PIEMONTE ARTE: “LA GRANDE PINACOTECA”, VEZZOLANO, LO CASCIO E BERNARDINI, EMANUELE D’AZEGLIO
«LA GRANDE PINACOTECA»: I TESORI D’ARTE DI CHIERI ON-LINE
Il fascino di mille anni di pittura a Chieri emerge dalle opere presenti nelle chiese, negli uffici pubblici e negli spazi cittadini, che dal 21 dicembre si possono ammirare on-line sul sito 100torri.it.
E così si scopre «La grande pinacoteca» e i suoi tesori, la storia di chiese e palazzi, di artisti ed esperti, che hanno concorso alla «costruzione» di un piacevole e creativo percorso a cui si può accedere con un semplice «clic», con una facile «navigazione» all’interno delle specifiche piantine «attive», con la sequenza delle illustrazioni che accompagnano ambienti, edifici, antichi monasteri.
Si tratta di un nuovo modo di leggere il mondo e i capolavori dell’arte figurativa, di cogliere il significato di immagini e simboli religiosi e non, di consentire ai turisti di entrare in contatto con la «pinacoteca» attraverso i QR code collocati sopra i totem, che il Lions Club Chieri ha donato alla città, mentre i testi in italiano, inglese, tedesco, francese, russo e spagnolo, concorrono a un’ampia diffusione dei contenuti culturali.
In questa angolazione «La grande pinacoteca» rappresenta un vero e proprio punto d’incontro tra il pubblico e l’arte, tra la redazione di 100torri e il territorio e gli aspetti di una iniziativa nata dalla collaborazione con le associazioni chieresi «Carreum Potentia», la «Chiocciola» e «Avezzana», con il Lions Club Chieri, sostenuta dalla Banca C.R. Asti e il patrocinio del Comune di Chieri.
Dedicata a Beppe Ferrero, storica e straordinaria «guida» di Chieri e del suo patrimonio artistico, recentemente scomparso,
«La grande pinacoteca» offre un importante contributo alla conoscenza delle arti visive che, in questa prima fase, è caratterizzata dalle opere pittoriche conservate in San Domenico, Duomo, San Filippo, Santa Margherita, Santuario dell’Annunziata e Precettoria di San Leonardo.
E, in estrema sintesi, il discorso si snoda dal «Coro» in San Domenico con la grande tela «La Resurrezione di Lazzaro» dipinta da Guglielmo Caccia detto il Moncalvo nel 1615 e, dello stesso autore, «La Moltiplicazione dei pani e dei pesci», per poi notare nella Cappella di S. Rosa da Lima l’omonimo quadro che, si pensa, potrebbe essere di Vittorio Amedeo Rapous.
Proseguendo nella navigazione, s’incontra in Duomo (Collegiata di Santa Maria della Scala) «La pala Tana», assegnata alla mano del pittore fiammingo Gomar Davers, o d’Anvers, e a Francesco Berglandi, che pone al centro una pregevole Natività. Mentre si avverte il senso espressivo del ciclo della «Passione di Cristo» di Guglielmetto Fantini, allievo di Giacomo Jaquerio, e quello dei lavori di Francesco Fea, Mattia Franceschini, Stefano Maria Legnani (Il Legnanino) e degli affreschi di Giuseppe Sariga.
Nel Presbiterio di San Filippo Neri affascinano l’«Immacolata Concezione» di Daniele Seyter, le due tele di soggetto biblico di Giovanni Antonio Mari e le otto piccole interpretazioni della vita della Vergine. E da questi ultimi episodi, si passa in Santa Margerita, il monastero delle monache domenicane fondato nel 1354 dal nobile chierese Bartolomeo Rabellatore de’Balbis, che conserva la pala «Incoronazione della Vergine e Santi» del Moncalvo e la cupola e le volte sono affrescate dai pittori comaschi Giovan Paolo Recchi e il fratello Giovanni Battista, allievi del Morazzone.
