Peste suina: le zone infette aumentano
Sono sempre di più i nuovi casi riscontrati nel territorio italiano di peste suina africana (PSA), la più grave malattia diffusiva dei suini domestici e dei cinghiali. Se all’inizio del 2022 nella zona infetta vi erano 78 comuni piemontesi e 36 liguri, a distanza di poco più di un anno, ad inizio maggio 2023, la malattia è stata confermata in Lombardia, Lazio, Calabria e Campania, in alcune carcasse di cinghiale. Siamo dunque di fronte a un’infezione migrante, un virus presente in tutto il territorio che allarma allevatori e trasformatori. Nonostante la pericolosità del virus, l’inesistenza di un vaccino e il tasso di mortalità elevato, la PSA non rappresenta alcun pericolo per la salute dei cittadini in quanto non trasmissibile all’uomo. Si tratta comunque di una grave minaccia a livello socio-economico poiché la diffusione di questa malattia inciderebbe sul turismo sostenibile, sulla redditività degli allevamenti e l’esportazione dei relativi prodotti verso paesi terzi. Per questo motivo l’associazione ambientalistica Legambiente ha reputato necessario il riconoscimento di indennizzi in via emergenziale e iniziative di rilancio rivolte a tutte le attività economiche e professionali danneggiate in modo diretto o indiretto dal virus. Al fine di ridurre l’aumento dei casi, la richiesta di Confagricoltura(organizzazione di tutela e di rappresentanza delle imprese agricole) è di adottare una politica immediata e seria finalizzata a ridurre l’abnorme presenza dei cinghiali. “Attualmente l’attuazione delle misure è stata disomogenea nelle diverse realtà regionali, determinando una frammentazione degli interventi e una loro mancanza di uniformità di applicazione – spiega il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti – questa disomogeneità ha dunque provocato l’espandersi dei casi di positività nei cinghiali in aree sempre più diffuse, con una minaccia concreta al sistema degli allevamenti suinicoli che non possiamo più accettare». Timoroso di giungere in brevi tempi a un “punto di non ritorno”, il Vet. Giancarlo Belluzzi (specialista in igiene ed economia sanitaria) propone in aggiunta alla biosicurezza individuale degli allevamenti, di copiare i modelli di lotta del Belgio: “Recinzioni robuste, battute centripete sistematiche, coinvolgimento di tiratori addestrati e coinvolgimento dell’esercito. Se non ci salva il depopolamento saremo disperati”.A questo proposito nel corso del 2022 è stata istallata una recinzione di circa 160 km e strutture temporanee che coinvolgono oltre 40 comuni tra Piemonte e Liguria utili al rallentamento dell’onda epidemica. “Cominceremo a dare forte impulso sulla fase di depopolamento e soprattutto la riduzione degli animali nei centri abitati che rappresentano per la peste suina un motivo di seria preoccupazione – spiega Vincenzo Caputo, attuale commissario straordinario perla peste suina africana – sono inoltre convinto dell’importanza che il mondo del volontariato della caccia può rappresentare uno straordinario strumento di bioregolazione qualora venga ben coordinato dalla parte pubblica con regole di ingaggio molto chiare”.
Luigi Marsero