biella, Massimiliano Gaggino, dichiara: “Con questa mostra sull’artista internazionale Giorgio Griffa concludo, con un anno di anticipo e non per cause dipendenti da me (per la ristrutturazione dei locali), l’attività di organizzazione delle esposizioni al nostro Museo del Territorio. Termino con dispiacere per le tante opportunità culturali che avevo in mente di pianificare al Museo del Territorio ma purtroppo così è. Sono invece molto soddisfatto di aver portato un artista come Giorgio Griffa perché è uno degli esponenti più importanti dell’astrattismo e mi pareva straordinario farlo conoscere ai Biellesi ed anche ai bambini del nostro territorio che grazie ai laboratori potranno avvicinare questa tecnica artistica per meglio comprendere l’evoluzione della storia dell’arte”.
Il progetto è nato grazie alla collaborazione di: Massimiliano Gaggino, assessore alla Cultura; Rocco de Ruvo, ideatore della mostra, collezionista e grande estimatore delle opere e dell’attività artistica di Giorgio Griffa; architetto Davide Volpe, collezionista; Vincenzo Rotondo, curatore del padiglione della Repubblica di San Marino alla Biennale di Venezia 2022; Liuteria Minuta di Carolina Venturin per la musica.
Orari – giovedì: 10-14 | venerdì: 14-18 | sabato, domenica e festivi: 10-18. Ingresso gratuito