PIEMONTE ARTE: BIASUCCI, MAYER, ELEGANZA UNIFORME, BORMIDA GOTICA, ARTENUMERO, FORTE DI GAVI…
Coordinamento redazionale di Angelo Mistrangelo
GALLERIE D’ITALIA. ANTONIO BIASUCCI. ARCA”
Intesa Sanpaolo apre al pubblico dal 27 giugno 2024 al 6 gennaio 2025 alle Gallerie d’Italia – Torino la mostra Antonio Biasiucci. Arca a cura di Roberto Koch. Terzo capitolo del progetto “La Grande Fotografia Italiana”, avviato nel 2022 con la mostra di Lisetta Carmi e continuato nel 2023 con Mimmo Jodice, per omaggiare i grandi maestri della fotografia del Novecento del nostro Paese. Con oltre 250 fotografie dell’artista, la mostra rappresenta una delle più importanti e complete retrospettive su Antonio Biasiucci, coprendo un periodo molto ampio della sua produzione artistica.
Antonio Biasiucci, nato a Dragoni (CE) nel 1961, è tra i maestri contemporanei più interessanti e innovativi della fotografia d’autore in Italia, ricevendo riconoscimenti anche in ambito internazionale. Per Biasiucci la fotografia è puro pensiero, e la sua pratica si ispira a una versione assoluta del linguaggio: un lavoro complesso ma preciso che semplifica, forse addirittura scarnifica, il gesto fotografico in un rinnovare continuo di forme alla ricerca di simboli assoluti, dimostrando spessore contenutistico e profondità espressiva.
A GARESSIO GIORGETTO GIUGIARO PRESENTA LA GRANDE TELA: “IL BATTESIMO DI GESÙ”
Chiesa di San Giovanni Borgo Maggiore Garessio (CN)
Non tutti conoscono la passione per la pittura figurativa di Giorgetto Giugiaro. Una passione maturata e tramandata in famiglia: nonno e padre erano decoratori, affrescavano chiese e nobili palazzi, e anche il giovane Giorgetto era indirizzato su binari artistici.
Le contingenze storiche e le necessità pratiche hanno poi condotto Giorgetto Giugiaro verso il disegno industriale, regalandogli una carriera longeva e ricca di successi e riconoscimenti, ma l’amore per il disegno puro, per la pittura e la ritrattistica è sempre rimasto vivo, tanto da essere portato avanti in parallelo all’attività lavorativa.
“Oggi mi trovo con un’attività di progettista ormai consolidata” – dice appunto Giorgetto – “con maggior tempo a mia disposizione, dato che mio figlio Fabrizio prosegue con impegno e costanza questo percorso, in cui mi ritrovo io a essere il suo consulente. Questo tempo che ho ricavato lo dedico alla mia passione per la pittura, senza nessuna ambizione di avventurarmi nel mondo dell’arte, ma semplicemente il desiderio di dipingere e illustrare avvenimenti che si riferiscono al borgo dove sono nato”.
Il borgo in questione è Garessio, un piccolo paese in provincia di Cuneo, sulle Alpi marittime, nel Nord Ovest dell’Italia, a cavallo tra mare e montagna. La concretizzazione di questo desiderio sono le grandi tele che ora abbelliscono la chiesa consacrata a San Giovanni Battista.
Tele che raffigurano momenti significativi della passione di Gesù Cristo e che, pur traendo ispirazione dall’iconografia classica e dai grandi maestri del passato, hanno la particolarità di “rappresentare una rappresentazione”: ogni cinque anni, infatti, gli abitanti di Garessio mettono in scena la Sacra Rappresentazione Medievale del Mortorio, e Giorgetto Giugiaro ha voluto rinnovare e valorizzare questa tradizione raccontandola, insieme ai suoi protagonisti, attraverso la pittura.
L’ultima grande tela realizzata da Giugiaro, che viene esposta e presentata pubblicamente per la prima volta il 22 giugno 2024, alle ore 17.30, presso la Chiesa di San Giovanni, ha invece come soggetto il Battesimo di Gesù, compiuto da Giovanni Battista sulle rive del fiume Giordano, ed è un sentito omaggio alla chiesa che la ospita insieme alle altre opere.
“La mia pittura vuole illustrare i momenti di queste rappresentazioni sacre ancora vive, con l’intento di ritrarre i veri protagonisti: sia quelli attuali che quelli del passato, grazie a foto di repertorio” – ribadisce Giorgetto – “ho voluto arricchire la chiesa e questa ritualità con quattro quadri di cui l’ultimo, presentato in questa occasione, dedicato non al Mortorio ma proprio alla chiesa: il momento in cui Giovanni Battista battezza Gesù. Nessuna ambizione personale, ma una semplice e appassionata interpretazione di quel momento”.
