PIEMONTE ARTE: MATIZ, PIFFETTI, FUSCO, BIELLA, COLLEGNO, F.A.I., MIRADOLO, PARODI
PINACOTECA ALBERTINA: FRIDA KAHLO E MACONDO NELLE FOTOGRAFIE DI LEO MATIZ
Dal 16 marzo al 3 giugno 2018
A cura di Arminda Massarelli e con la collaborazione di Alejandra Matiz, la mostra raccoglie due momenti della grande attività del fotografo colombiano Leo Matiz (1917-1998). Un ritratto inedito della pittrice messicana Frida Kahlo nei primi anni quaranta nella casa Azul di Coyocan, a Città del Messico, che restituisce un’atmosfera d’ambiente, di natura e di cultura che fu di quella casa. Dalla regione di Aracataca in Colombia, dove il fotografo nacque, (luogo poi traslato da Gabriel Garcia Marquez con il nome di Macondo), provengono altre 70 immagini, in un intreccio mirabile di paesaggi di luce, di gente al lavoro, di venditori, di volti unici, che si sintetizzano nell’immagine del pescatore che lancia la rete, capolavoro assoluto di Leo Matiz e manifesto poetico di tutta la sua arte fotografica. Tutto ha inizio ad Aracataca, remota cittadina colombiana persa tra le pianure polverose della costa caraibica, tra piantagioni di banani e il fiume che sgorga dalla Sierra Nevada de Santa Marta. Lì nascono i raccontatori della mitica Macondo, il fotografo Leo Matiz e lo scrittore Gabriel García Márquez, accomunati dalla fine capacità di osservare con interesse e rispetto il reale, quello complesso e appariscente così come il più semplice e irrilevante, rintracciando dignità e fierezza nelle persone e restituendo valore all’ordinario, alle povertà, alle solitudini, alle fragilità. La mostra Frida Kahlo e Macondo nelle fotografie di Leo Matiz è un percorso che porta dall’intimità della Casa Azul di Frida in Messico ai personaggi e ai luoghi di Cent’anni di solitudine. Storie, intrecci, incontri che possiedono la concretezza della realtà e il prodigio della magia. Le fotografie trasportano dall’immaginazione all’immagine, rendono tangibili angoli di giardino, mercati, venditori, fiumi e pescatori, frutti offerti da alberi dai tronchi soffici, cresciuti nell’aria umida dei tropici. Ritraggono reti nel loro flessuoso volo, nella provvisorietà del movimento e di emozioni transitorie, reti per pescare e reti su cui i corpi, densi di energia, di fiabesche acrobate volteggiano, capaci di creare vento e suono del vento. Nelle fotografie si riannodano i fili della memoria, dell’identità, della cultura di persone e ambienti, di condizioni e fatti. Frida nella sua casa, le donne, gli uomini, i bambini di Aracataca/Macondo sono osservati da uno sguardo che sceglie, se ne innamora, ne cerca pensieri e anima, ne coglie l’umanità più autentica e profonda. Tutti si svelano nella loro risolutezza che profuma di caducità, di fragilità senza rimedio ma, al contempo, di cammino verso la “impetuosa utopia della vita”. Matiz ferma il tempo, vissuto e scrutato intensamente, e rende la sua fotografia frammento di storia e di storie, sospensione analitica e poetica di una trama, intrisa ora di nostalgia ora di palpabile presente. Il bianco e nero è elegante, liricamente espressivo, struggente ed evocativo, pregnante di materia, spesso ruvida, erosa, che incarna tensione e fremito. E la luce, strumento e complice, lenisce la durezza di alcune verità e ne mostra la purezza innata. Così anche la mostra diventa sospensione del tempo, occasione di sguardi silenziosi e attenti che, tra consapevolezza e stupore, ricevono e assaporano bellezza.
