CHIERI. SORPRESE DI ARTE E DI STORIA – La chiesa di San Guglielmo com’era
Guardandola da piazza Mazzini, cioè dal più frequentato punto di osservazione, la chiesa di San Guglielmo non sembra molto antica: ma solo perché la visione è limitata alla parte anteriore, dall’aspetto prettamente ottocentesco, mentre la zona absidale, con le sue linee gotiche, circondata com’è da case e da orti, è praticamente invisibile.
In realtà di questa chiesa si ha notizia fin dal secolo XIII.
Nel Libro Rosso degli Ordinati comunali si legge, infatti, che quel tempo il Comune aveva il patronato su di essa, e oltre che per le funzioni religiose se ne serviva per le riunioni della Credenza maggiore e della Credenza minore, i due organismi che affiancavano il Podestà nel governo della città, e in ogni ricorrenza che comportava un’alta partecipazione di pubblico.
Nei secoli successivi l’antico edificio è stato rimaneggiato in più occasioni: una prima volta, in stile gotico, nel XV secolo, quando ne acquisì il patronato la famiglia dei Dodoli. Una seconda volta nel secolo XVII, quando il Capitolo dei Canonici del Duomo, al quale era giuridicamente soggetta, la cedette alla Confraternita dello Spirito Santo. Questa nel 1689 incaricò l’architetto Michelangelo Garove di “ammodernarla”, cioè di conferirle l’aspetto barocco allora alla moda, pur mantenendone intatta la struttura gotica. Non solo. Gli commissionò anche la progettazione di un coro, che la chiesa non aveva mai avuto ma che per la i Confratelli era indispensabile, dovendo essi, come i membri di tutte le Confraternite, recitare insieme l’Ufficio Divino.
Garove decise di risolvere il problema costruendo, addossato alla facciata, un corpo di fabbrica di due piani: un grande parallelepipedo che da allora appare l’elemento caratterizzante della chiesa, il cui pianterreno era costituito da un portico a tre fornici che si apriva sulla piazza (piazza dei Mercadillo, l’odierna piazza Mazzini) mentre quello superiore, raggiungibile con una scala in muratura aderente alla parete destra della chiesa, e affacciantesi con una balaustra sull’interno di essa, era interamente riservato dal coro. In questo modo il Garove anticipava una soluzione che nel 1698 avrebbe replicato nel santuario dell’Annunziata (ma in questo caso il nuovo corpo di fabbrica non aderisce alla facciata ma al retro della chiesa).
Il Comune dette il suo assenso perché – così recita l’ordinato consiliare – l’opera non danneggiava la città, anzi, contribuiva “al decoro e beneficio pubblico”. Ma pose tre condizioni: 1) che il portico fosse liberamente accessibile al pubblico; 2) che il sito sul quale sarebbe sorto il portico restasse di proprietà del Comune; 3) che sulla facciata comparissero lo stemma del Comune e le immagini dei suoi due principali Santi protettori: San Guglielmo e San Giorgio.
Antonio Mignozzetti
(Continua)