CHIERI. SORPRESE DI ARTE E DI STORIA – La principessa Maria Luisa di Savoia ospite del monastero di sant’Andrea di Chieri
Il monastero di Sant’Andrea ospitò negli ultimi anni della sua vita la principessa Maria Luisa Gabriella di Savoia, figlia del re Carlo Emanuele III e della sua seconda moglie Polissena d’Assia. Era stata destinata a sposare il delfino Luigi di Francia, figlio di Luigi XV e di Maria Leszczyńska. Ma poi le trattative non erano andate a buon fine e il delfino aveva sposato l’infanta di Spagna Maria Teresa. Come spesso accadeva in situazioni del genere, Maria Luisa entrò in clausura. Dove non è che vivesse proprio come una monaca. Abitava in una casa di sette stanze attigua al monastero, con una corte formata da nobili signore che la servivano in tutto e per tutto. Perfino le autorità civili chieresi la trattavano con deferenza e servilismo: basta pensare che il 28 dicembre 1765, da Torino, il Procuratore Generale Brea scrisse al Sindaco una lettera dai toni molto risentiti perché in occasione di una recente nevicata non aveva fatto sgomberare la neve attorno alla casa abitata dalla principessa. Alla sua morte, avvenuta il 22 agosto 1767, venne sepolta nella chiesa del monastero, la chiesa di Sant’Andrea, capolavoro di Filippo Juvarra. Nel 1811, dopo la soppressione dovuta alle leggi napoleoniche, allorché Porati di Cunico fece demolire la chiesa che aveva acquistato all’asta, sotto il pavimento “… comparvero – dice un resoconto conservato nell’archivio comunale – i resti della Principessa, consistenti in poche ossa ed in qualche lembo di drappo di tela… guarnito di pizzo in oro… La cassa era interamente infoderata di piombo e nell’esterno rivestita di velluto color cremisi…”. Giovanni Bertola, usciere del Comune, convinse il sindaco Luigi Goffi a fare in modo che le spoglie della principessa non finissero in una fossa comune: le trasportò al cimitero cittadino, che allora si trovava nella zona dell’odierna Porta Garibaldi, e le tumulò nella cappella cimiteriale. Nel 1814, allorché, caduto il regime napoleonico, Vittorio Emanuele I di Savoia lasciò l’esilio sardo e rimise piede a Torino, il sindaco Goffi, evidentemente per conquistarsene la simpatia, gli scrisse: “Quando dagli avidi acquisitori del monastero di Sant’Andrea di questa città di Chieri si facevano in ogni angolo demolizioni, ho creduto mio dovere di vegliare perché le ceneri di S. A. R. la Principessa Luisa di Savoia … non fossero vilipese…”. Ma fu Carlo Felice, successore di Carlo Emanuele I, che nel 1823 fece trasferire le ceneri della principessa dal cimitero di Chieri al mausoleo sotterraneo della Basilica di Superga. La traslazione avvenne nella notte fra il 14 e il 15 settembre, con un corteo che comprendeva il Ministro per gli Affari Esteri, il Segretario di Stato, quattro cappellani, una compagnia di veterani armati, una compagnia di Carabinieri, sei guardie del corpo ed una squadra di guardie svizzere. La lettiga funebre era trainata da quattro cavalli e scortata da palafrenieri in livrea. Tutte le strade dove passò il corteo erano illuminate a giorno. Nell’archivio comunale di Chieri c’è un foglio con il resoconto di quanto il Comune spese in quella circostanza: in tutto 585 lire. Ma di quella somma ben 300 lire andarono all’usciere Giovanni Bertola, come riconoscimento del ruolo da lui avuto nel 1811 per il salvataggio dei resti della principessa.
Antonio Mignozzetti