Santena, Samantha Cristoforetti al Premio Cavour 2017: “Torino era lassu’ con me”
Abbiamo già scritto nell’articolo precedente parte delle accorate parole che l’astronauta Samantha Cristoforetti ha avuto per Santena, per il premio, la cittadinanza intera, durante la cerimonia di consegna alla sua persona del Premio Cavour 2017. Ha anche ricordato con piacere di aver partecipato ad un evento tempo fa a Pino Torinese.
Samantha ha mostrato le foto suggestive di come l’Italia, la Pianura Padana e Torino appaiono dallo spazio:
“Sono nata a Milano ma sono cresciuta in Trentino e già da piccolina sognavo di andare sullo Shuttle o l’Enterprise. Per farvi capire come nel mio caso non parlo solo di merito ma anche di circostanze fortuite, dopo la scuola ho frequentato ingegneria aerospaziale all’università tecnica di Monaco, ho studiato per un periodo in Francia e in Russia e mentre mi accingevo a laurearmi venne promulgata nel ’99 la legge sul servizio militare volontario femminile, cioè dal 2000 le donne italiane potevano partecipare ai concorsi per le forze armate e io nel 2001, appena laureata, ho fatto il concorso per frequentare l’Accademia Aeronautica, ricominciando tutto da capo: all’epoca mi diedero un po’ della matta, così diventai pilota militare. Di lì a poco uscì il concorso che mi permise di far parte del Corpo Astronautico dell’Agenzia Spaziale Europea insieme ad altri 5 giovani europei. Sono seguiti poi anni di addestramento in giro per il mondo, con gli americani della Nasa e i russi come principali partner ma anche contributi importanti europei con l’Agenzia Spaziale Europea e con l’Agenzia Spaziale italiana. La mia opportunità di andare nello spazio arrivò con la missione Futura, opportunità data dai contributi tecnologici italiani forniti alla Nasa. In meno di 9 minuti, a 28000 km/h, io e altri due colleghi eravamo in orbita a bordo del veicolo russo per raggiungere poi la gigantesca stazione spaziale internazionale, grande come uno stadio, che a me piace chiamare l’avamposto dell’umanità nello spazio. A bordo della stazione si è in 6 e all’inizio c’è molto da imparare per il fatto che tutto fluttua, all’inizio si passa più tempo nel ricercare le cose che si perdono che a lavorare, ad un certo punto ci si abitua, si diventa consapevoli con la coda dell’occhio che si lasciano galleggiare le cose intorno a sé e sembra di avere una “terza mano” a disposizione”.
L’astronauta ha mostrato con orgoglio anche la foto di uno dei moduli pressurizzati della stazione spaziale realizzato a Torino e che riporta anche il logo di ASI (Agenzia Spaziale Italiana) accanto al logo della Nasa: questo ha permesso agli astronauti italiani di essere un po’ “privilegiati” ed accedere a molti voli sulla stazione spaziale negli ultimi 10 anni, a differenza dei colleghi europei. Ritorniamo alla spiegazione:
“Il laboratorio Columbus è un pezzo di Europa nello spazio perché è il contributo dell’ESA; tra le attrezzature al suo interno c’è una centrifuga per le fiale di sangue. Noi stessi siamo stati “oggetto” degli esperimenti, si vuole capire come il corpo umano si adatta in assenza di peso nel tempo quindi periodicamente si fanno prelievi di sangue, urine e altro, il sangue viene centrifugato, messo in un congelatore e prima o poi viene portato sulla Terra con un veicolo per essere analizzato; si è anche scoperto, con riserva di ulteriori verifiche, il sistema di adattamento molto rapido delle cellule immunitarie all’assenza di peso: circa 42 secondi.