Scrive il Direttore dell’Accademia Albertina Salvo Bitonti nel suo testo introduttivo al catalogo:
Ho conosciuto per la prima volta Alejandra Matiz, figlia del grande fotografo colombiano Leo Matiz, durante l’inaugurazione di una bella mostra fotografica di scatti di suo padre, esclusivamente dedicati a Frida Kahlo, a Venezia, nell’estate del 2015. Oltre la bellezza delle immagini, che ci davano un ritratto insolito e ancora più intimo dell’artista messicana, tra cui alcune rarissime fotografie a colori, erano presenti in mostra anche alcune composizioni a collage di carta e fotografie, realizzate dal fotografo colombiano in tarda età in collaborazione con l’artista italoamericano Emanuele Viscuso, anche amico della nostra Accademia, che ora, per i casi della vita, vive anche lui in Messico. Emanuele Viscuso mi introdusse ad Alejandra, che, oltre a essere un’abile restauratrice e la maggiore esperta dell’enorme lascito di negativi e fotografie del lavoro del padre, Leo Matiz, è anche colei che ha trascorso e trascorre tuttora la sua vita in un’inesauribile attività di mostre, convegni e incontri in tutto il mondo indirizzati alla maggiore conoscenza di colui che è stato il cantore per immagini dell’universo latinoamericano, soprattutto dei più umili, in epoca pre-seconda guerra mondiale e immediato dopoguerra. Un’epoca che ha scoperto questo mondo arcaico e mitico e la sua gente, nelle sue terre della Colombia, del Messico e del Venezuela. Ho ritrovato ancora Alejandra Matiz nella sua bella casa dell’antico quartiere di Cayoacàn, a Città del Messico, nel dicembre del 2016, dove erano conservate, a cura di un’apposita Fondazione, il patrimonio fotografico e la raccolta delle riviste internazionali su cui sono state pubblicate le foto del padre durante tutta la sua lunga carriera. Ho avuto modo di poter consultare personalmente molti originali fotografici, soffermandomi in particolare, data la mia competenza sul cinema, sull’attività che Leo Matiz dedicò alla nascente industria cinematografica messicana, con foto dai set più importanti e foto di celebri attori dell’epoca, anche americani, che andavano, negli anni cinquanta, a girare molti film in trasferta messicana; questo aspetto potrà essere certamente motivo per un’altra mostra fotografica in un prossimo futuro. Oggi alla Pinacoteca Albertina di Torino si presentano due mostre in unica soluzione di continuità intitolata Frida Kahlo e Macondo nelle fotografie di Leo Matiz. La mostra proviene dal Museo Civico di Bari, che ringrazio per la collaborazione, dove ha avuto uno straordinario esito ed è organizzata dall’Associazione Ecomuseo Vallalta di Antonio Massarelli, con la delicata curatela di Armida Massarelli e con la vigile presenza della figlia del fotografo, Alejandra, a cui va il nostro pensiero grato; e qui si desidera ringraziare anche l’Ambasciata della Colombia in Italia, la Signora Carla Tarditi e in particolare l’Ambasciatore, S.E. Juan Mesa Zulueta, che ha voluto concedere il suo patrocinio a questo evento, segno del significato profondo che continua ad avere questo artista per il suo paese. Nello stesso quartiere dove vive Alejandra Matiz a Città del Messico, anzi a pochi isolati da casa sua, a Cayoacàn, si trova la splendida Casa Azul di Frida Kahlo e Diego Rivera. Per i fortunati che hanno avuto modo di visitarla, non potrà sfuggire come la macchina fotografica di Matiz, nelle immagini qui presentate, sia stata capace di offrirci un ritratto inedito di Frida nei primi anni quaranta e del suo tormentato rapporto con il marito, il pittore muralista Diego Rivera. Rivivono gli interni e il giardino di questa abitazione d’artista con tutti i simboli archetipi, mitici eapotropaici che l’adornano ancora oggi, mentre il folgorante bianco e nero è capace di restituirci un’atmosfera d’ambiente, di natura e di cultura che fu di quella casa, insieme al sorriso o all’atteggiamento pensoso dello sguardo di Frida Kahlo, che racconta più di mille biografie sulla grande pittrice messicana. Direttamente dalla regione di Aracataca in Colombia, dove il fotografo nacque, (luogo poi magicamente traslato letterariamente da Gabriel Garcia Marquez con il nome di Macondo), provengono le oltre 70 immagini presenti in questa altra sezione della mostra. Qui si incontrano alcuni degli scatti più celebri del fotografo colombiano dedicati alla sua terra, in un intreccio mirabile di paesaggi di luce, di gente al lavoro, di venditori, di volti unici, con una predilezione per pescatori o per raccoglitori di frutta, di sguardi di donne e bambini, a volte immobili, come per un’attesa infinita o colti in un movimento vitalistico, come nelle immagini del circo di Macondo o tesi nello sforzo di un atto di fatica nei campi, fino al pescatore che lancia la rete, capolavoro assoluto di Leo Matiz e manifesto poetico di tutta la sua arte fotografica.
Si ringrazia lo Studio legale Alberti Mercati di Milano sede di rappresentanza in Italia di Leo Matiz
Pinacoteca Albertina, dal 16 marzo al 3 giugno 2018
Via Accademia Albertina 8, Torino.
011 0897370
www.pinacotecalbertina.it – pinacoteca.albertina@coopculture.it
ORARI: tutti i giorni dalle 10.00 alle 18.00 (ultimo ingresso alle 17.30). Chiuso il mercoledì.
BIGLIETTI: intero € 7,00; ridotto € 5,00 bambini e ragazzi dai 6 ai 18 anni, studenti universitari fino ai 26 anni,
convenzioni; gratuito under 6 anni, insegnanti, possessori Abbonamento Musei e Torino + Piemonte Card.
