SORPRESE DI ARTE E DI STORIA. La Chieri dell’Ottocento vista da una londinese

Il settimanale “San Giorgio!” del 7 febbraio 1886 riportava una lettera che una londinese di nome Edvige, non si sa per quale motivo ospite di Chieri, spedì a Londra all’amica Vittoria Artington.

È una gustosissima fotografia della Chieri di quel tempo, caratterizzata dal rumore assordante delle centinaia di telai che “battevano” in tutte le case e che non la facevano dormire, e dall’abitudine di chiamare certi luoghi con nomi che dicono il contrario della realtà (come “ ‘l pian ca monta ” per indicare piazza Cavour).

“Amica carissima. Ti scrivo al lume dell’alba mattutina. Non sgridarmi se mi sono alzata troppo presto per te: in questa città è assolutamente impossibile il restar a letto più di sei ore. Nella casa ove io sto a pigione vi sono 11 (dico undici) telai per la fabbricazione dei tessuti, e quando lavorano tutti ad un tempo, fanno un rumore maggiore d’assai di quello prodotto da due locomotive stradali. Sul principio volevo cambiar dozzina perché non potevo soffrire quel brusio, ma mi hanno detto che in tutte le case è la stessa storia e mi ci sono rassegnata. Figurati che in una botteguccia al piano terreno, precisamente sotto la mia camera, vi sono tre telai, uno in una camera attigua alla mia ed uno in una camera al disopra della mia. Devi sapere che i telai si fermano per mezzo di puntelli e ad ogni colpo di cassa che chiude la trama nell’ordito risponde un ‘bum’ sordo, che spaventa a prima udita. Immagina che di questi colpi se ne sentono in media 40 per minuto secondo, aggiungi per ogni rimbombo un ‘tilech’ che produce un certo ordigno con cui si dà alla navetta la spinta tra 1’ordito, moltiplica per cinque e poi fattene l’idea. E questa sarabanda dura ordinariamente dalle cinque del mattino alle undici di sera. Sulle prime ho creduto che la casa mi venisse sul capo, ma adesso, grazie a Dio, mi ci sono avvezza e ti so dire che mi ci diverto tanto.Della città non ti posso ancor dire nulla non avendo avuto tempo di visitarla; quel che ti so dire si è che in questo paese hanno una mania strana che non mi so spiegare. Hanno dato nomi strani a certe località, che sono tutto il contrario del nome loro, ma di questo ti parlerò in altra mia. Da pochi giorni ch’io abito Chieri, è caduta molta neve: anche mentre ti scrivo i bianchi fiocchi di essa ammantano le strade. Il Municipio la fa togliere dalle vie principali e la lascia nelle altre perché serva di divertimento ai cittadini. Se tu vedessi le belle battagliole con relative rotture di vetri, invettive, pioggia di scapaccioni e simili… Ti vorrei ancora parlare del Collegio, dell’indole degli abitanti, del clima e di altre cosa molte, ma mi accorgo di esserti ormai noiosa… Ti saluto caramente… Tua aff. ma amica Edvige. Chieri, 6 febbraio 1886”.

Antonio Mignozzetti