PIEMONTE ARTE: CHIERI, RIVOLI, MIRADOLO, VINOVO, ZORIO

INAUGURAZIONE MOSTRA “PADRE GIOVANNI BERTOLONE. GRANDE MISSIONARIO CHIERESE”

Domenica 29 ottobre 2017 ore 16.

Chiesa San Filippo, via Vittorio Emanuele II, 61 – Chieri

Ventiquattro fotografie per raccontare la vita del missionario salesiano durante gli anni in Italia. Sarà inaugurata domenica 29 ottobre 2017, e durerà sino al 19 novembre, nella chiesa di San Filippo di via Vittorio Emanuele II a Chieri, alle 16, la mostra fotografica “Padre Giovanni Bertolone, un grande missionario chierese”. Un racconto iconografico che ripercorre i primi trent’anni del percorso del religioso, nato a Chieri e poi partito per l’Argentina per seguire la sua vocazione: dedicarsi completamente ai più poveri e ai più disagiati.

All’inaugurazione interverrà il coro del Duomo di Chieri. La mostra, ad ingresso libero, resterà aperta tutti i fine settimana: venerdì dalle 16 alle 19, sabato dalle 18 alle 19 e domenica dalle 16 alle 19. (Maggiori info su www.padrejuanbertolone)

L’esposizione, voluta dalla famiglia del religioso in particolare dal fratello Renato e dalla cognata Anna Maria, ha dunque l’obiettivo far conoscere, anche nella sua cittadina nativa, il sacerdote salesiano, di cui molto ancora oggi si parla in Argentina. A lui, infatti, nella città di Conesa sono dedicate una scuola e una via.

Padre Giovanni Bertolone, “battezzato” dagli argentini con il nome di Padre Juan, nacque a Chieri, alla Mangolina nella cascina Malvirà, il 19 maggio 1931 ed era figlio di Riccardo e Lucia Razzetti.

A Chieri frequentò le scuole elementari a San Filippo e poi a San Luigi. Padre Bertolone fu ordinato sacerdote il 1° luglio del 1960 a Bollengo, nei pressi di Ivrea, e nell’ottobre di quell’anno partì per l’Argentina. In quegli anni il Paese sudamericano era in preda a venti di tempesta, si avvicinavano dei cambiamenti importanti. In particolare in quel periodo in Argentina vi era in atto una forte crisi che si manifestava nella povertà, negli sradicamenti, nelle famiglie senza tetto e con tante altre che sopravvivevano con dei miseri lavori. Fatti che forse hanno condizionato la sua scelta di partire per l’America Latina, rinunciando a ciò che di più caro aveva: la sua famiglia.

In quegli anni anche nell’ambiente religioso e pastorale non era poi tanto diverso ed era caratterizzato da resistenze ed incomprensioni. Padre Giovanni morì il 7 maggio 1976 per un tumore al cervello all’età di 44 anni, dopo 25 anni di vita salesiana e 15 di sacerdozio e riposa tuttora nel cimitero di Conesa.

Le foto esposte nella mostra sono il sunto di una lunga ricerca, tra l’Italia e l’Argentina, che la cognata Anna Maria ha meticolosamente documentato sino a crearne un libro che raccoglie decine di documenti, foto, lettere e articoli di giornale. La mostra è dunque un “assaggio” della vita del Grande Missionario Chierese di cui ancora molto resta da scoprire.

 

RIVOLI: PERCORSI DI VIAGGIO, SEI ARTISTI PER RAVI

Al Museo Casa del Conte Verde, in via Fratelli Piol 8 a Rivoli, è aperta la mostra «Percorsi di viaggio» promossa dall’Associazione R.a Vi., che concorre a creare un diretto contatto tra il pubblico e gli artisti che contribuiscono a sostenere l’attività e le sperimentazioni volte a sconfiggere il cancro. Durante il vernissage interventi musicali di Danilo Ghiglieri e Luca Lucky.