PALAZZO MADAMA: PIETRO PIFFETTI TRA ARTE E SCIENZA
Il restauro del planetario e le meraviglie dell’intarsio
Dal 21 marzo 2018
Mercoledì 21 marzo 2018 – ore 11.00
Palazzo Madama
Piazza Castello – Torino
In concomitanza con la mostra sull’ebanisteria in programma dal 17 marzo 2018 alla Reggia di Venaria, Palazzo Madama presenta dal 21 marzo 2018 un nuovo allestimento che vede protagonisti gli arredi di Luigi Prinotto e di Pietro Piffetti dalle collezioni di Palazzo Madama. Con i loro intarsi in avorio, tartaruga, metalli e legni pregiati, Prinotto e Piffetti – figure cardine nella storia del mobile e dell’ornato in Italia – hanno portato l’ebanisteria piemontese del Settecento ai massimi livelli. L’intervento è stato curato da Clelia Arnaldi di Balme, conservatore per le Arti del Barocco di Palazzo Madama.
Il nuovo allestimento si sviluppa al piano nobile tra Sala Quattro Stagioni, Camera di Madama Reale, Camera Nuova e Gabinetto Cinese e consente di valorizzare lo stile fantasioso di questi arredi, che comprendono console, mazzarine, cassettoni, crocifissi, tavolini. Le nuove didascalie approfondiscono i collegamenti della loro arte con la cultura artistica contemporanea in Europa e in Oriente, la trattatistica relativa all’ebanisteria, l’interesse per la scienza e le tecniche a trompe l’oeil.
L’incontro di presentazione si terrà nel Gran Salone dei Ricevimenti mercoledì 21 marzo 2018 alle ore 11.00. Particolare attenzione verrà dedicata al restauro e al rimontaggio del Planetario attribuito a Pietro Piffetti, un modello meccanico che riproduce la configurazione del Sistema solare come era conosciuto alla metà del Settecento, e cioè con i pianeti fino a Saturno.
L’intervento conservativo e la consulenza scientifica per rimettere in funzione i movimenti sono stati interamente realizzati e sostenuti dal Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”, dall’Osservatorio Astrofisico di Torino (INAF) e da Infini.to – Museo dell’Astronomia e dello Spazio, Planetario di Torino – con sede a Pino Torinese, con la collaborazione per gli apparati didattici e l’allestimento dell’Inner Wheel Torino e Inner Wheel 45° parallelo.
Realizzato in legno e avorio intorno al 1740–1750 per rappresentare il dinamismo tra Sole, Terra, Luna e i pianeti con i loro satelliti, il planetario (detto anche Orrery da Charles Boyle quarto conte di Orrery, che fece costruire il primo strumento di questo genere nel 1704) veniva usato durante le lezioni di astronomia come strumento didattico per le dimostrazioni sperimentali con gli allievi.
Il restauro rappresenta un passo importante nella conoscenza della storia degli strumenti scientifici, che a Torino nel Settecento riscuotono l’interesse del duca CarloEmanuele III di Savoia e dell’aristocrazia, tanto da far chiamare da Parigi il fisico Jean-Antoine Nollet per tenere un corso di fisica e astronomia al principe Vittorio Amedeo futuro re di Sardegna. Proprio grazie alle illustrazioni e alle descrizioni fornite dall’abate Nollet nelle sue Leçons de physique expérimentale pubblicate a Parigi a partire dal 1743, è stato possibile in fase di restauro identificare i vari pezzi e rimettere in funzione i movimenti, che non erano mai stati usati dall’ingresso dell’opera nelle collezioni di Palazzo Madama nel 1874.
Il Planetario viene esposto al pubblico in Camera Nuova nella configurazione statica del sistema solare secondo la teoria copernicana come nota a metà Settecento, accompagnato da un video che illustra il restauro e il funzionamento dell’opera, che serviva a illustrare: la simulazione del moto di due pianeti con orbita circolare, il moto ellittico di un pianeta intorno al Sole, il concetto di orbita retrograda, la teoria tolemaica non più in vigore, il moto orbitale della Luna intorno alla Terra e altri concetti dell’astronomia.
IL VIAGGIO DI LAURA FUSCO TRA POESIA E ARTE
Nellacornice di Villa della Regina, in Strada Santa Margherita 79, incontro sabato 24 marzo, alle 12, tra arte e poesia, fotografia e storia all’interno dell’evento «Nettuno e divinità fluviali», anteprima nazionale della mostra fotografica di Laura Fusco. I suoi scatti in bianco e nero, eseguiti con una Leica «d’epoca», ritraggono la Villa e, soprattutto, la grande fontana con la statua di Nettuno al centro, contornata da undici divinità fluviali e legate all’acqua. Immagini che restituiscono un mondo che non esiste più, attraverso una misurata e lirica narrazione. La proiezione rappresenta un’occasione per il pubblico per entrare in diretto contatto con la Villa, mentre la manifestazione fa parte del progetto Poesia e Danza di Laura Fusco, che negli stessi giorni presenterà in Villa, in anteprima europea, lo spettacolo «Fiori di garza».