In contemporanea alla presentazione della tela nella piazza antistante la chiesa saranno esposte tre vetture storiche di differenti epoche che segnano la storia personale, professionale e imprenditoriale di Giorgetto e di Fabrizio Giugiaro: l’Alfa Romeo 2600 del 1960, la Giugiaro Structura del 1998 e la GFG Kangaroo del 2019.
BUBBIO. RENÉ MAYER. MUTAZIONI FURTIVE
a cura di Luca Beatrice
14 giugno – 18 agosto
SAB Spazio Arte Bubbio | Bubbio (AT)
Da anni René Mayer, artista svizzero che ama l’Italia, in particolare la Langa astigiana nel Sud del Piemonte, si esprime attraverso la pittura astratta, attraverso un lavoro lento, stratificato, ottenuto attraverso una perizia artigiana. Allo stesso tempo Mayer si è accorto che l’astrazione oggi è un linguaggio vicino alla realtà: pur non descrivendola la interpreta. Così le sue Mutazioni furtive studiano in maniera simbolica quei mutamenti impercettibili dei nostri comportamenti, cui sembriamo non dar retta, e che invece possono innescare alla lunga reazioni dagli effetti devastanti. Attraverso una pittura piacevole e colorata Mayer affronta, in maniera furtiva, temi complessi quali l’ambiente e il rapporto con la natura.
A Bubbio, nel cuore della Langa astigiana nel sud del Piemonte, sorge SAB Spazio Arte Bubbio, un luogo nuovo dedicato all’arte contemporanea che da sabato 14 giugno ospiterà la mostra Mutazioni furtive di Rene Mayer.
PINEROLO. MOSTRA “ELEGANZA IN UNIFORME: UN RACCONTO DI MODA E STORIA MILITARE”
Museo della Cavalleria di Pinerolo
16 giugno – 14 novembre 2024 – Ingresso gratuito
Si è aperta al pubblico domenica 16 giugno “Eleganza in uniforme: un racconto di moda e storia militare”, la mostra organizzata dal Consorzio Turistico Pinerolese e Valli al Museo Storico dell’Arma di Cavalleria di Pinerolo, in via Giolitti 5. Un’esposizione che rimarrà aperta, con ingresso gratuito, per accogliere i turisti tutta l’estate e l’autunno, offrendo l’opportunità di esplorare la connessione tra moda femminile e uniformi militari dal 1849 al 1943, attraverso la storia della Scuola di Cavalleria.
Una quarantina i capi presenti, ai quali si sommano cappelli, copricapi e corsetti. La mostra, curata da Laura Tessaris, storica del costume, esplora non solo le trasformazioni stilistiche ma anche le storie umane che si celano dietro le vesti per un viaggio nella storia del costume, dalle frivolezze degli abiti da ballo della seconda metà dell’Ottocento al rigore dei completi femminili ispirati alle uniformi negli Anni Quaranta.
La chicca? Un abito della Contessa Sofia Cacherano di Bricherasio (1867-1950), pittrice e filantropa. Se la famiglia Cacherano di Bricherasio era solita vestire in maniera elegante, quello esposto è un abito da cavallerizza, invernale, pensato per andare in carrozza o a cavallo. Del 1890, è in lana, con un corpetto beige con finiture di lana tartan marrone e una gonna tutta tartan marrone drappeggiata da un lato, asimmetrica: un capo, dunque, funzionale per gli spostamenti e non particolarmente elegante.
Altra chicca la toga di Lidia Poet, prima avvocatessa d’Italia, protagonista di una serie tv su Netflix, originaria del piccolo e vicino comune di Perrero. E’ esposta accanto a due abiti valdesi (uno proprio di Lidia e uno, originale, dello stesso periodo).
Alcuni dei capi arrivano dall’Archivio Aldo Passoni Torino, altri appartengono alla collezione unica di Alessandro Ubezio, in arte «Anti Costume», altri ancora sono stati realizzati dalla curatrice Tessaris. I pezzi sono ricostruzioni di abiti d’ epoca realizzati con grande maestria e tecniche storicamente accurate.
La visita al museo diventa, così, una passeggiata dove i manichini giocano con l’arredo: il museo prende vita e l’eredità della cavalleria vive attraverso gli occhi della moda femminile. Ecco un corsetto, realizzato da Laura Tessaris grazie a un modello conservato in un archivio di Londra: fedelissimo, è un modello del 1888, con fianchi alti, per andare a cavallo.
E se non mancano due abiti da sposa, uno dell’austera epoca vittoriana, di colore nero, originale, e l’atro, sua fedele riproduzione, ma firmato da Alessandro Ubezio in bianco, lo sguardo si perde, poi, sugli abiti da sera: Tessaris firma la riproduzione di un abito da sera ispirato al 1850 (che, indossato da una modella, è l’immagine guida della mostra); c’è la riproduzione di un capo del 1860, verde smeraldo, dalla vita piccola e con la spalla scoperta e la gonna larga; uno originale nero e uno riprodotto (bordeaux e nero) d’inizio 1900 (1907-1908), lavorati con perline, con colli alti e maniche che non arrivano oltre il gomito.