E questo terzo appuntamento, dopo la Sala Mostre della Regione Piemonte e Palazzo Lomellini a Carmagnola, costituisce un ulteriore punto di riferimento per cogliere il valore delle opere e dei pittori che partecipano a questo incontro.

E così i quadri esposti raccontano di un impegno costante, di una personale misura espressiva e di una decisiva partecipazione a importanti e determinanti momenti di volontariato sociale.

L’itinerario espositivo si sviluppa partendo dai ritratti di Ines Daniela Bertolino, che sviluppa una serie di soggetti secondo meditate e poetiche cadenze espressive: dal ritratto della scienziata «Margherita Hack» all’intenso volto di «Nonna Pina».

Più volte premiata al concorso «Cesare Pavese» di Santo Stefano Belbo, Lidia Delloste affida alla luminosità dell’acquerello i suoi paesaggi urbani con portici, la gente ai tavolini di un caffè e i calibrati scorci di un ambiente ripreso con sensibilità.

Mariarosa Gaude, invece, comunica le sue sensazioni attraverso la suggestione e il fascino delle Peonie. E dalle cadenze dei rossi e dei gialli, si avverte la capacità dell’artista di controllare gli esiti formali di un dipingere piacevolmente legato alla natura.

In Marco Longo, insegnante presso lo studio «Ricerche visive di Torino», la pittura è atmosfera, delicate e quasi monocrome sequenze cromatiche, interiorità rivelata di un percorso che unisce un «Parabrezza» alle «Luci urbane» al «Dittico Caos».

Con l’interno di «Santa Croce» a Rivoli, Gabriella Malfatti suggerisce una chiave di lettura di una simbolica ricerca, di quelle entità figurali che emergono dalla trama del colore. Di questa artista si ricorda la personale alla Chiesa di San Bernardino dei Disciplinanti Bianchi a Bene Vagienna, sino al 26 novembre. Francesco Murlo, infine, allievo di Giuseppe Grosso, propone una serie di lavori in cui romanticismo e sottile trama segnico-cromatica, alberi e radure e specchi d’acqua, diventano gli artefici di una rasserenante e limpida narrazione per immagini.

                                             Angelo Mistrangelo

 

Rivoli, Museo Casa del Conte Verde, in Fratelli Piol 8, orario:martedì-venerdì 16-19, sabato e domenica 10-13/16-19, sino al 5 novembre.

 

 

FONDAZIONE COSSO: “FAUSTO MELOTTI. QUANDO LA MUSICA DIVENTA SCULTURA”.

Fondazione Cosso – Castello di Miradolo

11 novembre 2017 – 11 febbraio 2018

L’11 novembre si apre al Castello di Miradolo una importante mostra antologica dedicata a Fausto Melotti, organizzata dalla Fondazione Cosso per confermare il grande lavoro di ricerca, intrapreso da quasi 10 anni, sulle possibilità di dialogo tra le arti e, in particolare, tra arti figurative e musica.

