LE PERLE NERE DELLA MUSICA a cura di Edoardo Ferrati
GRAUN- Dodici arie da opere (prima registrazione assoluta)
Julia Lezhneva (soprano), Concerto Koln diretto da Mikhail Antonenko; Decca 483 1518
Reg. Colonia, Radio, settembre 2016; pubblicato aprile 2017, durata 65:12
Carl Heinrich Graun (1704-1759) è uno dei più importanti compositori tedeschi dell’opera barocca italiana, ma quasi sconosciuto. Maestro di cappella di Federico II° di Prussia, a nove anni entrò come cantore alla Scuola di Santa Croce a Dresda, poi, a causa della muta della voce passò al registro di tenore, mentre a sedici anni iniziò a comporre musica sacra. Per dieci anni direttore della musica a Brunswick presso il duca Ferdinand Albrecht che nel 1735 accordò a Graun il consenso di passare al servizio di Ferdinando II° di Prussia che, salito al trono nel 1740, lo ingaggiò con uno stipendio di diecimila scudi (cifra ragguardevole per l’epoca), presso cui rimase fino alla morte. Compose ventisette opere e molta musica sacra, cantate italiane. Il talento principale di Graun si esprime in una scrittura piacevole (era un tenore acuto) che denuncia bella invenzione ed espressività nel suo carattere con un sapiente e parco uso delle risorse del contrappunto.
Questo disco della Decca è frutto di un lungo lavoro di ricerca di Julia Lezhneva presso la Biblioteca Sassone di Berlino dove erano letteralmente celate le arie oggetto della presente registrazione. La Lezhneva, ventotto anni, ha studiato con il celebre mezzosoprano russo Yelena Obraztsova. Nota al pubblico internazionale come soprano coloratura, si è prodotta in prestigiosi teatri e festival europei. Le pagine di Graun costituiscono un terreno ideale per la sua voce: picchettati,, scale, scalette, trilli sovracuti che soddisfano i piaceri di tutte le virtuose. La Lezhneva possiede tali requisiti, ma con un limite, ossia la fonazione aperta e uno spessore piuttosto esiguo a cui si aggiunge una dizione italiana non proprio irreprensibile e accenti troppo stretti. Terminato l’ascolto si resta interdetti con una sensazione di monotonia, le arie sono una copia a carbone una dell’altra. Un disco sostanzialmente non riuscito con il sospetto che il soprano russo sia uno dei prodotti “costruiti” dalle multinazionali discografiche. Peccato, un’occasione mancata per avvicinarsi a un autore importante qual è Graun. Eccellente il Concert Koln sotto la solerte guida di Mikhail Antonenko che stacca tempi veloci con gusto.