E, ancora, ecco la riproduzione di un abito da giorno del 1855 in tessuto lavorato rosso ciliegia, con manica particolare, spalla scivolata e colletto in pizzo, e un completo da giorno del 1887. E, poi, abiti Anni Trenta e Quaranta, e giacche. L’abito più fotografato? Un capo blu elettrico, in chiffon e seta leggerissima drappeggiata: una piuma gira intorno vestito di perline.
Infine, i cappellini, con una collezione che spazia dagli Anni Venti a creazioni con velluto, pelliccia e piume. Un tocco di eleganza, accanto ad elmi e copricapi già presenti nella mostra permanete del Museo.
La mostra “Eleganza in uniforme: un racconto di moda e storia militare” rappresenta anche un significativo passo avanti nella promozione delle pari opportunità, offrendo una panoramica della storia militare ed equestre che include attivamente la voce e la presenza delle donne. In un contesto tradizionalmente dominato dalla figura maschile, la mostra ridefinisce e amplia il concetto di partecipazione e contributo femminile in questi ambiti: la figura femminile è accanto alle uniformi maschili, per riconoscere il ruolo attivo e significativo delle donne nella storia della cavalleria. Inoltre, la mostra dedica uno spazio significativo alle amazzoni della Scuola di cavalleria, donne coraggiose e abili cavallerizze che hanno sfidato le convenzioni sociali del tempo per seguire la loro passione per l’equitazione e la cavalleria.
La mostra
Mostra a cura di Laura Tessaris.
Ingresso gratuito, senza prenotazione.
Orario: martedì, mercoledì e giovedì 9-12 e 13,30-16,30.
Domenica 10-12 e 14-18.
Accesso possibile per le persone disabili. Informazioni: 0121-376344.
MONASTERO BORMIDA MOSTRA FOTOGRAFICA “BORMIDA GOTICA”
16-30 giugno 2024
Piano terreno del Castello di Monastero Bormida
La mostra è visitabile, a ingresso gratuito, fino al 30 giugno, tutti i sabati dalle 15 alle 19 e le domeniche dalle 10,30 alle 12,30 e dalle 15 alle 19.
La mostra fotografica si propone come un primo compendio dell’itinerario culturale e paesaggistico della Bormida Gotica, che è stato ideato e progettato con l’obiettivo strategico di mettere in rete il patrimonio architettonico e storico-artistico medievale del territorio che si estende lungo il fiume Bormida, dalla provincia di Savona a quella di Alessandria.
Le fotografie esposte sono tratte dalla campagna di documentazione video e fotografica condotta da Alessandro Rota e Federico Gorgoglione per Associazione Culturale Officine Ianós, con l’intenzione di restituire alle comunità una prima parte delle ricerche multidisciplinari e avviare una discussione in merito.
Questa esposizione fotografica segue gli interventi dello scorso anno avvenuti a Castelletto Uzzone (CN) e Cassine (AL) e si inserisce nelle ferventi attività di valorizzazione del complesso monastico e residenziale di Monastero Bormida condotte dall’Amministrazione comunale.
La mostra presenterà per la prima volta insieme anche gli esiti della residenza artistica di staged photography curata da Merchè Moriana per Parco Culturale Alta Langa.
Non saranno esposte solo fotografie, ma per l’occasione verranno presentate per la prima anche delle produzioni video: il carattere multimediale di questo allestimento si propone come un’ulteriore occasione di riflessione sul progetto stesso con le comunità.
*Bormida Gotica è un progetto culturale pluriennale nato alla fine del 2021 da un’idea di Laura Sottovia e Fondazione Matrice ETS in collaborazione con il Parco Culturale Alta Langa come soggetto capofila, la Fondazione 1563 per l’Arte e la Cultura della Compagnia di San Paolo, il Dipartimento DISEG – Politecnico di Torino, “Città e Cattedrali” e “Chiese a porte aperte” – progetti della Consulta Regionale per i Beni Culturali ecclesiastici, la Consulta Territoriale della Valle Bormida, la Fondazione Gente & Paesi e l’Associazione Museo del Monastero. Con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo nell’ambito del bando “In Luce!”, della Regione Piemonte nell’ambito dell’Iniziativa la Valle Bormida Si Espone nel calendario Val Bormida Experience Arte. Con il supporto del Comune di Monastero Bormida.
APERTURA AL PUBBLICO DEL CANTIERE DI RESTAURO “ARTE X L’ARTE” FINO AL 31 AGOSTO, PRESSO LA CHIESA SAN BARTOLOMEO DI CHATEAU BEAULARD (OULX)
Grazie al supporto della comunità di Chateau Beaulard e partendo dal progetto di restauro messo a punto per il recupero del retablo e della pala d’altare Settecentesca della Chiesa San Bartolomeo, è stato imbastito un cantiere aperto per scoprire il luogo dove avverranno i lavori di recupero e aprire un inedito dialogo tra antico e contemporaneo, con l’intento di parlare di patrimonio in una veste non consueta.