Fausto Melotti (1901-1986) è tra i grandi protagonisti dell’arte del XX secolo: scultore, pittore, ceramista, poeta, musicista. L’esposizione, curata da Francesco Poli e da Paolo Repetto, si compone di oltre 80 opere (30 sculture, dipinti su carta, ceramiche) e si sviluppa in un percorso espositivo concepito in dialogo con l’architettura delle 11 sale storiche del Castello di Miradolo. La produzione di Fausto Melotti viene riletta attorno a temi quali il tempo, la narrazione, il mito, il rapporto con la forma e, nella speciale sezione “Assonanze”, le opere di Melotti sono messe a confronto con quelle di grandi artisti da lui amati o di cui è stato amico, tra cui Arturo Martini, Fortunato Depero, Paul Klee, Vassili Kandinskij, Alexander Calder, Lucio Fontana, Osvaldo Licini, Atanasio Soldati. Le affinità tra il linguaggio scultoreo di Melotti e la musica, intesa come “occupazione armonica dello spazio”, porta il progetto artistico Avant-dernière pensée a concepire, per questo importante evento, un’inedita installazione sonora, che ha come cuore le note e soprattutto i silenzi della rara partitura 44 Harmonies from Apartment House 1776, composta da John Cage nel 1976 (Fausto Melotti muore nel 1986, dieci anni dopo) e presentata qui nella versione per quartetto d’archi di Irvine Arditti. L’originale di Apartment House 1776 è stato composto per il Bicentenario degli Stati Uniti e eseguito congiuntamente dalle orchestre di Boston, Chicago, Cleveland, Los Angeles, New York e Philadelphia in tutto il Paese nel 1976. In questo brano, John Cage segue il principio del “MusiCircus”, la “molteplicità dei centri”, che descrive come “diversi pezzi eseguiti contemporaneamente, invece che uno alla volta”. Questa “molteplicità di centri” della scrittura del brano, essenziale e pulita e la cui tessitura libera rievoca i pieni e i vuoti delle sculture di Melotti, si incontra nell’inedito sistema di diffusione del suono, concepito perché i quartetti d’archi si articolino nello spazio delle sale espositive, a comporre una grande e suggestiva scultura sonora. Prosegue la riflessione sul tempo e la musica, arte del tempo, lo diviene così anche dello spazio. Grande attenzione è riservata, dalla Fondazione Cosso, alla didattica, che trova spazio in un percorso di visita della mostra per i più piccoli, le scuole e le famiglie, dal titolo “Da un metro in giù”. La riflessione sul tempo in mostra, sul tempo dell’esperienza e dell’incontro con l’arte, porta con sé anche uno speciale allestimento, dedicato ai bambini: le famiglie che scelgono di visitare la mostra sono invitate a mettersi in gioco, si trovano a interagire con gli spazi e con le opere, partecipano al racconto di Melotti proposto loro dalla Fondazione Cosso. Ogni famiglia che entra nelle sale del Castello di Miradolo lascia una traccia del suo passaggio e, richiedendo lo speciale “kit dell’arte”, può vivere la visita in modo creativo, oltre la mostra. Per le scuole si propone l’approfondimento di temi come forma e colore, segno grafico ed esperienza tattile, che si sviluppa nelle sale accanto alle opere e all’interno di spazi appositamente riservati alla formazione, all’interazione con contenuti multimediali e alla realizzazione di manufatti d’arte ispirati all’opera di Melotti.

Alcuni manufatti creati dai bambini e dalle famiglie troveranno posto nelle sale, dove racconteranno dell’esperienza vissuta da ciascuno, secondo le proprie inclinazioni, aspettative, visioni.

 

Castello di Miradolo

11 novembre 2017 – 11 febbraio 2018

La mostra è presentata da Fondazione Cosso

Con la curatela di Francesco Poli e di Paolo Repetto

Il progetto musicale è di Roberto Galimberti, Avant-dernière pensée

 

VINOVO: ARTSITE 2017 AL CASTELLO DELLA ROVERE

ARTSITE, per l’edizione 2017,, propone una mostra ideata per gli ambienti delle residenze reali e delle dimore storiche tra le più belle del Piemonte. Nel Castello Della Rovere di Vinovo un laboratorio dedicato alle arti attuali vede l’intervento di dodici artisti tra pittura, fotografia, performance e teatro.

Antonio De Luca, Carlo D’Oria, Diego Dutto, Tea Giobbio, Fukushi Ito, Gabriele Garbolino Rù, Claire Robert, Cristina Swan, Walter Vallini, disegnano un percorso nelle arti visive, incontrando il pubblico per una riflessione sull’arte contemporanea. Ernani Orcorte, da anni impegnato nella documentazione della scultura moderna e contemporanea propone una serie di fotografie di opere di grandi autori.

La mostra ARTSITE LAB, al Castello di Vinovo, dal 21 ottobre al 12 novembre 2017, a cura di Domenico M. Papa e Luca Bernard, è un progetto dell’Associazione Phanes, con il patrocinio della Regione Piemonte, la collaborazione del Comune di Vinovo, il supporto della Fondazione CRT e la partecipazione dell’Associazione Amici del Castello di Vinovo.