Nel Santuario dell’Annunziata, invece, sono visibili il dipinto con la figura di San Grato, attribuito a Giovanni Crosio di Trino Vercellese, allievo del Moncalvo, l’«Annunciazione» di Gillio Tavernier, un frate fiammingo ospite del locale covento dei Frati Minori Conventuali, e le opere del chierese Alberto Maso Gilli.
Si giunge, infine, alla Precettoria di San Leonardo con il realistico ciclo di affreschi della «Passione di Cristo» (1405-1418): da l’«Arresto di Cristo» alla «Deposizione dalla croce».
Un suggestivo itinerario, quindi, che costituisce la testimonianza di una ricerca corredata dai testi di Antonio Mignozzetti e delineata mediante il progetto e il coordinamento di Gianni Giacone, sino a considerare il partenariato scientifico di Carreum Potentia, Compagnia della Chiocciola e Avezzana. E con il webmaster Guido Gilli si ricorda l’impaginazione di Francesca Moro e la campagna fotografica di Roby Zanchettin, Matteo Maso e dello Studio Gaidano&Matta.
Angelo Mistrangelo
CANONICA DI VEZZOLANO: NATALE CON IL PRESEPE DI ANNA ROSA NICOLA
In occasione del Natale, le antiche cucine della Canonica di Vezzolano ospitano il grande e suggestivo presepe, tutto realizzato a mano dalla nota restauratrice Anna Rosa Nicola, erede della celebre famiglia Nicola di Aramengo; questo celebre laboratorio, restaura importanti tesori d’arte provenienti da tutto il mondo.
È la rappresentazione in miniatura dei principali mestieri d’arte, concepita con la maestria di un’abile professionista del restauro e con la poesia di chi osserva la vita con lo sguardo di fanciulla. L’autrice scopre con gioia la complessità dei mestieri, degli ambienti, dei volti e dei paesaggi, annotando e rappresentando ogni dettaglio più autentico e anche quotidiano.
Questo è il Presepe di Anna Rosa Nicola, che “costringe” a sorridere anche i più annoiati e distratti visitatori che affollano la Canonica Regolare di Santa Maria di Vezzolano. Per scoprire il più delicato dei Presepi bisogna addentrarsi nell’ala più antica dell’edificio romanico, le ex cucine, sormontate dalla robusta orditura delle grandi travature medievali, talvolta con tracce di nera combustione.
Il freddo di questo luogo, che il tempo non ha adattato alle esigenze della nostra civiltà, viene dimenticato in quella ex cucina abbaziale dove aleggia l’amore per l’arte e il calore di mani che instancabilmente, in ogni ritaglio di tempo quotidiano, hanno realizzato persone, oggetti e ambienti con materiali diversi, cera, creta, lastre di alluminio, anelli di tende, tessuti, vecchi orecchini, legno, plastica, materiale di recupero, e tanto altro, il tutto nobilitato dalla sapienza di Anna Rosa Nicola.
Il Presepe rappresenta la vita di un villaggio tra due secoli, unendo la tradizione pastorale e contadina alla vita artigiana e anche urbana. I visitatori di tutte le età restano incantati, e le esclamazioni gioiose dei piccini si confondono spesso con la nostalgia di chi ha ancora sbiaditi ricordi del laboratorio della modista, dell’orologiaio, della pasticceria, di una drogheria, di un antiquario (decisamente ancora attuale) e di una scuola dove le cartelle sono ancora di cuoio e l’insegnamento si fa con l’abbecedario alla parete e senza pc.
E si ritorna, cercando le ore di minore affollamento, per esplorare meglio i dettagli, tanti e curiosi, che anche gli affezionati delle edizioni precedenti scoprono con emozioni ancora più “sonore” quando trovano la firma dell’autrice in una delle ambientazioni più divertenti!
Il presepe è visitabile, fino al 5 febbraio, il sabato e la domenica e durante le festività natalizie, dalle 10 alle 17. Ingresso libero.