Intervengono l’architetto Italo Zanotti, co ideatore di Musica e Spazi, il critico d’arte Angelo Mistrangelo in dialogo con la poetessa Laura Fusco.
Informazioni e prenotazioni:polomusealepiemonte.beniculturali.it/
index.php/musei-e-luoghi-della-cultura/villa-della-regina/
M.A.O.: CONFERENZA “FASTI E SPLENDORI ALLA CORTE DEI MAHARAJA”
via San Domenico 11 – Torino
Si conclude con il quinto appuntamento il ciclo Sovrani Piaceri. Banchetti, delizie e svaghi delle Corti Orientali a cura di Sherif El Sebaie, Fellow del Simposio Internazionale di Arte Islamica Hamad Bin Khalifa. Durante gli incontri, tutti nel segno del lusso, sono stati raccontati piaceri e passatempi di ricchi e potenti personaggi residenti o in viaggio in Oriente. Martedì 27 marzo 2018 alle 17.30, per il quarto appuntamento del ciclo, Sherif El Sebaie ci guiderà in un viaggio tra Fasti e splendori alla Corte dei Maharaja. Dalla fine del XVIII secolo in poi il subcontinente indiano cadde sotto il dominio britannico. Grazie alla Pax britannica che garantiva la stabilità dei confini, i principi indiani non dovevano più sostenere le spese legate ad eserciti o guerre e potevano destinare le loro ricchezze alla costruzione di dimore regali e all’acquisizione di beni di lusso. La parola “Maharaja” stessa, letteralmente “grande re”, evoca infatti immagini di fasto e splendore ineguagliabile. La conferenza si propone di illustrare i fasti degli ultimi discendenti dei sovrani Mughal, con particolare attenzione alla straordinaria produzione orafa di squisita raffinatezza ed opulento splendore destinati alla corte tra il XVI e il XIX secolo. La conferenza sarà preceduta da una breve visita guidata alla ricerca di suggestioni nella Galleria d’Arte Islamica del Museo.
BIELLA: MASTER UNIVERSITARIO IN FIBER DESIGN AND TEXILE PROCESSES
Un percorso di eccellenza pensato per formare nuove figure tecniche dell’industria tessile 4.0 e
in partnership con brand di prestigio
Sustainability, Technology, Design, Internet of Things: sono queste le parole chiave del Master universitario di I livello “Fiber Design and Textile Processes”, ideato da Città Studi Biella e POLI.design, con l’obiettivo di formare le nuove figure professionali del tessile, in grado di coniugare in modo trasversale competenze innovative e design, figure rese oggi necessarie dall’evoluzione del settore e fortemente ricercate dalle aziende che ne fanno parte.
Con avvio a ottobre 2018 e completamente in lingua inglese, il Master guarda al tessile con una prospettiva del tutto nuova, a partire dal tema dell’Industria 4.0, caratterizzata da processi industriali più intelligenti, inclusivi e sostenibili che hanno visto il mercato dei tessili tecnici fra i comparti più dinamici e in rapida evoluzione. Un contesto da cui nasce la necessità di nuove figure di manager e professionisti in grado di farsi portatori dei valori della cultura tessile contemporanea, orientata al futuro e indirizzata alla creazione di materiali intelligenti inediti, classificati nel sistema dell’IoT (Internet Of Things), allargando l’orizzonte del processo tessile a tutti quegli ambiti in cui i materiali high tech vengono utilizzati. Punto di forza del Master è, infatti, la docenza congiunta di accademici e professionisti di settore attraverso una didattica business oriented, pensata per dialogare e confrontarsi con il mondo dell’industria. Non a caso, sono già numerosi i brand di eccellenza del tessile mondiale che hanno deciso di aderire in partnership al progetto. Fra questi, vi sono nomi di primo piano come: Albini Group; Zegna Baruffa Lane Borgosesia; Davifil; Di.vé; Drago; Ermenegildo Zegna Group; Filidea; Gruppo Marzotto con Fratelli Tallia di Delfino, Guabello, Marlane; Italtex; Laros; Liabel; Loro Piana; Marchi e Fildi; Michele Letizia; Piacenza Cashmere; Pozzi Electa; Reda; Roj; Reggiani; Subalpino; Tintoria e Finissaggio 2000; Tintoria di Pollone; Yamamay. Con il supporto di: Federchimica Assofibre Cirfs Italia e Unione Industriale Biellese. Quattro i moduli didattici su cui si sviluppa il master: Technicality for the textile sector management, Design and Production; Sustainability; I.o.T. Con la possibilità di iscriversi anche singolarmente: un’opportunità soprattutto per le aziende che hanno necessità di introdurre o rafforzare specifiche competenze interne in uno o più ambiti previsti dai moduli. Per chi segue il ciclo completo è previsto un periodo di stage indirizzato a neolaureati o professionisti già inseriti in azienda che desiderano specializzarsi e dare il loro positivo contributo allo sviluppo aziendale.
