CURIOSITA’ NOVARESI 62. LE ORIGINI DELLA CHIESA NOVARESE E DEL CULTO DI SAN GAUDENZIO
E’ sicuramente interessante provare a descrivere sinteticamente la storia delle origini della Chiesa novarese sulla base di testi e saggi pubblicati nel tempo, a partire da alcuni scritti del noto storico Mario Perotti. Il primo documento che attesta la presenza di una comunità cristiana a Novara è del 356. Si tratta di una epistola di Eusebio, vescovo di Vercelli, in cui lo stesso Eusebio loda la fede e l’impegno cristiano che la comunità di Novara (così come quelle di Vercelli, di Ivrea e di Tortona) stava dimostrando in un periodo particolarmente difficile (lo stesso Eusebio era stato esiliato in Palestina per la sua opposizione alla politica filo-ariana dell’imperatore Costanzo II).
Alla fine del IV secolo però, al tempo degli imperatori Graziano, Valentiniano II e Teodosio, il Cristianesimo cattolico viene riconosciuto come religione di stato. In quell’epoca Novara sta per diventare sede vescovile, quasi sicuramente per iniziativa di Ambrogio, vescovo di Milano dal 374 al 397 (vale la pena di ricordare che in quegli anni Milano era la capitale dell’Impero di Occidente ed erano anche gli anni degli ultimi tentativi di reazione dei sostenitori della religione pagana nei confronti di quella cristiana).
Gaudenzio, benché indicato per il ruolo di vescovo da Ambrogio, fu però consacrato come primo vescovo di Novara da Simpliciano, successore di Sant’Ambrogio intorno al 398. L’episcopato di Gaudenzio ebbe la durata di un ventennio, probabilmente dal 398 al 418. Nel 402 la capitale dell’Impero fu poi portata a Ravenna, ritenuta sicuramente più sicura in quell’epoca di
invasioni barbariche. Basti ricordare che nel 410 i Visigoti di Alarico giunsero in Italia e arrivarono a saccheggiare Roma.
In quei tempi nelle comunità cristiane non mancavano i contrasti, in relazione in particolare alla politica tollerante di alcuni imperatori nei riguardi dell’Arianesimo, che negava la divinità di Cristo, mentre altri gruppi denigravano la verginità consacrata. Tutto questo succedeva in un contesto economico sociale certamente negativo per l’Impero d’Occidente e in questo contesto la tutela dei poveri diventa un impegno fondamentale per il ministero episcopale.
Novara ai tempi di Gaudenzio aveva qualche migliaio di abitanti e dentro le mura vi era il municipium, oltre al foro, al pretorio e alle terme. Gaudenzio probabilmente fece costruire la basilica cittadina, il battistero e la casa del vescovo. Gran parte della struttura paleocristiana del battistero è tuttora esistente (nella foto) al contrario della cattedrale. Questa, trasformata nel duomo romanico, conteneva diverse testimonianze paleocristiane, come confermato dal frammento del mosaico pavimentale da essa proveniente, in cui è raffigurato il Cristo Sole (risalente al V secolo, è riprodotto nella foto), tuttora esistente e a lungo conservato nel cortile della chiesa di S. Lucia. Sul “Cristo Sole” si è soffermato anche Mario Perotti nel suo importante volume “L’antico Duomo di Novara e il suo mosaico pavimentale” (Collana Studi Novaresi dell’Associazione di Storia della Chiesa novarese, Tipografia S. Gaudenzio, Novara 1980). Purtroppo, come si sa, la cattedrale romanica, con le sue testimonianze paleocristiane, fu abbattuta nel secolo XIX per fare posto all’attuale cattedrale antonelliana.
Tornando alla storia delle origini della Chiesa, ricordiamo che i vescovi dirigevano la preparazione al Battesimo con i corsi di catecumenato e Lorenzo, terzo vescovo di Novara, nei suoi scritti accenna alla rinuncia a Satana nel vestibolo del battistero, alla vita nuova testimoniata dalla veste candida ed alla crismazione, simbolo dello Spirito che prendeva possesso del cristiano. Dopo si poteva partecipare alla Eucarestia nella basilica che era vicino al battistero.
Il vescovo, sulla base della legislazione teodosiana, diventa in quei tempi giudice per le cause amministrative e giudiziarie, sostituendosi di fatto all’autorità civile in un’epoca in cui le scorrerie barbariche lasciavano le popolazioni indifese; queste ultime quindi guardavano sempre più spesso allo stesso vescovo come loro unico vero riferimento.