L’Assessore alla Cultura e Istruzione ritiene particolarmente importante, con progetti diversi ed innovativi ma di notevole rilevanza artistica, incoraggiare la valorizzazione del Castello di Vinovo e farlo, anche e soprattutto, attraverso il coinvolgimento dei giovani del territorio.

Pertanto è felice di poter offrire, attraverso interventi diretti degli artisti di ArtSite, la possibilità di avvicinare gli studenti delle nostre scuole al mondo complesso ma certamente affascinante dell’arte contemporanea. L’Arte in ogni sua veste e, a maggior ragione in quella dell’arte contemporanea, è espressione importante e significativa di sensazioni, idee e trasformazioni della società.

Gli studenti avranno la possibilità di seguire un percorso guidato e di sentire direttamente dall’artista il racconto del percorso, interiore prima e concretamente costruttivo dopo, che ha portato alla realizzazione di alcune opere.

La mostra osserverà i seguenti orari:

Sabato dalle 14.30 alle 18.30

Domenica dalle ore 10 alle ore 12 e dalle ore 14.30 alle 18.30

Per gruppi e scuole è possibile la visita in settimana previa prenotazione presso l’Associazione Amici del Castello al numero 338.2313951.

 

CASTELLO DI RIVOLI: GILBERTO ZORIO

2 novembre 2017 – 18 febbraio 2018

Inaugurazione 1 novembre 2017

Per la prima volta in un museo pubblico a Torino, il Castello di Rivoli dedica una grande mostra retrospettiva a Gilberto Zorio (Andorno Micca, 1944), tra i pionieri della storia dell’arte contemporanea e tra i protagonisti dell’Arte Povera. Curato da Marcella Beccaria e sviluppato in dialogo con l’artista, il progetto espositivo include nuove installazioni e opere storiche.

Il progetto espositivo raccoglie in un innovativo percorso organico alcuni tra i più importanti lavori realizzati da Zorio dai suoi esordi, tra cui installazioni storiche gelosamente custodite dall’artista nella propria collezione privata. Queste rare opere saranno presentate al pubblico con lavori provenienti da selezionate collezioni e opere dell’artista presenti nella collezione del museo. Saranno inoltre esposte per la prima volta nuove installazioni appositamente ideate e create da Zorio per gli spazi del terzo piano del Castello. Le diverse condizioni di luce e buio predisposte dall’artista duplicheranno idealmente la mostra in due inediti scenari percettivi. Le opere di Gilberto Zorio sono campi inesauribili di energia fisica e mentale. Dal 1966 ha indirizzato la propria ricerca in direzione di una processualità che rende continuamente mutevole ciascuna opera: in tal senso ha rinnovato il linguaggio della scultura, liberandola dalla fissità e dalla pesantezza a cui è tradizionalmente associata. Attivando reazioni chimiche o fisiche, l’artista immette i propri lavori all’interno di un ciclo vitale di fronte al quale egli per primo si pone come spettatore. Il tempo è spesso un’importante componente, in quanto solo il naturale trascorrere delle ore e dei giorni rende pienamente tangibile il dispiegarsi delle trasformazioni a cui le opere sono soggette. Afferma Marcella Beccaria: “In linea con la processualità che connota il metodo di Gilberto Zorio in base al quale più opere sono realizzate contemporaneamente e opere già realizzate possono essere riformulate, la mostra offre l’esperienza di un tempo sincronico nel quale passato e presente convivono, e di uno spazio mutevole, nel quale la sapienza alchemica dell’artista regala visioni inaspettate e coinvolgenti”.

