Natale, Chieri, il tessile, l’impatto ambientale: qualche riflessione
Ultimi giorni per lo shopping di Natale. Uno sguardo sull’immenso impatto ambientale dell’industria tessile e il business del Fast fashion
Questo conciso pezzo è stato ispirato da alcune concomitanze che si sono radunate in questo periodo:
- il triste compimento della COP 28 a Dubai, con un nuovo disaccordo mondiale sui combustibili fossili;
- il forte richiamo di Papa Francesco (assente a Dubai per questioni di salute) sulla disattenzione dei “grandi” nei confronti della de-
- l’appropinquarsi del Natale, sempre meno festa ascetica, sempre più corsa allo shopping, dove il vestire è in prima fila;
- il recente reportage sul “Giardino Senza Età” di Chieri, impantanato tra ipotetici residui inquinanti ancora presenti nell’area della ex manifattura Tabasso.
Quest’ultimo argomento, eredità del tessile passato industriale di Chieri, è il trait d’union con gli altri e con l’indagine che ne è scaturita, proiettando la curiosità sul forte impatto inquinante dell’industria tessile a livello globale.
Dati di Sport Press del 2022 relativi alle attività antropiche più inquinanti, collocano al 6º posto l’industria del tessuto destinato sia all’arredo che all’abbigliamento, responsabile di 1,7 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno. Una quantità in continuo aumento, di pari passo con quello della popolazione, ma non solo.
Altri studi piazzano 2ª l’industria tessile se si somma l’energia prodotta da fonte fossile, impiegata dal reperimento delle materie prime, dal trasporto e la consegna, fino allo smaltimento dell’usato e delle eccedenze.
I tessuti più inquinanti sono quelli sintetici e di bassa qualità, intrisi di coloranti tossici, largamente usati anche in prodotti non sospetti, realizzati in paesi del terzo mondo, senza regole sulla qualità.
Il pile (PL), riciclabile solo in teoria, e altri tessuti sintetici (nylon, poliestere, pvc, elastan), sono i più inquinanti, non solo perché ottenuti da polimeri derivati dal petrolio, ma perché la loro produzione in alcuni casi è triplicata dall’inizio del millennio e molte delle cause sono stipate nei nostri guardaroba.
L’Associazione Ambientale del Lavoro, in un doc. del 2023 riporta che la filiera tessile genera il 20% dell’inquinamento di acqua potabile, dovuta a processi di tintura, finitura e lavaggio di capi sintetici. Imprecisi i milioni di tonnellate di microfibre disperse nei mari. Dunque, tale manifattura è un settore ritenuto tra i più inquinanti del mercato globale.
Tornando a Chieri e ai presunti fanghi tossici sotto il parcheggio attiguo alla ex manifattura Tabasso, ragguagli attendibili dicono che siano stati bonificati e interrati da tempo. E questo è bene. La stessa fonte però, riporta souvenir di gioventù, quando il rio Tepice, dalle parti della tintoria Caselle, di fronte alla tessitura Fil, sovente scorreva dipinto, talvolta verde, altre giallo oppure blu. Quindi narra di una sorgente limpida e naturale chiusa ormai da anni per lo stesso motivo, infine, accenna ad altri casi simili, e poi precisa che molte tessiture chieresi smaltivano i fanghi in modo corretto. E anche questo è bene.
Un altro evento che ha ispirato la ricerca è il boom dello shopping natalizio, al quale è dedicato un momento di riflessione. Dall’inizio del secolo, col dilagare della Fast fashion, l’industria che produce capi ispirati all’alta moda a prezzi contenuti, ha triplicato la produzione, offrendo a tutto il mondo prodotti per tutte le tasche. La pubblicità abusa del termine “sostenibile”, mentre in realtà gli abiti a basso costo sono tutt’altro. Dati di Greenpeace riportano che l’85% degli stessi finiscano la loro vita in discarica.
Di questi, l’Agenzia Europea per l’Ambiente stima che oltre l’80% sia spedita nei paesi del terzo mondo. Una prassi globalizzata battezzata: il “colonialismo degli scarti ”. Non sono prodotti anonimi. H&M, Zara, Mango, Primar, Topshop sono solo alcuni marchi delle “catene fast fashion” che contano migliaia di negozi in tutto il mondo. Società che creano i bisogni della moda usa e getta, attraverso un marketing che si rivela alquanto redditizio. Una ricchezza che vede la sua genesi in qualche parte remota del pianeta, dove manodopera sfruttata lavora senza diritti né sicurezza, realizzando un look fugace e inquinante, per il nostro occidentale bisogno di precarietà. E questo è male.
Secondo questi dati, oggi la Fast Fashion è la causa di oltre il 10% delle emissioni serra sul pianeta, perciò, questo è un invito a selezionare il regalo di Natale. Saper scegliere con testa e con gusto è un gesto di maturità, ospiti di un Mondo stanco di saccheggi e storico materialismo, perpetrati dall’umanità.
A tal proposito, l’enciclica di Papa Francesco “Laudato sì”, redatta nel 2015, aveva evocato la giusta via, nel nome di Dio o chi per Lui, ricordando che siamo tutti su un’unica palla vivente, miracolo che ruota a spasso nell’universo, fragile e unica casa nelle mani della nostra razza.
Carlo Mariano Sartoris