E, se due sono le realtà di eccellenza da cui nasce il Master, altrettante saranno le sedi dove si svolgerà: Città Studi Biella, supportato da un network di aziende tessili di eccellenza, e POLI.design, parte del Sistema Design del Politecnico di Milano. Da un lato quindi Biella, sede del più antico distretto tessile d’Europa, e dall’altro Milano, capitale indiscussa della moda, del design e dell’innovazione, che in sinergia con il sistema delle imprese danno il via ad un percorso di perfezionamento scientifico di alta formazione assolutamente nuovo nel suo genere.
“Crediamo fermamente nella validità di questo progetto– afferma Pier Ettore Pellerey, Presidente di Città Studi Biella – POLI.design è un polo di eccellenza mondiale per quanto riguarda il design, in tutte le sue declinazioni più attuali e Città Studi, da parte sua, conferma la volontà di voler continuare ad operare lungo la direttrice dell’innovazione, come richiesto dal tessuto imprenditoriale che da sempre ci supporta e collabora alle nostre iniziative”.
“POLI.design svolge da anni un ruolo di cerniera tra formazione universitaria e il mondo delle professioni – sostiene Giuliano Simonelli, Presidente POLI.design – con un approccio fortemente improntato all’innovazione. La collaborazione con Città Studi Biella, che ne condivide la mission, si inserisce in questo filone e va ad ampliare la nostra azione nel settore del tessile, potenziando ancor di più la sinergia con il tessuto produttivo e imprenditoriale”.
Durata ciclo completo: 12 mesi (di cui circa 3 di stage); iscrizione anche a singoli moduli
Iscrizioni aperte. Avvio del Master previsto per ottobre 2018.
Deadline per le iscrizioni: 3 settembre 2018 (per extra UE 30 gg prima)
Disponibili n. 3 esoneri parziali. Deadline invio richiesta: 30 aprile 2018
Per informazioni sulla didattica e sulle modalità di iscrizione, invitiamo a visitare il sito www.polidesign.net/it/fiber e www.cittastudi.org.
COLLEGNO, “OLTRE IL MURO”. IL FILO ROSSO DAI MANICOMI DALLA DETENZIONE AI NUOVI ORIZZONTI DA CONQUISTARE
Con l’inaugurazione, venerdì 16 marzo 2018 alle ore 18.00 alla Sala delle Arti a Collegno, della mostra “Prigionieri della mente / Quel che resta di Quel che era” fotografie di Ivan Agatiello, parte il progetto “Oltre il muro” che ripercorre, attraverso le immagini, le realtà manicomiali, la storia di quei luoghi di esclusione che separavano la follia dalla normalità, le lotte, la ritrovata dignità, ma anche l’oblio e l’abbandono di tanti luoghi in Italia. .
Il progetto è all’interno della manifestazione “Quello che tutti chiamavano manicomio”, realizzata e promossa dal Comune di Collegno e dalla Regione Piemonte, con il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, nell’ambito delle celebrazioni del 40° anniversario della Legge Basaglia e dell’abbattimento del muro del manicomio di Collegno.
Il progetto propone tre mostre fotografiche ed una esposizione d’arte contemporanea ed avrà il seguente calendario:
Prigioni della mente
Quel che resta di Quel che era
Fotoreportage di Ivan Agatiello
16/03 – 15/04.2018
Sala delle Arti – Certosa Reale
Parco Gen. C.A. Dalla Chiesa
(ingresso via Torino 9 – Collegno)
Un’indagine sui manicomi perduti, sparsi in questa Italia che non ha più spazio per parlare della malattia mentale. Spiega l’autore: “è stato un viaggio di 3 anni lungo tutta la penisola italiana. E non si è ancora fermato. Dopo le pubblicazioni su La Repubblica e numerose altre testate giornalistiche, l’opera è diventata una mostra in collaborazione con i luoghi della cultura del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali: l’ex Opg di Napoli, il Museo della Psichiatria di Reggio Emilia, il Castello di Racconigi, Palazzo Lanfranchi di Matera, l’Archivio di Stato a Roma. Passo dopo passo “Prigioni della Mente” torna a raccontare una storia dimenticata, torna a far luce su un periodo buio del nostro paese. Senza troppe parole: con il silenzio di alcune fotografie”.
