CHIERI. SORPRESE DI ARTE E DI STORIA. L’Arco di Piazza: come ti riciclo un omaggio

Il duca Emanuele Filiberto venne più volte in visita a Chieri, ma senza che i Chieresi si spellassero le mani per applaudirlo: alcuni suoi provvedimenti economici non erano piaciuti molto. Ma quando inaugurò un rigido protezionismo che ridette slancio al fustagno chierese, i loro rapporti cambiarono. Fino al punto che, quando il Duca progettò una ulteriore visita a Chieri per l’ottobre del 1580,  i Chieresi decisero festeggiarlo costruendo un arco trionfale in suo onore. Lo storico Antonio Bosio racconta che “… si diede l’impresa al capomastro Bernardino Rostagno di costruire un Arco quasi a metà della via Maestra, sulla piazza d’Erbe, in faccia alla casa di Matteo Montefamerio e di Valfredo Costa”. I lavori procedettero velocemente, ma purtroppo nulla andò come previsto. Emanuele Filiberto non poté vedere l’arco eretto per lui, perché la morte lo colse improvvisamente il 30 agosto di quello stesso anno 1580.

L’arco di trionfo, che consisteva in una struttura effimera fatta di materiali deperibili, andò rapidamente in rovina. Forse sopravvisse solo il basamento, l’unica sua parte probabilmente costruita in muratura, che rimase inutilizzato per qualche anno.

Fino al 1586. Il tre aprile di quell’anno, infatti, allorché tutto il Ducato salutava con manifestazioni di giubilo la nascita di Filippo Emanuele, figlio primogenito di Carlo Emanuele I e Caterina di Spagna, i Chieresi pensarono di festeggiare l’evento innalzando un nuovo arco di trionfo sullo stesso luogo in cui sei anni prima era stato eretto il primo e utilizzando ciò che rimaneva di  quello. Anzi, il riciclo fu multiplo. L’anno successivo, infatti, (1587), allorché  si volle celebrare la venuta a Chieri di Carlo Emanuele I e Caterina di Spagna,  visto che il monumento c’era già, bastò aggiungere una scritta aggiornata sulla faccia che dà verso il Duomo dell’edicola che sovrasta l’arco. E nel 1761,  in occasione di un restauro dell’arco effettuato dall’architetto Bernardo Vittone, si pensò di utilizzare anche la faccia opposta  della stessa edicola per inneggiare a Carlo Emanuele III, e felicitarsi per la guarigione da una grave malattia del figlio, il futuro re Vittorio Amedeo III!

 

Antonio Mignozzetti