SORPRESE DI ARTE E STORIA. CHIERI. L’ANTICA PREVOSTURA E I RITRATTI DEI PREVOSTI

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Del Duomo di Chieri si è detto e scritto tanto che sembra impossibile aspettarsi da esso qualche altra sorpresa.

Invece, specialmente per coloro che non hanno molta familiarità con la parrocchia, sorprese è possibile incontrarne negli edifici annessi alla chiesa.

Pensiamo soprattutto alla “Casa Prepositurale”, cioè alla casa originariamente destinata ad abitazione del Prevosto (o Preposito), prima autorità del Capitolo dei Canonici: l’antico edificio oggi facente parte della canonica, che con la parete più lunga costeggia via Balbo e con quella più breve affaccia sulla cappella di Santa Lucia.

Le sue finestre ogivali, e soprattutto quella a crociera verso Santa Lucia, ne rivelano l’origine quattrocentesca. Cosa, questa, che, essendo ben visibile anche dall’esterno, di per sé non costituisce una sorpresa. Lo è, però, all’interno, una sala che occupa gran parte del pianterreno, sulle cui pareti, in alto, subito sotto il soffitto finemente decorato, “… vedesi dipinta a guazzo – dice Bartolomeo Valimberti – la serie dei Prepositi della Collegiata coi relativi stemmi, nomi e data. Questi ritratti vennero fatti eseguire (nel 1743, ndr) dal prevosto abate Giuseppe Antonio Buschetti … Essa comprende 22 Prevosti , a cui debbonsi aggiungere i ritratti di Clemente Cristoforo Franzone di Mondovì, morto la sera del 9 marzo 1806, ultimo Prevosto della Collegiata e immediato successore dell’abate Buschetti, e l’effige dell’Arciprete can. Giovanni Innocenzo Bologna di Gassino, deceduto il 21 giugno 1816, risultando così in tutto una serie di 24 ritratti”.

È del tutto inaspettato, per chi entra in quella sala, trovarsi in un ambiente che riecheggia l’atmosfera di tante sale di residenze reali con le teorie di Re o Imperatori, o di castelli con i ritratti dei nobili che li hanno posseduti e abitati, o di vescovadi, con le teorie di Vescovi o Arcivescovi che hanno governato la Diocesi. Con in più il particolare non secondario che questi ritratti sono in buonissimo stato. Dipinti a guazzo (cioè ad un tipo di tempera particolarmente carico ed opaco), i loro colori sono vivi e integri: merito del restauro voluto dal curato don Andrea Oddenino ed eseguito da Gabriele Ferrero alla fine dell’Ottocento, nel periodo in cui il pittore era a Chieri impegnato nel restauro del Duomo.

Antonio Mignozzetti