Invitato da KEART Keep an eye on art, il pubblico sarà parte attiva dei lavori.
Infatti, i visitatori avranno la possibilità di osservare i restauratori all’opera, approfondire le tecniche utilizzate, ascoltare interventi tra professionisti che lavorano nell’ambito della conservazione del patrimonio.
Il progetto Arte X l’Arte, a cura di Benedetta Bodo di Albaretto e Paolo Gili, prevede per questa prima edizione la collaborazione con un’artista contemporanea che lavora abitualmente con materiali affini a quelli destinati al restauro. Laura Santamaria, con un curriculum di mostre in Italia e all’estero, è stata invitata a confrontarsi con il contesto e con l’opera in restauro, dando vita a un gioco di rimandi di forme e tonalità.
Inoltre, domenica 21 luglio alle ore 12 presso la Chiesa San Bartolomeo avrà luogo un workshop co-curato dalla storica dell’arte Lisa Parola, dal titolo “Maravija. Parole nuove tra antico e contemporaneo”, aperto a tutti fino ad esaurimento posti.
Il calendario delle iniziative legate al progetto Arte X l’Arte, promosso dal servizio KEART Keep an eye on art, è consultabile sul sito www.keart.it, nella pagina dedicata al progetto, dove è possibile confermare la propria partecipazione.
Dettagli dell’evento:
fino al 31 agosto
orario di apertura dalle 09:00 alle 17:00 (lun-ven) week end su appuntamento
luogo: chiesa san bartolomeo, chateau beaulard (oulx)
durante la visita, i restauratori sono disponibili a offrire spiegazioni dettagliate sui vari aspetti del restauro. sarà un’occasione imperdibile per gli appassionati di storia, arte e architettura di comprendere l’importanza e la complessità dei lavori di conservazione.
l’apertura al pubblico del cantiere di restauro è parte di un più ampio progetto di valorizzazione e promozione del nostro patrimonio culturale. ringraziamo tutti coloro che hanno contribuito a rendere possibile questa iniziativa e invitiamo la comunità e i visitatori a partecipare numerosi.
è possibile prenotarsi per gli eventi previsti nel corso della stagione tramite il sito www.keart.it, nella pagina dedicata all’evento.
APRE AD AOSTA LA MOSTRA ARTENUMERO. GLI ARTISTI E IL NUMERO TRA XX E XXI SECOLO
E’ stata inaugurata ad Aosta, presso il Museo Archeologico Regionale di Piazza Roncas, la mostra ArteNumero. Gli artisti e il numero tra XX e XXI secolo.
La rassegna volge uno sguardo sul panorama dell’arte degli ultimi sessant’anni attraverso l’utilizzo del numero. L’esposizione, promossa dall’Assessorato Beni e attività culturali, Sistema educativo e Politiche per le relazioni intergenerazionali della Regione autonoma Valle d’Aosta, è a cura di Angela Madesani e prodotta da Nomos Edizioni.
Oltre settanta opere di importanti artisti italiani e internazionali divise in cinque sezioni, in un percorso trasversale che attraversa linguaggi, tematiche, pensieri della storia in cui il numero diviene momento fondamentale di riflessione per l’artista e per l’osservatore.
”Nelle mani degli artisti il numero, entità creata della mente umana per misurare la realtà, il tempo e lo spazio, da strumento diventa riflessione, elemento concettuale e segno grafico, nozione astratta ma anche oggetto concreto, offrendoci visioni del mondo a volte ludiche e rassicuranti, più spesso sottilmente inquietanti e drammatiche – scrive in catalogo Daria Jorioz, dirigente della struttura Attività espositive e promozione identità culturale – Sulle orme dell’antico, da Piero della Francesca ai maestri della prospettiva, il numero diventa un elemento semantico densissimo di contenuti, che nel corso del XX secolo, dall’Arte concettuale alla Pop Art, ha rappresentato un potente catalizzatore di attenzione e che anche gli artisti contemporanei più vicini a noi maneggiano con cura e grande intensità espressiva.”
Nella prima sezione, dedicata al rapporto tra il numero e il tempo, sono esposti i lavori di alcuni fra i più importanti artisti dell’ambito concettuale internazionale come On Kawara, con libri e cartoline in una dimensione di natura esistenziale fra il personale e il collettivo. La grande opera di Luca Pancrazzi 24 ore su 24 è un omaggio alla pratica del disegno, esercizio quotidiano di cura, di dedizione nei confronti del proprio operare.
Il numero è strettamente legato alla dimensione temporale anche nelle raffinate opere di Elena Modorati. Di Alighiero Boetti sono in esposizione due arazzi di diverse dimensioni, calendari, libri e cartoline a tema.