Manicomi
Psichiatria e antipsichiatria nelle immagini
degli anni Settanta
Fotografie di Gianni Berengo Gardin
20/04 – 20/05.2018
Sala delle Arti – Certosa Reale
Parco Gen. C.A. Dalla Chiesa
(ingresso via Torino 9 – Collegno)
“Guardatele con attenzione perché queste immagini sono una parte della storia italiana. Una storia per decenni dimenticata. Vicende di uomini e donne che sono stati solo fantasmi. Queste sono le foto che nessuno avrebbe voluto vedere, quelle che per la prima volta permisero agli italiani di aprire gli occhi sulla spaventosa ingiustizia della realtà manicomiale. Era il 1969 e Franco Basaglia aveva già cominciato la battaglia per la chiusura dei manicomi. “Morire di classe”, il reportage realizzato da Gianni Berengo Gardin insieme a Carla Cerati, diede un contributo fondamentale alla costruzione del movimento d’opinione che avrebbe portato, nel 1978, all’approvazione della legge 180/78. Scatti che, a 40 anni di distanza, mantengono immutata la loro carica di indignazione e ci invitano a non chiudere, mai, gli occhi” da La Repubblica.
Senza lacci nelle scarpe
Fotografie dai manicomi
4/05 – 10/06.2018
Stireria (Corso Pastrengo – Parco Gen Dalla Chiesa) Collegno
Fotografie di Ivan Agatiello, Renzo Miglio, Vittorio Massimo Pellegrini, Claudio Penna, Sergio Sut e le fotografie dall’Archivio della Biblioteca Scientifica dell’ex Ospedale Psichiatrico di Collegno. Fotoreportage dal 1968 alla definitiva chiusura dell’Ospedale Psichiatrico di Collegno: le stanze, le cure e la voce dei malati fino alla rottura del muro, alla ricerca di un senso di ciò che è stato, restituendo la dignità umana a chi ha subito.
Inner landscapes/Paesaggi interiori
Mostra di Outsider Art Contemporanea
22/06 – 29/07
Stireria (Corso Pastrengo – Parco Gen Dalla Chiesa) Collegno
Proposta dalla storica d’arte Nadia Lorefice, l’esposizione vuole presentare opere di artisti irregolari,come ex-degenti del manicomio, in dialogo con artisti di arte contemporanea, ponendosi come obiettivo la valorizzazione delle qualità estetiche ed emotive delle opere, superando lo stereotipo e la stigmatizzazione della malattia mentale. Il visitatore sarà accompagnato a scoprire i paesaggi emotivi interiori alla quale sia “psichiatrici” che “normali” siamo chiamati a vivere. opere di Enrico Colombotto Rosso, Carol Rama, Ugo Giletta, Martina Cenna, Paolo Lupo, Rita Narciso, Catia Schievano, Luca Zurzolo, Rosita Mezzela, Tapu IndipendetArt, Giorgio Barbero e Attilio Bennato.
Il progetto espositivo e l’organizzazione è curato dalla storica dell’arte Nadia Lorefice e dall’Associazione Jali di Torino in collaborazione con l’Ufficio per i Servizi Culturali del Comune di Collegno. Le mostre saranno aperte, con ingresso gratuito, dal mercoledì alla domenica dalle ore 15.00 alle 19.00.
Per informazioni e prenotazioni (anche al mattino):
Comune di Collegno – Ufficio Servizi Culturali tel. 0114015222/223/224
Ufficio.cultura@comune3.collegno.to.it
www.oltreilmuro.net – www.comune.collegno.gov.it
GIORNATE F.A.I. DI PRIMAVERA: COSI’ IN PIEMONTE
L’Italia sta per essere invasa da centinaia di migliaia di italiani. Un’invasione pacifica e
gioiosa, ricca di significati e di emozioni: sabato 24 e domenica 25 marzo va in scena sul
palcoscenico più bello del mondo il grande spettacolo delle Giornate FAI di Primavera, giunte
quest’anno alla 26ª edizione.
“È il più grande evento di piazza dedicato ai beni culturali, un appuntamento che da anni
dimostra la voglia di partecipazione e l’orgoglio di appartenere a una collettività che ama i luoghi in
cui vive. Una giornata ideale, il giorno perfetto per abbracciare l’Italia nel modo migliore, con
gli occhi e con il cuore, in un’atmosfera speciale nella quale ci si sente tutti uniti – persino in coda
come di solito non accade – per visitare luoghi spesso inaccessibili nei quali riconosciamo la nostra
identità e che rappresentano una ricchezza comune e fieramente condivisa” commenta la
Presidente FAI Piemonte e Valle d’Aosta, Maria Leonetti Cattaneo.
