Trofarello – Quando parlare di integrazione fa riscoprire il senso di comunità
Si è tenuta ieri la serata organizzata dal Comitato Genitori e dedicata alle problematiche dell’integrazione. Si è parlato del conoscere ‘gli altri’ per non averne paura, superando i luoghi comuni (intesi come preconcetti) per creare luoghi comuni intesi come spazi condivisi, realmente di tutti, quali facenti parte della stessa comunità, nel rispetto delle reciproche differenze.
Il Comitato Genitori ha, con coraggio, affrontato un problema scottante dei nostri tempi, con l’ausilio della professoressa di antropologia Cecilia Pennacini, scienza che studia l’essere umano e le relazioni sociali.
Serata interessante e vivace, tutt’altro che ‘accademica’ (nel senso negativo di noiosa ed istituzionale).
Con l’ausilio di un film-documentario che ha raccontato visivamente la quotidianità di un adolescente, egiziano nato in Italia, immigrato di seconda generazione, i numerosi partecipanti hanno potuto ‘toccare con mano’ le problematiche del vivere di ogni giorno di chi si trova a nascere e crescere in un Paese che non riconosce loro la cittadinanza automaticamente. Un Paese nel quale vivono la scuola, hanno amici ed amori, assorbono le mode ma che, al tempo stesso, vivono con e nelle loro famiglie di origine, spesso scontrandosi all’interno del loro stesso nucleo familiare con altri usi, costumi, mentalità.
Una dicotomia che rende ancora più difficile il periodo adolescenziale, sempre e comunque fase di transizione legato al ‘farsi adulto’, non avendo ancora una coscienza precisa di sé stessi.
Da lì la professoressa Pennacini e la dottoranda Erika Grasso hanno avviato un dibattito ampio ed approfondito che ha toccato argomentazioni disparate, dalle etnie alla definizione di ‘cultura’, dalla conoscenza linguistica e storica che permette di comprendere gli ‘altri’, al vantaggio di crescita reciproca che porta il riuscire davvero a creare integrazione.
Sarebbe già stato sufficiente tutto questo a rendere questa occasione di incontro un evento di crescita personale e collettiva, ma non basta. Gli interventi del pubblico, attento e partecipe, hanno donato un tocco in più. Sono state portate le testimonianze dei volontari di Croce Rossa che accolgono i migranti, dei giovani CRI che nelle scuole portano avanti progetti di respiro internazionale volti a facilitare l’accoglienza degli ‘altri’, e esperienze reali di persone arrivate da fuori Italia che qui hanno trovato “la libertà”, queste le parole usate. Voci commosse e commoventi di chi è grato a questo Paese per quanto ricevuto, e si sente di voler ricambiare offrendo ora, a sua volta, opera di volontariato.
Si è parlato di diffidenza verso chi non è come noi, e di diffidenza subita. Perché, come in uno specchio, anche ‘noi’ quando andiamo ‘altrove’ siamo visti come ‘altri’. È il caso della volontaria che ogni anno si reca in Africa e, capita, venga additata con sospetto come la ‘bianca’.
Mille aspetti e mille sfaccettature, in un incontro condotto con grazia, serietà ed una consona punta di leggerezza in alcuni momenti, che ha lasciato molto in chi ha partecipato.
Compreso un bel senso di comunità locale, con la presenza, in questo periodo caldissimo, di persone politicamente impegnate di quasi tutte le liste presenti nella corsa elettorale, ma così rispettose dell’argomento e della situazione da non evidenziare in alcun modo questo loro ruolo negli interventi che hanno fatto.
Insomma, parlare di integrazione ha, almeno per una sera, ricreato davvero quell’integrazione tra parti avverse che, al di là di buonismi e atteggiamenti di facciata, da qualche tempo era stata travolta dalla frenesia elettorale.
È stata una bella serata davvero, pensata per fornire gli strumenti di riflessione necessari a immaginare un futuro di vera fusione tra ‘noi’ e gli ‘altri’, due stereotipi anche questi, perché tutti siamo persone, persone e basta. Un seme per il futuro è stato piantato, e la piccola pianta del parlare serenamente, senza pensare solo alle urne, è già nata.
Bravissimi. Tutti.
Sandra Pennacini