Un minuto di fotografia di Franco Vimercati è una sorta di manifesto in cui l’artista dichiara il punto nodale della sua ricerca: il tempo e la sua misurazione. Nella stessa stanza di quest’ultimo sono cinque opere di Roman Opalka, tra fotografie e Carte da viaggio. L’artista polacco ha realizzato dal 1965 sino al 2011 uno dei più importanti lavori sul tempo.
Nelle fotografie di Carlo Valsecchi dei numeri rappresentati da led rossi sono immersi in uno spazio etereo astratto. Nell’opera di Daniela Comani Sono stata io. Diario 1900-1999 ci troviamo di fronte a una sorta di diario del XX secolo, in cui l’artista sembra vivere in prima persona ciascun evento narrato.
Nella seconda sezione, si indaga il legame tra numero e narrazione, in esposizione una Linea di Piero Manzoni, con cui l’artista crea un patto con lo spettatore, accettare quanto da lui dichiarato: la lunghezza della linea stessa.
Nelle due opere in mostra di Elisabeth Scherffig il numero serve a contare i frammenti di pietra di una cava spagnola e i calchi numerati delle firme ritrovate nella grande moschea di Cordova. In 1,2,3,4 del 1974 Antoni Tàpies lo utilizza per raccontare la storia delle tragiche vicende del suo paese natale, la Spagna. Il calcolo numerico, inoltre, diventa storia personale nella Via Crucis laica di Elisabetta Casella realizzata con la scagliola sul cui retro sono piccole immagini fotografiche.
Tra le opere più significative in mostra, Five Fives (to Donald Judd) di Joseph Kosuth del 1965, un’opera al neon composta da numeri che il grande artista americano dedica all’altrettanto grande artista Judd. Rimedi di Pietro Bologna del 2002 sono una serie di particolari ingrandimenti dei bugiardini degli psicofarmaci, uno dei simboli del nostro tempo, realizzati con una particolare tecnica fotografica appositamente studiata per quel lavoro.
L’artista concettuale tedesco Peter Dreher dal 1974 al 2020 ha dipinto, con la stessa luce, lo stesso bicchiere numerando le diverse opere. All’inizio del lavoro dichiarava di voler dipingere un quadro invisibile: un’utopia che per certi versi, è riuscito a realizzare. Paolo Pessarelli utilizza le pagine rosa piene di numeri del Financial Times per realizzare lavori di diverso tipo, a muro e a terra in cui, i numeri incolonnati sono scansioni istantanee di storie e di vite. Pagine che si fanno supporto per accogliere e sostenere le immagini di ragazze e ragazzi ripescati dall’oblio, volti scelti fra i tanti abbandonati nei mercatini dell’antiquariato. L’opera in mostra di Edward Kienholz riporta una cifra economica, emblema di una società capitalista all’apoteosi dei suoi cosiddetti “valori”.
La terza sezione è costituita dalla relazione tra numero e spazio. Essa ospita la documentazione dell’opera performativa Per un otto coricato, dell’artista milanese Cioni Carpi, che l’ha proposta alla Settimana della Performance bolognese del 1977. Una scoperta è costituita dai lavori di Andrea “Bobo” Marescalchi, affascinato dalla matematica, dalla simbologia numerica, dalla ripetizione e dalla perfezione aritmetica, dalla fine degli anni Ottanta ha dato vita a opere in cui l’oggettività dell’immagine si lega a carte da gioco e forme geometriche che si sovrappongono a colori (rosso e giallo soprattutto) sul dipinto di base, eseguito a china, con toni di nero e grigio.
Twentysix Gasoline Stations è il titolo del libro di Ed Ruscha che viene considerata a tutti gli effetti un’opera concettuale, che documenta il viaggio fatto dall’artista da Los Angeles a Oklahoma City attraverso quella che allora era la Route 66.
Nella quarta sezione il numero si rapporta con segno e immagine, è utilizzato nella sua accezione semiotica e indicale: dalle opere pop di Ugo Nespolo alla fotografia di Luigi Ghirri, di cui è presente uno degli ultimi lavori realizzati, appartenenti al ciclo di Piazza Betlemme, al mondo concettuale di Maurizio Nannucci, sino alle raffinate sculture di Robert Tiemann, che fanno parte della prestigiosa collezione Panza di Biumo. Due le preziose carte di Hanne Darboven, per la quale i numeri sono un veicolo verso la musica, a sua detta unica vera scoperta dell’umanità.
Giocose le tele di Mimmo Iacopino realizzate con i metri da sarto. La casualità, il lancio dei dadi determina la scelta dei colori nelle carte di Vincenzo Merola, il più giovane degli artisti in mostra.