Ogni regione ha i propri appuntamenti, ogni località le sue sorprese e anche quest’anno il
catalogo delle aperture è molto vario e ricco di proposte sorprendenti. Su www.giornatefai.it si
trova l’elenco completo fra cui segnaliamo qualche chicca imperdibile fra i luoghi aperti dalle
Delegazioni del Piemonte e della Valle d’Aosta:
AOSTA: Castello di Aymavilles (luogo normalmente chiuso al pubblico)
Difficile da definire: fortezza turrita e contemporaneamente residenza signorile; maniero di
impronta medievale ma anche elegante dimora dal tocco rococò, esito di numerosi
rimaneggiamenti cui è stato sottoposto nel corso dei secoli. Unico, per il suo aspetto, nel
panorama dei castelli valdostani. Oggetto di un lungo ed accurato intervento di restauro, il castello
di Aymavilles sarà aperto al pubblico in via straordinaria in questa occasione per farne conoscere
la qualità degli apparati decorativi riaffiorati a vista. Gli interventi, tuttora in corso, hanno
lentamente restituito un’immagine inedita e pregevole dell’edificio.
ALESSANDRIA: Museo delle telecomunicazioni (Cittadella di Alessandria)
Un museo interessantissimo che riporta tutta la storia della telecomunicazione con apparati, in
parte autentici e in parte riprodotti fedelmente, perfettamente funzionanti. Da Galvani a Marconi ci
sono tutti gli strumenti tecnologici e poi Tesla, Van Der Graaf e la cabina del Marconista del Titanic,
ricostruita in scala reale al momento dell’affondamento ’ della nave.
ASTI: Palazzo di Città (luogo normalmente chiuso al pubblico).
Il Palazzo di Città, sede del comune di Asti fin dal 1558, anno in cui Emanuele Filiberto di Savoia
dona l’edificio alla comunità, prende le attuali sembianze nel 1727 ad opera di Benedetto Alfieri. In
facciata, lo stilema a tre ordini di aperture costituisce un unicum; all’interno lo scalone d’onore, con
le quattro rampe, definisce l’organizzazione degli spazi anche se la decorazione visibile oggi è
opera successiva, di Ottavio Baussano, mentre il salone dei ricevimenti, presenta il soffitto
affrescato da Paolo Arri. Una curiosità che pochi conoscono è che nell’atrio di ingresso si conserva
la pietra di paragone per le misure lineari di mattoni e coppi, in uso sul mercato astigiano fino al
tardo medioevo.
BIELLA: Archivio del lanificio Vitale Barberis Canonico (luogo chiuso al pubblico).
Duemila volumi rilegati in cuoio e raccoglitori di cartone catalogati anno per anno compongono il
campionario Standard a partire dal quinquennio 1846-1851. Si tratta del campionario più antico
conservato in questo modo e appartiene all’Archivio del lanificio Vitale Barberis Canonico di
Pratrivero, nel distretto tessile biellese, fondato nel 1663 e da allora guidato dalla stessa famiglia,
arrivata alla 13^ generazione, che continua a fondere il savoir-faire italiano contemporaneo con il
tradizionale stile british per offrire ai clienti più esigenti il miglior tessuto al mondo. Oltre la porta
dell’archivio uno spettacolo teatrale itinerante vi accompagnerà alla sua scoperta.
CASALE MONFERRATO: Castello dei Marchesi di Monferrato
Nel 1357, Giovanni II Paleologo Marchese di Monferrato, ben deciso ad imporre la sua autorità in
Casale, portò a termine la costruzione del Castello, che non nasce per difendere il borgo casalese,
ma piuttosto come strumento di controllo da parte dei signori di Monferrato. Dell’originario ’ edificio
sappiamo che era di forma quadrangolare, con torri da’ ngolo e una torre grande, merlata. Quando
nel ‘‘400 Casale assunse il ruolo di capitale alli’nterno del Marchesato di Monferrato, ottenendo nel
1474 il titolo di città, anche il Castello, divenuto sede della corte, cambiò volto in seguito alle
ristrutturazioni dei marchesi Guglielmo VIII (1464-1483) e Bonifacio V (1483-1494). Con il
passaggio del Monferrato ai Gonzaga, il Castello fu potenziato dai torrioni e dai rivellini per esistere
agli assedi seicenteschi. Con la crisi della dinastia gonzaghesca e il successivo passaggio ai
Savoia, andò incontro ad un declino inarrestabile per far posto all’attuale piazza Castello.
CUNEO: Chiesa di Santa Croce (luogo normalmente chiuso al pubblico).
Dopo due anni di restauro riapre al pubblico uno dei gioielli barocchi di Cuneo, tornato al suo
antico splendore. La Delegazione FAI di Cuneo curò l’ultima visita pubblica prima della sua
chiusura, in mezzo ai primi ponteggi già installati e alle protezioni che nascondevano parte delle
ricche decorazioni. Oggi, a lavori conclusi, riapre le porte di uno dei capolavori del Gallo, per
ammirare i suoi interni sontuosi caratterizzati dalla sinuosità della pianta a doppio ellisse, dagli
stucchi e dalle pitture di grandi artisti, dagli antichi teleri e dai gruppi scultorei. Un percorso
completamente rinnovato che, attraverso la chiesa e le sue opere, narra l’importanza del ruolo
della confraternita nella storia della città, dal ‘700 al ‘900.
