CHIERI. SORPRESE DI ARTE E DI STORIA. Filippo Juvarra. La monumentale chiesa di Santa Maria e Sant’Andrea
Nel secondo decennio del Settecento le monache cistercensi di Santa Maria e Sant’Andrea affidarono a Filippo Juvarra l’incarico di progettare una nuova chiesa, in sostituzione di quella, ormai rivelatasi insufficiente, che si trovava in mezzo al giardino. Lo fecero a costo di molti sacrifici: si racconta che per risparmiare mangiarono pane fatto con farina di miglio per anni.
La prima pietra fu posta il 9 maggio 1729. Nel 1732 nelle sue parti essenziali la costruzione era terminata: infatti, dai libri degli Ordinati del Capitolo dei Canonici risulta che il 12 agosto di quell’anno uno di essi ebbe l’incarico di benedirla.
Racconta il Montù che la nuova chiesa “… era una piccola Superga, corretta da’ suoi difetti dall’autore medesimo. Ogni architetto correa a visitarla, e visitandola non sapea trovare di tutti i tre ordini di architettura qual cosa vi fosse di più o qual di meno, tanto era in ogni suo ordine perfetta”.
Lo stesso Juvarra la considerava il suo capolavoro.
L’edificio, accessibile anche alla gente del circondario, affacciava su via Tana, che di fronte ad esso formava l’elegante esedra tuttora esistente (foto 1).
Era costituito da un’aula a pianta centrale. L’altar maggiore era sovrastato da una pala di Sebastiano Taricco raffigurante l’Assunta. Un altro quadro del Taricco era dedicato a San Bernardo; uno del Beaumont all’Addolorata. Dall’aula si accedeva al coro, che si sviluppava verso il giardino, con la volta affrescata dal veneziano G. B. Crosato e gli stalli lignei del valsesiano Carlo Sietto (che nel periodo in cui visse a Chieri per eseguire quest’opera scolpì anche quattro confessionali per il Duomo).
La monumentale chiesa rimase in piedi per soli 79 anni.
Messa all’asta insieme al monastero in seguito alla soppressione di quest’ultimo per decisione di Napoleone, nel 1808 venne acquistata da Carlo Porati di Cunico, il quale nel 1811 la demolì.
Nel 1821 demolì anche il campanile, distante qualche metro dalla chiesa.. “Porati – commenta il Montù, che non si capacitava del fatto che un così importante monumento fosse stato demolito, – era ateo: sua moglie, tanto più brava, lo scongiurò più volte a non metter giù Sant’ Andrea: ma invano”.
Le monache avevano appena finito di pagare i debiti contratti per la sua costruzione. C’è un quadro, conservato presso la Galleria di Palazzo Madama di Torino, dipinto nel 1811 da Pietro Fea, professore di disegno del Convitto Comunale, che riproduce la chiesa nel momento in cui veniva demolita (foto 2).
(Continua)