Il rapporto tra numero e aritmetica è il tema della quinta sezione, dove sono presenti opere di
artisti concettuali, come Bernar Venet, forse uno degli autori che negli anni Sessanta si è avvicinato alla matematica con maggiore consapevolezza, e Mel Bochner che interroga le intersezioni tra linguaggio e matematica. In mostra Pebbles, una grande opera di Laura Grisi del 1973 composta da centocinquanta immagini fotografiche, a colori, di sassi, raccolti in piccoli gruppi.
In mostra, inoltre, una grande opera con neon di Mario Merz della serie dedicata alla sequenza di Leonardo Fibonacci, tre lavori di Vincenzo Agnetti, che nel corso degli anni si è dedicato al rapporto tra matematica e linguaggio, e Era soltanto un gallo, tesoro, una installazione di sette elementi, sette dipinti di piccole dimensioni di Beatrice Pasquali che riflettono sul tema dell’ars combinatoria.
Orario di apertura: tutti i giorni 9-19
La mostra sarà aperta al pubblico dal 19 giugno 2024 al 20 ottobre 2024.
FORTE DI GAVI. INTROSPEZIONI INVERSE. FUKUSHI ITO E MAYA ZIGNONE
Forte di Gavi, 16 giugno – 24 agosto 2024
Al Forte di Gavi mostra Introspezioni inverse | Fukushi Ito e Maya Zignone, promossa in collaborazione con il Distretto del Novese.
Protagonisti dell’esposizione, allestita nelle ambienti adiacenti alla Corte centrale e nella Manica Lunga, sono i lavori delle due artiste, in un percorso che, tra opere e installazioni, propone circa cinquanta elaborazioni, di cui alcune inedite.
Esiti di esuberante lirismo caratterizzano la poetica di Maya Zignone, nella forza combinata e quasi emozionale di luce e colori, mentre all’origine del lavoro di Fukushi Ito si trova un’indagine introspettiva sui meccanismi anche gestuali che stanno alla base della scrittura, delle forme di pensiero e del linguaggio comunicativo. Il titolo della mostra Introspezioni inverse sottolinea come, a partire da alcuni punti di contatto iniziali tra i percorsi di ricerca compiuti, tra i quali l’uso della luce come mezzo espressivo, le due artiste siano approdate a risultati apparentemente lontani e talvolta opposti, anche nel rapporto che sanno intessere con i volumi del monumento fortificato.
Il percorso espositivo si articola negli ambienti del Forte ed è ripartito tra le due artiste, delineando due vere e proprie mostre monografiche, allestite in spazi distinti tra di loro prospicienti.
Fukushi Ito espone circa quaranta opere che si riallacciano alla sua esperienza biografica e amalgamano suggestioni della cultura orientale con stimoli e caratteri di quella occidentale. Materiali naturali e tecnologia dialogano sia nelle sue opere più piccole, sia nelle grandi installazioni in maniera equilibrata e armoniosa. Si sviluppa così una perfetta sintesi poetica e sperimentale che rilegge e analizza i temi di Mishima, saggista e poeta, ma soprattutto acceso nazionalista, morto per protestare contro l’occidentalizzazione del Giappone e la crisi e il collasso dello spirito tradizionale nipponico e dell’etica dei Samurai.
La ricerca artistica di Maya Zignone, invece, è presentata attraverso l’allestimento di quindici grandi installazioni realizzate con luci al neon dai colori brillanti, in rapporto con la fotografia e con enormi forme geometriche piane realizzate con tondini in ferro. Le luci, riflettendosi sulle pareti bianche, creano spazi concettuali alternativi, svincolati dalla scansione temporale terrena.
Dopo l’inaugurazione di domenica 16 giugno, la mostra può essere visitata fino a sabato 24 agosto negli orari di apertura del Forte, secondo il calendario pubblicato sul sito delle Residenze reali sabaude – Direzione regionale Musei nazionali Piemonte, ed è inclusa nel biglietto per l’ingresso al Forte (prenotazione fortemente consigliata, obbligatoria le prime domeniche del mese).
INTROSPEZIONI INVERSE
Fukushi Ito e Maya Zignone
FORTE DI GAVI
via al Forte, 14 – Gavi (AL)
16 giugno – 24 agosto 2024
CREDEM: A TORINO MOSTRA SUI CAMPIONI ITALIANI AL TOUR DE FRANCE
L’istituto ospiterà la mostra “Quando il tricolore si tinse di giallo. I campioni italiani al Tour de France” nella sede di Villa Frassati a Torino, dal 18 giugno al 12 luglio.
Da Martedì 18 giugno Credem ha aperto la mostra “Quando il tricolore si tinse di giallo. I campioni italiani al Tour de France”, che avrà luogo fino al 12 luglio presso la sede dell’istituto di Villa Frassati in Corso Trento 2/A a Torino.
Nell’ambito della mostra, Credem intende celebrare le importanti gesta dei grandissimi del ciclismo italiano in terra francese attraverso biciclette, maglie gialle, cimeli e ricordi del Tour de France appartenuti allo storico massaggiatore Giannetto Cimurri (1905-2002), originario di Reggio Emilia.
