Le monache artiste. La principessa. Sant’Andrea, sei secoli di storia. Oggi non c’è più…
di Antonio Mignozzetti
Fra i monasteri che costellano la storia di Chieri, ce n’è uno che per sei secoli godette di grande prestigio ma del quale oggi non rimane più niente: il monastero cistercense femminile di Santa Maria e Sant’Andrea. Parlarne è utile per conservarne almeno la memoria. Fu fondato il 1° agosto 1241 dalle nobildonne chieresi Dulcia Broglia e Matilde Guailati all’incrocio di Strada Roaschia con Strada Vallero, nei pressi del Fonte Stivolato, con il nome di “Monastero di Santa Maria de Domo Dei”. Nel Duecento non costituiva problema il fatto che fosse situato fuori delle mura cittadine. La sua diventò una posizione pericolosa, per la mutata situazione politica e sociale, fra la fine del Trecento e l’inizio del Quattrocento, tanto che le monache, grazie ad un accordo con il Prevosto fra’ Antonio Scarta di Gambarana, si trasferirono nella ormai decadente “Prepositura di Sant’Andrea” situata tra il Ponte Nuovo, via Tana e via San Pietro. All’atto del trasferimento le monache erano dieci, ma nel 1597 ad esse si unirono quelle del monastero di Buonluogo, presso Castagnole Piemonte, e in seguito continuarono ad aumentare di numero, tanto che all’epoca della soppressione napoleonica erano 47. La struttura che le ospitava era diventata un grande monastero barocco. Oltre a promuovere iniziative di carattere religioso, culturale e pratico, la comunità monastica di Santa Maria e Sant’Andrea brillò per una vivace attività artistica. All’inizio del Settecento ospitò tre sorelle, figlie del pittore Sebastiano Taricco di Cherasco, ed esse pure pittrici, che oltre a dipingere insegnavano a farlo. Grande importanza vi si dette anche alla musica. All’inizio dell’Ottocento donna Luisa Gazoli impartiva lezioni di musica e di canto; donna Placida Righini suonava il cembalo e l’organo; donna Dorotea Grandi eccelleva nel canto, così come donna Ombellina Pignatelli; donna Cecilia Astesana padroneggiava vari strumenti; donna Angela Gioannini suonava egregiamente il basso e il violoncello. Ma su tutte primeggiava la conversa Suor Rosa, che eccelleva nel suono del violino: “al pari di ogni miglior filarmonico”, si legge in un documento dell’epoca. Il monastero ospitò per alcuni anni la principessa Maria Luisa Gabriella di Savoia, figlia del re Carlo Emanuele III e della sua seconda moglie Polissena d’Assia. Avrebbe dovuto sposare il delfino Luigi di Francia, figlio di Luigi XV e di Maria Leszczyńska, ma le trattative non andarono a buon fine e, come spesso accadeva in tali circostanze, Maria Luisa entrò in clausura. Morta a soli 38 anni il 22 agosto 1767, fu sepolta nella chiesa della Beata Vergine Assunta e di Sant’Andrea. Nel 1811, quando Porati di Cunico, che aveva acquistato la chiesa, la fece demolire, scoperchiando il pavimento fu ritrovata la cassa con i suoi resti. Il sindaco Luigi Goffi, per evitare che finissero in una fossa comune, li fece trasportare nella cappella del cimitero cittadino (che allora si trovava presso la Porta del Moretto) e deporre in un tumulo con la sua lapide. Vi restarono fino al 1823 quando, caduto il regime napoleonico e tornati i Savoia a Torino, il re Carlo Felice li fece trasferire nel mausoleo sotterraneo della Basilica di Superga. La traslazione avvenne nella notte fra il 14 e il 15 settembre, su una lettiga trainata da quattro cavalli, scortata da un corteo che comprendeva il Ministro per gli Affari Esteri, il Segretario di Stato, quattro cappellani, una compagnia di veterani armati, una compagnia di Carabinieri, sei guardie del corpo ed una squadra di guardie svizzere.
(Continua)