Apertura settimanale per gruppi, previa telefonata alla Cabalesta: 011/9872463.
Raffaella Campagna
VOLTI DI SANDRO LO CASCIO E FIGURE FIABESCHE DI MATTEO BERNARDINI
Nella nuova saletta mostre di Palazzo Barolo, ingresso in via delle Orfane 7/A angolo via Corte d’Appello, si può visitare sino all’8 gennaio 2017 la mostra «Dal Secondo Novecento Torinese alla Prospettive Fiabesche».
L’appuntamento, promosso dalla Cooperativa Agricola Sociale «Release» Onlus di strada Tetti Grondana 3 a Chieri, propone le figure femminili del pittore e incisore Sandro Lo Cascio e le «tavole» dal mondo delle fiabe del regista Matteo Bernardini, mentre completano la rassegna due raffinati lavori («Ikebana») di Dudi D’Agostini e un’intensa e surreale scultura di Monica Lo Cascio.
L’esposizione si snoda attraverso una ventina di lavori di Lo Cascio caratterizzati dal piacevoli profili di ragazza degli anni Ottanta, da nature morte con frutta e un simbolico gufo, da due grandi incisioni che rivelano la puntuale misura espressiva dell’artista.
Le incisioni sono state donate all’iniziativa «Release», che riunisce soci e volontari, per sostenere l’«Equivillaggio» solidale fondato per i bambini, le persone fragili o con disabilità, che possono usurfruire di un ambiente piacevole fra il verde della collina, accompagnate dall’asina Filippa e da cavalli addestrati.
Un contributo arricchito, inoltre, dall’impegno solidale di Bernardini, che opera all’insegna di una fresca e cromatica vena narrativa e di un segno immediato che fissa «Olimpia, la bambola infernale» o Hansel e Gretel: i personaggi della fiaba dei fratelli Grimm.
La mostra è aperta tutti i giorni dalle 17 alle 20.
Angelo Mistrangelo
TORINO, PALAZZO MADAMA: IN MOSTRA LE COLLEZIONI DI EMANUELE D’AZEGLIO
Palazzo Madama propone, fino al 6 marzo, Emanuele d’Azeglio. Il collezionismo come passione, mostra che celebra, a duecento anni esatti dalla sua nascita, il grande collezionista e mecenate piemontese che, dopo una brillante carriera diplomatica, fu dal 1879 al 1890 direttore del Museo Civico di Torino.
La mostra, curata da Cristina Maritano, conservatore per le arti decorative di Palazzo Madama, si concentra sulla grande passione collezionistica di Emanuele d’Azeglio, le cui preziose raccolte di ceramiche e di vetri dorati, graffiti e dipinti, conservate a Palazzo Madama, costituiscono oggi una collezione unica al mondo, per qualità e numero di pezzi.
Vittorio Emanuele Taparelli d’Azeglio (1816-1890), nasce a Torino in una delle più importanti famiglie della nobiltà piemontese (lo zio è il celebre Massimo) dell’epoca ed è avviato alla carriera diplomatica che lo porta a prestare servizio in varie sedi europee: Monaco di Baviera, Vienna, L’Aja, Bruxelles, San Pietroburgo.
Nel 1850, a soli 34 anni, Cavour lo sceglie come ministro plenipotenziario a Londra per il Regno di Sardegna, e poi d’Italia, non solo per l’abilità politica ma anche per la sua cultura e capacità di intessere relazioni sociali.
Nel vivace clima culturale londinese di fine ‘800 diventa un raffinato conoscitore e collezionista d’arte, abilità che sfrutta come strumento di ascesa e affermazione sociale, tanto che per sua iniziativa nasce il celebre Burlington Club, dove ha la possibilità di entrare in contatto con i principali collezionisti e antiquari dell’epoca. Frequenta inoltre i direttori dei grandi musei londinesi, come il British Museum e il Victoria and Albert Museum.