Corridore mancato, massaggiatore nato, Cimurri era chiamato “mano santa”: guariva con le mani, ma anche con le parole, con la pazienza, con la saggezza. Da Bartali a Coppi, da Moser a Bugno, Cimurri è stato il massaggiatore della Nazionale di ciclismo per 34 anni, ha vissuto 74 campionati del mondo tra strada, pista e cross, 40 Giri d’Italia e 11 Tour de France, e ha partecipato a 8 Olimpiadi.
In mostra, oltre a rari cimeli storici, saranno presenti le biciclette di Coppi e di Bartali e un raffinato biciclo di fine ‘800 di pregiata produzione parigina, proveniente dalla collezione di biciclette storiche di Cimurri.
Più in dettaglio, l’iniziativa rientra tra le attività che il Gruppo Credem porta avanti da anni per valorizzare la storia, lo sport e la cultura dell’Italia e dei territori a favore della collettività ed è legata all’arrivo di tappa a Torino prevista per il 1° luglio della Grande Boucle (soprannome ufficiale del Tour de France). La mostra è allestita al piano terra degli eleganti spazi di Villa Frassati, realizzata nel 1916 dal celebre ingegnere ed architetto piemontese Giuseppe Momo (1875- 1940), presso cui è stata inaugurata la nuova sede Credem lo scorso anno a Torino. L’edificio è inoltre legato alla memoria di Piergiorgio Frassati (1901-1925), beatificato nel 1990 da Giovanni Paolo II.
L’iniziativa è stata resa possibile grazie alla preziosa collaborazione della famiglia Cimurri, del Museo del Ghisallo e di Gianfranco Trevisan.
L’esposizione è visitabile ad ingresso libero dal lunedì al venerdì dalle 8:20 alle 13:20 e dalle 14:45 alle 15:45.
Per informazioni: spaziocredem@credem.it
STUDENTI LASCIANO IL SEGNO NELLA BIBLIOTECA DI BRA
Che cosa ci fa nella Biblioteca Civica di Bra un gruppo di adolescenti che disegna sui muri?
Ciò è successo lo scorso 7 maggio, quando la classe III B scientifico del Liceo Giolitti-Gandino di Bra ha collaborato con l’artista braidese Giovanni Botta, il famoso Giò BIC per i concittadini, alla realizzazione di un progetto creativo e coinvolgente, denominato “Suggestioni”.
Infatti da parte della Biblioteca, in particolare di Elena Rota, promotrice dell’iniziativa, era stato proposto alla classe di ideare dei suggerimenti destinati alla decorazione della sala young adult recentemente rinnovata. Ciò è avvenuto sotto la supervisione della prof.ssa Rossella Magliano, docente di disegno e storia dell’arte, con la partecipazione dell’insegnante di lettere, prof.ssa Sara Bori.
Tra le varie proposte dei ragazzi, l’artista ne ha selezionate alcune inserendole in un disegno prospettico a cui gli studenti stessi, in visita alla biblioteca, hanno potuto dare il proprio contributo concreto in fase di abbozzo.
Infine martedì 4 giugno si è tenuta la cerimonia di inaugurazione dei locali: erano presenti il sindaco Giovanni Fogliato, la Dirigente Francesca Scarfì, i responsabili della Biblioteca- in particolare, oltre a Elena Rota, fondamentale il ruolo di Daniele Riva e Giulia Manfieri, impegnata nel servizio civile- e le insegnanti accompagnatrici. Ma soprattutto c’erano studenti e pittore, veri protagonisti del momento.
Come ha sottolineato il sindaco, il progetto rappresenta un importante esempio di educazione alla cittadinanza, trattandosi anche di un’attività patrocinata dall’amministrazione braidese.
D’ora in avanti i giovani lettori di Bra potranno dedicarsi alla loro passione sotto il cielo azzurro disegnato sul soffitto della sala e prendere il volo insieme ai ragazzini raffigurati, trasportati dalla magia dei libri.
GLI ARTISTI DEL MUSEO DIOCESANO DI TERNI E DEL MUSEO MIIT DI TORINO SI CONFRONTANO AL MIIT DAL 19 AL 30 GIUGNO 2024
Proseguono gli scambi artistico-culturali tra il Museo MIIT e altre istituzioni museali italiane e internazionali e dal 19 al 30 giugno il MIIT di Torino ospiterà una selezione di artisti a cura di Eureka Eventi di Massimo Picchiami e una selezione degli artisti del Museo MIIT, a cura del direttore Guido Folco. In particolare, a queste selezioni in mostra collettiva si affiancheranno le personali curate dal Museo MIIT e dedicate alla montenegrina ma newyorkese d’adozione Fadilja Kajosevic, alla marocchina Laila Benhalima, agli italiani Giuseppe Oliva e Anna Rota Milani e all’italo-canadese, ma valdostano di origini, Adriano Savoye.
