Chieri, ex Tabasso: tutto fermo, manca l’accordo sul valore delle catapecchie

Le casette fatiscenti dell’ex Tabasso

Ex Tabasso, altro stop. E stavolta potrebbe essere una cosa seria. Se i politici aspettano che la cordata di imprese locali guidata da Claudio Campagnolo faccia un passo formale, presentando il progetto, l’attesa sarà lunga, lunghissima. Perché gli imprenditori a loro volta aspettano dal Comune una risposta sulla questione di fondo, mai chiarita: quanto valgono, in soldoni, le casette semidiroccate? Molto, moltissimo, secondo la valutazione del Comune; meno della metà, secondo la cordata di imprese. Il piano economico che dall’altra parte della bilancia prevede la realizzazione delle due piazze (una coperta e una scoperta) e del salone polivalente deve pareggiare, e il ‘peso’ delle casette è ovviamente determinante.

Dice Claudio Campagnolo: “Noi abbiamo presentato un piano economico, adesso aspettiamo che il Comune lo accetti. Se lo accetterà, firmeremo un preaccordo, che rappresenta per noi la garanzia di recuperare i soldi investiti nella progettazione delle opere pubbliche nel caso la futura gara sia aggiudicata ad un soggetto diverso da noi. Il nostro piano economico dà alle casette, che sono il nostro valore di entrata, una valutazione assai più bassa di quella che viene ipotizzata nella perizia. La ragione è semplice: secondo la perizia del Comune conta la consistenza degli edifici, e non le reali condizioni di realizzabilità dell’intervento su di essi. Noi diciamo: quelle casette non possono essere demolite, vanno in parte recuperate e va cambiata la loro destinazione d’uso, vanno pagati vari oneri e alla fine sono degli alloggi che potremo vendere ad un prezzo di mercato che sicuramente sarà più basso rispetto a qualche anno fa. Teniamo conto del fatto che noi ci impegniamo a realizzare le opere a prezzo di costo e che il nostro eventuale, futuro guadagno è tutto nella vendita degli alloggi che costruiremo dove adesso ci sono le catapecchie. Se viene sovradimensionato il valore delle casette, l’operazione non sta in piedi. Che il Comune decida: se si devono mettere insieme il costo delle opere pubbliche che il comune vuole e il valore degli alloggi che si recuperano dalle casette, i conti sono quelli che abbiamo presentato. Diversamente, se il Comune ritiene che le casette valgano di più, faccia una gara per venderle e poi con il ricavato progetti e realizzi le opere. Chiaro che questo renderebbe del tutto inutile il lavoro fatto fino ad oggi…”

Sulla reale vendibilità delle catapecchie, Campagnolo è perplesso. “Si può sempre trovare un compratore, come si trova una ditta che presenta una offertona in ribasso per costruire le opere pubbliche. Poi, magari, dietro c’è una speculazione, qualcuno che compra e poi lascia lì ferme le cose per dieci anni…”

Una risposta

  1. guido vergnano ha detto:

    In Comune non si rendono conto delle mutate condizioni di mercato. Al punto che nel nuovo bando per Palazzo Diverio e l’edificio ex-combattenti addirittura prevedono un aumento del valore base d’asta. Ma se 10 anni fa il prezzo di mercato di un’abitazione in centro superava i 3000 euro al metro quadro, oggi si aggira sui 2200/2300 euro. E i costi di recupero non sono diminuiti, per cui deve gioco-forza diminuire in gran parte il costo di acquisizione dell’immmobile da recuperare. Ma non lo capiscono in Comune, e allora rimangono con un nulla di fatto.