Sono gli anni della bricabracomanie, la febbre del collezionismo, passione che si diffonde rapidamente soprattutto tra chi viaggia e che spinge i collezionisti in tutta Europa alla ricerca di tesori nascosti nei negozi d’anticaglie. Per Emanuele d’Azeglio la passione collezionistica si concretizza in numerose raccolte, che si avvicendano nel tempo: porcellane cinesi e giapponesi, dipinti di antichi Maestri, maioliche e porcellane italiane, infine i vetri dipinti, l’ultima sua grande avventura.
La mostra a Palazzo Madama coinvolge tutti i piani del museo attraverso un percorso “diffuso” segnalato al pubblico da un’apposita grafica.
Al piano nobile, Gabinetto Cinese, Piccola Guardaroba e Camera Nuova ospitano un approfondimento sulla vita di Emanuele d’Azeglio e dei suoi interessi collezionistici.
Ritiratosi dall’attività diplomatica nel 1868, cresce in lui l’impegno verso il Museo Civico di Torino, a cui fa confluire donazioni e segnalazioni per gli acquisti, con l’ambizioso obiettivo di renderlo una realtà di rilievo internazionale nelle arti decorative, sull’esempio dei prestigiosi musei inglesi. Insieme alla raccolta ceramica, oggetto di attenzione costante e continuamente incrementata, colleziona oltre un centinaio di vetri eglomisés, dipinti e dorati, che lascia in eredità al Museo torinese.
Oltre alle opere di proprietà di Palazzo Madama, sono esposti in mostra alcuni importanti prestiti: i codici miniati quattrocenteschi Sforza e d’Avalos, acquistati da d’Azeglio a Londra e poi ceduti alla Biblioteca Reale di Torino; i due eccezionali piatti in maiolica rinascimentale provenienti dal Museo Nazionale del Bargello di Firenze; la Scrivania “alla mazzarina” di Luigi Prinotto appartenuta alla famiglia d’Azeglio e oggi parte delle collezioni della Venaria Reale. Ritorna inoltre a Torino, per la prima volta dopo più di un secolo, la celebre Madonna Villamarina, uno dei dipinti più enigmatici e affascinanti della pittura italiana del Rinascimento, oggi conservato alla Fondazione Cini di Venezia. Tra i prestiti anche due preziose tavolette di Antoine de Lonhy, appartenute a d’Azeglio e recentemente riemerse sul mercato antiquario, che dialogano, in Sala Acaia, con la serie già di proprietà del museo.
L’esposizione prosegue illustrando l’attività di direzione che Emanuele d’Azeglio svolse dal 1879 al 1890, con uno slancio e un entusiasmo propri di chi finalmente asseconda le proprie più vere inclinazioni. Vengono ripercorse le principali acquisizioni compiute, ampliando come direttore le collezioni e delineando la futura espansione del Museo: dai capitelli provenienti dal chiostro di Sant’Orso di Aosta, ai ritratti sabaudi, dalle ricche collezioni di arte decorativa a quelle tessili prima trascurate.
Il percorso si sofferma anche sul prezioso servizio di porcellana di Meissen appartenuto alla famiglia Taparelli d’Azeglio, e acquistato nel 2013 da Palazzo Madama attraverso una vasta operazione di crowdfunding, la prima del genere in Italia, che ha visto la partecipazione di oltre 1.500 donatori. La scoperta dell’esistenza di questo servizio – rimasto eccezionalmente integro fino ai giorni nostri – è avvenuta grazie allo studio di un dipinto di Massimo d’Azeglio del 1846, Natura morta con fiori e oggetti, conservato alla GAM di Torino e ora in prestito in occasione della mostra, che raffigura proprio una delle tazzine con lo stemma dei Taparelli.
L’omaggio alla famiglia d’Azeglio proseguirà in primavera alla GAM di Torino con un’esposizione in Wunderkammer dedicata a Massimo d’Azeglio in occasione dei 150 anni dalla sua morte.
Orario: lun-dom 10.00-18.00, chiuso il martedì.
www.palazzomadamatorino.it
Raffaella Campagna