La montenegrina e americana d’adozione Kajosevic interpreta la pittura come sogno e speranza, attingendo dalla tradizione poetica, artistica e letteraria e concentrando la sua ispirazione all’iconografia ricca e suggestiva della luna e del sole, degli opposti che si completano, dell’universo e dell’Essere, inteso come maschera e specchio di sensazioni, sentimenti, emozioni. Benhalima, originaria del Marocco, si rifà al genere antico della favola e della narrazione, così importante e radicata in oriente e nei Paesi di cultura araba. Le sue Mille e una notte si assemblano in tessere come di un mosaico, attraverso cui la narrazione procede per figure, colori, immagini, emozioni. La realtà si trasforma in fantasia, le storie e i personaggi vagamente chagalliani fluttuano nell’aria e nello spirito di un’artista visionaria e fantastica. Il maestro Savoye unisce forma, colore, geometrie, creando visioni oniriche e sognanti, oppure vitali rappresentazioni del vero, sempre osservato e interpretato con il suo sguardo fortemente cromatico e vibrante. Dai paesaggi artici a quelli andini, dalla natura delle nostre Alpi ai messaggi tra il Pop e il sociale, Savoye scandisce il suo tempo che diventa, inevitabilmente, anche il nostro, toccando tematiche profonde ed attuali come l’ecologia e l’ambiente. Anna Rota Milani sposa perfettamente l’idea pavesiana della contrapposizione tra città e campagna, interpretando quest’ultima come mondo ancestrale e magico, privo però, dei risvolti drammatici dello scrittore. Nelle vedute delle risaie, osservate a volo d’uccello, radente come lo sguardo di un airone, il suo ‘mondo a quadretti’ ci fa assaporare il silenzio e lo scorrere lento del tempo, immerso in uno spazio che si fa metafisico, sospeso, quasi irreale. L’infinito di Giuseppe Oliva si realizza nella sua visione sempre nuova e dinamica del mare e della luce, del riflesso e della trasparenza resa con abbinamenti cromatici e di pennellate sovrapposte. La trasparenza dell’acque viene resa non con velature, bensì con effetti ottici e cromatici impressionisti e si può immaginare di vivere quell’ora, quell’istante con abbandono ed emozione. L’arte che fa ricordare, che permette di rivivere sensazioni lontane diviene strumento, in Giuseppe Oliva, di confronto con l’altro, con l’osservatore che si lascia ammaliare e condurre nel suo mondo di spirito e natura.
Ad affiancare queste personali anche la collettiva di Eureka Eventi. Una selezione di artisti sia figurativi che astrattisti, molti dei quali facenti parte del Movimento Pentastrattista italiano, fondato nel 2015. Tra questi, Paola Ermini, Monica Steliana Cirtita, Daniela Walser.
Ad impreziosire l’evento verranno organizzate contemporaneamente altre iniziative come la presentazione del libro di Gabriella Vai, edito da Gian Giacomo Della Porta Editore, intitolato ‘Meditatio tempestatis. Poesie dagli abissi’, con letture interpretate dall’autrice e la serata Baccademy, sempre prevista per il 19 giugno dalle ore 19.00 con il sommelier Ivan Targhetta
NATURA IMMORTALE. MOSTRA DI ENRICO TURLETTI
Giovedì 20 giugno ore 18
Conserveria Pastis _ Piazza Filiberto 11a _ Torino
A CURA DI Mariapaola Infuso
COORDINA Vanessa Vozzo
Natura Immortale è un’installazione audiovisiva che mette in relazione una pianta, per la precisione un’alocasia, con un sistema d’intelligenza artificiale.
Nell’installazione si esplora un potenziale scenario futuro dove l’organico e l’inorganico collaborano.
L’intelligenza artificiale simula una tecnica genetica ultra innovativa che mira a modificare in
maniera speculativa il DNA della pianta per renderla immortale.
L’opera esplora i nuovi scenari e le nuove forme di potere nel campo delle biotecnologie in cui la macchina è in grado di intervenire sulle sequenze genetiche degli esseri viventi in maniera
automatizzata.
Nell’installazione, l’intelligenza artificiale monitora sia l’ambiente in cui è collocata la pianta sia il suo stato di salute. Esaminando i dati raccolti attraverso i sensori, essa genera nuove sequenze di DNA con le quali sostituire i geni ritenuti dannosi per la pianta. I due monitor presenti ai lati dell’alocasia mostrano processi non osservabili a occhio nudo. È possibile così visionare i parametri vitali della pianta, i problemi riscontrati all’interno del suo organismo e le soluzioni attuate dalla macchina per ristabilire la condizione ideale d’immortalità. Un soundscape real-time generativo basato sui lenti tropismi della pianta e sui codici genetici prodotti dalla macchina descrive la relazione tra l’organico e l’inorganico.