Quando “Campanile Sera” sbarcò in Piazza Dante e 20 ragazzi chieresi vinsero a “Come quando fuori piove”
di Valerio Maggio
La Televisione Italiana, all’inizio del mese di gennaio, ha compiuto settant’anni «nel momento in cui – come scrive Aldo Grasso sul Corriere delle Sera del 31 dicembre – alle 11 in punto del 3 gennaio 1954, con tre cerimonie inaugurali (Milano, Torino e Roma) iniziano ufficialmente le trasmissioni della Rai». «Nel 1954 l’Italia era un Paese povero – ricorda ancora Grasso – (…) e siccome un apparecchio televisivo costava più di 215.000 lire (…) l’avvento della tv fu all’inizio un evento per pochi fortunati». «Grazie al cielo – prosegue – c’erano i bar, le osterie, le società di mutuo soccorso, gli oratori che trasformarono la visione in un’occasione di incontro sociale». «Di solito – precisa ¬¬- il televisore era posto sul trespolo e una scritta minacciosa turbava la visione dei più distratti: ‘Consumazione obbligatoria’, sovrastata da un’altra che intimava: ‘Non toccate la televisione!’, non il televisore». Chissà che se tali severi prescrizioni indirizzate ai primi curiosi frequentatori – che, in poco tempo, saranno sempre più numerosi fino a diventare una vera folla quando, il giovedì sera, sugli schermi appariva un giovane Mike Bongiorno nella trasmissione ‘Lascia o Raddoppia ?’ – erano presenti nei bar chieresi che per primi si dotarono di un apparecchio televisivo? Non possiamo saperlo. Sappiamo però che soltanto quattro: ‘Nazionale’, ‘San Filippo’ (via Palazzo di città ora Abbigliamento Maison W), ‘Bongiovanni’ (via Vittorio ora Profumeria Sinatra), ‘Stazione’ offriranno sin da subito ai loro clienti la possibilità di avvicinarsi alla programmazione televisiva. Per i restanti esercizi e per le ‘associazioni’ l’acquisto dell’apparecchio tarderà assai. Tra i primi a dotarsi di un televisore negli ambienti cattolici – vado a memoria correggetemi se sbaglio – saranno i ‘Gesuiti di San Carlo’ che affideranno la custodia del mezzo a Vitale Badoglio: uno tra i tanti ‘grandi vecchi’ della Congregazione Mariana.
Il lungo articolo sottolinea anche i settant’anni di una televisione «educatrice, egemonica e seriale» suddividendoli in quattro grossi blocchi dal più recente: ‘la tv della convergenza (2011-oggi)’ a quello iniziale: ‘La tv delle origini (1954 – 1974)’.
In quest’ultimo spazio temporale anche Chieri, con i suoi abitanti, appare sullo schermo in diverse occasioni partecipando a programmi ‘leggeri’ ma non solo. Dal Duomo, infatti, un paio di volte viene trasmessa la Messa domenicale mentre all’interno del format ‘Cronache Italiane’ (1967) il direttore del settimanale Cronache Chieresi, Graziano Camporese, interviene sugli scritti di san Paolo. Ma è nella sezione dell’intrattenimento, in quattro casi in particolare, che la presenza della nostra comunità riscuote i maggiori consensi e i più alti indici d’ascolto. Si inizia nel 1956 con la partecipazione a ‘Lascia o raddoppia?’ della contessa Maria Teresa Balbiano d’Aramengo a, dire il vero, non proprio chierese doc ma conosciutissima anche da noi. Si prosegue nel dicembre del 1960 con ‘Campanile sera’ – Chieri vs Cento -. Una trasmissione realizzata negli studi di Milano, affidata ancora a Mike e, ‘in esterna, ad Enzo Tortora, Renato Tagliani ed Enza Sampo (la foto la ritrae all’arrivo in piazza Dante). Un gioco televisivo collettivo che grazie al suo meccanismo era in grado di coinvolgere sia il pubblico che i concorrenti presenti in studio (prof. Bettino Betti, Alfonso Carbellano, Piercarlo Urraci), sia quelli presenti nelle piazze italiane (nel nostro caso componenti delle famiglie Mosso, Toia, Pelosin). Tra la fine del 1971 e l’inizio del 1972 è la volta di ‘Come quando fuori piove’ (in onda la domenica pomeriggio) dove la squadra della nostra città, formata per lo più, da studenti, si conferma campione per sei settimane. Chiude il ciclo mediatico, nel 1973, la partecipazione di Chieri, in quel di Bristol, ai ‘Giochi senza Frontiere’. Si tratta infatti di un periodo – come sottolinea ancora Grasso – in cui veniva ancora assegnato alla tv «un ruolo decisivo nella funzione pedagogizzante nell’autorappresentazione del Paese, nella diffusione di una lingua unitaria, nella sincronizzazione dei ritmi della comunità: la tv come orgoglio sociale».
(Foto Archivio storico Biblioteca, sezione storia locale)