Con la caduta dell’Impero romano del 476 d.C. aumenta la presenza delle genti germaniche, in particolare gli Ostrogoti, mentre la popolazione cittadina diminuisce per guerre e carestie. Ricordiamo qualche nome e qualche fatto di vescovi del periodo. Simpliciano partecipa nel 451 ad un Concilio Provinciale a Milano. Il vescovo Vittore (fine del V secolo) è ricordato come uomo virtuoso e coraggioso. Il vescovo Onorato (tra V e VI secolo) fa costruire un castello per la difesa della popolazione e innalza la Basilica degli Apostoli a Novara sulla via per Vercelli. Poco dopo la guerra tra Ostrogoti e Bizantini peggiora ulteriormente la situazione e il vescovo Filakrio deve rifugiarsi sull’isola di San Giulio, dove muore il 13 dicembre 553.
A Novara, come ovunque, mentre il Cristianesimo si impone in città, la campagna, con la sua popolazione legata ai riti ancestrali pagani (da “pagus”, distretto della campagna), resiste a lungo alla diffusione della nuova religione e, mentre questa si sta diffondendo anche nel territorio, arrivano i Longobardi (568 d.C.), un popolo germanico in armi guidati da un’aristocrazia e da un re guerriero.
Questi si organizzarono dapprima per “Fare” e poi in “Ducati” e la loro capitale fu Pavia. Dal punto di vista religioso i capi erano ariani, mentre la popolazione aveva ancora culti pagani. I primi quarant’anni dall’arrivo dei nuovi invasori furono particolarmente duri soprattutto per gli aristocratici romani e i vescovi che in parte vengono eliminati fisicamente. In molti luoghi i vescovi fuggirono, come quello di Milano che scappò a Genova, mentre in qualche caso trattarono con i Longobardi e poterono restare anche se in un ruolo decisamente subalterno, come potrebbe essere avvenuto a Novara, visto che si conoscono i nomi di 18 vescovi che si succedettero durante gli oltre due secoli di dominazione longobarda.
Certo persero però comunque le importanti funzioni precedentemente esercitate nelle cause amministrative e civili. La conversione dei Longobardi inizia alla fine del VI secolo grazie alla regina Teodolinda, aiutata in questo da monaci missionari, e grazie a Gregorio Magno, papa dal 590 al 604.
La conversione si intensificò nel VII secolo. Papa Vitaliano infine completò il progetto della rievangelizzazione del nord dell’Italia inviando missionari cattolici presso la corte longobarda. Nelle campagne in quest’opera di diffusione dei vangeli e della religione cristiana presso la popolazione rurale la Chiesa cercò di cristianizzare anche forme di religiosità naturalistica, come il culto di alcune sorgenti. All’inizio del
secolo VIII i vescovi tornarono ad esercitare parte delle loro antiche funzioni in campo civile, anche se solo per la popolazione di origine latina. Dell’epoca longobarda si possono ricordare, tra i vescovi novaresi, Graziano, che nel 680 sottoscrive la condanna dell’eresia monotelita, e Grazioso, il cui episcopato è citato in un documento del 729. Questo documento mostra che i Longobardi, ormai inseriti nelle strutture della Città, sono anche convertiti al Cristianesimo ortodosso. Il testo rappresenta anche la prima testimonianza storica del culto a San Gaudenzio.
E’ questo il tempo in cui si sviluppa il culto dei santi locali, compreso appunto quello di San Gaudenzio, che continua tuttora con grande folla di Novaresi nel giorno della festa patronale. Gaudenzio (nella foto l’immagine di San Gaudenzio) è il primo vescovo di cui viene scritta la vita. Egli viene presentato come protettore della Città e potente contro gli incendi e le malattie. La sua festa inizialmente sarà il 3 agosto, giorno della sua probabile “depositio”. Solo nella seconda metà del secolo X gli furono dedicate due feste, quella antica di agosto e quella nuova del 22 gennaio, appunto il giorno della attuale festa patronale novarese. Ciò perché quest’ultima data è collegata con l’antica liturgia stazionale (cioè la messa celebrata con solennità dal vescovo) dei canonici del Duomo alla chiesa di S. Gaudenzio fuori le mura (ai tempi in cui la basilica era fuori le mura nell’area dell’attuale via XX Settembre che vediamo nella foto).
Enzo De Paoli