Si fanno ecografie agli occhi per capire i problemi oculari che colpiscono la maggior parte degli astronauti… si fanno studi sulle cellule staminali, su come la differenza di peso influisca sulla loro differenziazione, utilizzando un’altra attrezzatura italiana, precisamente toscana …Si fa spesso manutenzione, si lavora molto di cacciavite a disassemblare ed assemblare pezzi per continue leggere avarie…Con grande amarezza, a differenza di miei due colleghi, non ho potuto fare una passeggiata spaziale all’esterno della stazione spaziale perché parte del mio equipaggiamento è andato distrutto prima del nostro lancio; mi ero addestrata molto a Houston in una gigantesca piscina dove sul fondale è appoggiata una replica in scala 1:1 della stazione spaziale. Prima che gli astronauti escano ci sono 5/6 ore di attività molto complessa all’interno per prepararli all’uscita e in qualche modo sono stata responsabile della loro vita perché gli ho costruito intorno questa tuta pezzo per pezzo sperando di non fare errori: in realtà una sorta di astronave che permette loro di sopravvivere nello spazio…L’importanza del lavoro di squadra; spesso si vede una sola persona ma c’è tutta una squadra grandissima intorno perché non c’è solo l’equipaggio ma anche tutti i controllori a terra, e soprattutto nella stazione spaziale dobbiamo affidarci con fiducia ai compagni, specialmente in vista di potenziali situazioni di emergenza, e ogni tanto si ripassano le procedure per tali evenienze… E’ importante mantenere la coesione interna, cerchiamo sempre di trovare del tempo da passare insieme in allegria; divertente il taglio dei miei capelli, dove un collega usava le forbici mentre l’altro usava l’aspirapolvere per evitare che i peli si disperdessero…Si dorme in un sacco a pelo in una sorta di cabina telefonica/sarcofago…Riguardo al vestiario non c’è modo di lavarli, i vestiti sono usa e getta. Non c’è la doccia, ci si lava con salviette umidificate, si usa lo shampoo con un asciugamano inumidito; importante nella toilette che “le cose vadano nella direzione giusta”! Sulla terra ci pensa la gravità, ma nello spazio prima di fare qualsiasi cosa bisogna accendere un apposito ventilatore in modo che si crei un flusso di aria in modo che tutto “vada nella direzione giusta senno non ci si fa degli amici a bordo”!
Tutto viene riciclato, l’acqua con un’efficienza del 75-80%, inclusa l’urina che, escludendo dei residui che non si possono riciclare, si trasforma in ottima acqua potabile completamente incolore e insapore e, nel gergo, “trasformiamo il caffè di ieri in caffè di domani”!…Ci si allena molto altrimenti si incorrerebbe in atrofia muscolare e soprattutto ad una perdita di massa ossea, molto difficile da recuperare un volta ritornati a Terra, si usano pesi per mezzo di un macchinario apposito, una bicicletta senza sedile ma semplicemente agganciati ai pedali, molto importante la corsa per l’aspetto cardiovascolare e anche perché l’impatto del tallone sulla pedana da lo stimolo alla massa ossea soprattutto nelle zone più critiche delle anche.
Il cibo a bordo non è male, abbiamo dei “bonus food” (ossia di preferenza da parte di ciascun astronauta) preparati proprio a Torino; ad alcuni alimenti, essendo disidratati, bisogna aggiungere acqua, altro cibo è in buste che basta scaldare e aprire pronti da consumare; ogni tanto abbiamo del cibo fresco quando arriva un veicolo cargo, piccole quantità di frutta e verdura perché non abbiamo frigo a bordo.
E’ torinese la prima macchina di caffè espresso spaziale che ci ha permesso di bere caffè liquido tramite una coppetta con un beccuccio ad una certa angolatura, perché il problema è che il caffè altrimenti rimarrebbe attaccato alle pareti della tazzina.
C’è un luogo preferito dagli astronauti, una cupola dotata di tante finestre; siccome il nostro giro intorno alla Terra dura circa 90 minuti, possiamo ammirare dei magnifici paesaggi e se potessimo stare in questo luogo privilegiato per tutto il giorno ci capiterebbe di assistere a ben 16 albe e tramonti!”
Una donna brillante e temeraria che ha conquistato tutti con la sua umiltà e in alcuni momenti con la sua ironia. Chissà che qualche adolescente presente in sala non riesca a seguire il suo esempio!
(Tiziana Guarato)