 

VINOVO: FLORIANA PORTA – POESIA, HAIKU E FOTOGRAFIA

Il 25 ottobre 2017, alle ore 18, la Sala degli Affreschi del Castello della Rovere di Vinovo vedrà l’autrice Floriana Porta presentare il suo ultimo libro “La mia non è poesia”. Farà seguito, dal 27 al 29 ottobre, l’esposizione di alcune sue opere presso l’Ala Comunale. Fotografie artistiche e sperimentazioni di poesia visiva daranno vita alla mostra intitolata “La calligrafia di uno sguardo”, che propone una bellezza eterea, quasi metafisica, attraverso un dialogo immaginario tra arte antica e poesia contemporanea.

Le poesie di Floriana Porta incarnano i percorsi interiori che ognuno di noi vive nel suo io più profondo, dove la natura, il surreale e il sogno coesistono in maniera sorprendente. Una poesia sempre molto riflessiva, silenziosa nell’osservare il mondo e farlo proprio. Ma soprattutto una poesia dallo stile ermetico, che fa a meno della punteggiatura, e lontana dalla retorica e dal sentimentalismo. Alla presentazione del libro seguirà un’esposizione delle opere della scrittrice “La calligrafia di uno sguardo” che raccoglierà fotografie e poesie visive presso l’Ala Comunale dal 27 al 29 ottobre.

Evento patrocinato dal Comune di Vinovo, Assessorato alla Cultura e Istruzione, e in collaborazione con l’Associazione Amici del Castello. Il 25 ottobre interverranno: il Sindaco Gianfranco Guerrini, l’Assessore alla Cultura Maria Grazia Midollini e il letterato Paolo Cavalla.

 

TORINO: IL NUOVO LIBRO DI CINZIA BALLESIO SULLA STORIA DELL’ISTITUTO FIGLIE DEI MILITARI PROTAGONISTA A PALAZZO CISTERNA

La scrittrice torinese Cinzia Ballesio, insieme a Silvia Maria Ramasso della Neos edizione, ha presentato il suo ultimo libro “Le figlie dei militari – Una scuola nuova per le donne della nuova Italia” a Palazzo Cisterna, sede della Città metropolitana di Torino (via Maria Vittoria12).

La pubblicazione racconta delle quasi ottomila allieve “grandi, mezzane e piccolacce” e circa settecento donne tra personale direttivo, insegnanti e assistenti, le “Si” e le “Sa”, come venivano chiamate in base all’età e all’importanza del ruolo, che hanno attraversato la storia dell’istituto, le cui vicende integrano la comprensione e la ricostruzione della vita del collegio e offrono spunti interessanti per una lettura della realtà femminile del periodo.

La nascita dell’Istituto nazionale per le Figlie dei Militari di Torino è da collocarsi in un contesto di grande fermento ideologico e politico, dove le donne, con posizioni e atteggiamenti differenti e talvolta contrapposti, iniziano un percorso di ridefinizione della loro identità e di emancipazione che, in questo particolare momento della storia italiana, diventa uno dei possibili punti di forza dell’unità nazionale.

L’Istituto Nazionale per le Figlie dei Militari, istituzione scolastica nata nel fertile contesto culturale della Torino post-unitaria, è stata un’eccellenza fra i collegi femminili italiani, ed è legata inoltre a uno dei luoghi più affascinanti e ricchi di storia della città, la Villa della Regina, dove la sua sede principale rimarrà fissa dal 1869 fino ai bombardamenti del 1942.

Nata dall’iniziativa della marchesa Maria Luisa del Carretto, l’idea dell’Istituto per le Figlie dei Militari viene sostenuta da una serie di personaggi di spicco del periodo, tra cui quel Massimo d’Azeglio a cui è attribuita la frase “fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”. E proprio per “fare” i futuri italiani e dar loro “degne madri”, si vuole creare una “scuola di civile e morale educazione per le venture generazioni”.

Cinzia Ballesio, con sensibilità storica, restituisce un quadro a tinte vive di questa importante istituzione, ricostruito sulla base di una ricca quanto dispersiva documentazione archivistica, integrata con le testimonianze delle ex allieve intervistate, dove la memoria si mescola con i fatti, creando storie nella Storia: donne, scuola e società, un fitto intreccio in un universo ricchissimo e poco indagato.