IVREA: Chiesa di San Giorgio, museo e sepolcreto (luogo normalmente chiuso al pubblico).
Il complesso delle pitture all’’interno della chiesa di San Giorgio costituisce uno dei cicli pittorici
medioevali più importanti dell’a’ lto Canavese. Il più antico documento rimasto risale al 1150. La
chiesa in quell’’epoca era già costruita e funzionava come cappella del vicino castello dei signori di
Valperga oltreché come parrocchiale del sottostante borgo: l’’alto campanile con le sue eleganti
bifore marmoree romaniche risale a quel periodo. Chiesa di nobili quindi, che qui si facevano
anche seppellire, ornandola e abbellendola per renderla sempre più una preziosa testimonianza
del loro potere.
NOVARA: Chiesa S. Maria delle Grazie alla Cascina Palazzi – Vicolungo (luogo chiuso al pubblico).
La chiesa di Santa Maria delle Grazie si trova ai margini del paese di Vicolungo, sulla strada che
conduce a Landiona, all’’interno del complesso denominato P“ alazzi.” La chiesa venne fondata nel
1591 dal nobile Enrico Gritta, feudatario di Vicolungo. L’’attuale edificio è suddiviso in due piccoli
ambienti, molto decorati. Lungo il lato a ponente della navata si apre l’a’ ccesso alla cappella
seicentesca dedicata alla Madonna delle Grazie (o della Misericordia) con un affresco attribuito a
Tommaso Cagnola. Il fatto che la strada a ponente rappresenti l’’ottimale punto di vista dell’’affresco suggerisce che sia stato dipinto con funzione di altare votivo per i pellegrini.
TORINO: Archivio Storico Ordine Mauriziano, Ospedale Umberto I (luogo chiuso al pubblico).
Trascorsi più di due anni dalla mostra documentaria che, nel ricordare la fondazione dell’Ospedale
Mauriziano, è stata occasione di visita di alcuni ambienti aulici dell’edifico ottocentesco, si riapre al
grande pubblico l’ingresso storico del nosocomio che affaccia su Corso Turati, eccezionale porta
d’accesso per ammirare, lungo un ragionato e guidato percorso, il piano nobile dell’edificio, già
sede del Gran Magistero dei SS. Maurizio e Lazzaro. Con una narrazione storica si rivivono i
luoghi ove prendevano forma e sostanza le funzioni proprie mauriziane, le Sale del Preconsiglio e
del Consiglio dell’Ordine, e lo spazio ove, allora come oggi, se ne conserva la memoria
documentaria, l’Archivio Storico, con un ricco patrimonio che copre un arco temporale dal
Medioevo al XX secolo, fonte primaria per la storia dell’istituzione che lo ha prodotto, e fonte
preziosa anche per ricostruire e rileggere fatti e vicende dello stato sabaudo e dell’I’talia.
TORTONA: Museo delle macchine agricole “Orsi” (luogo normalmente chiuso al pubblico).
All’inizio del ‘900 Tortona fu protagonista della rivoluzione industriale divenendo uno dei centri
leader in Italia per la produzione di mezzi agricoli, grazie allo sviluppo dell’industria “Orsi”. Negli
anni ’60 una grave crisi porta alla completa chiusura dello stabilimento e tutta l’area del complesso
produttivo viene abbandonata o riconvertita ad altre funzioni. Oggi rimane un’e’ sposizione
permanente che ne racconta la storia. Il percorso si sviluppa nel capannone industriale, già
torneria della “Orsi Pietro e figlio”, caratterizzato da una struttura pilastri-travi reticolari metallici che
delimitano tre “navate” principali più una verso il lato nord più bassa e senza finestrature.
L’’esposizione dei macchinari, tra cui la presenza del primo trattore “testa calda” risalente all’anno
1927, è integrata da coinvolgenti gigantografie di immagini storiche rivisitate graficamente e da una
serie di pannelli illustrativi di diverse tematiche quali: la famiglia Orsi, la Ditta Orsi Pietro & figlio, il contesto socio-economico tortonese tra ‘800 e ‘900, l’i’ndustria delle macchine agricole a Tortona, la lavorazione del terreno, l’’aratro, le locomobili a vapore, i trattori a testa calda, la mietitura e la trebbiatura.
VALLE di SUSA: Precettoria di Sant’antonio di Ranverso (luogo chiuso al pubblico).
Il complesso ospedaliero sorse a partire dal 1188 per prestare soccorso e assistenza ai molti
pellegrini in cammino sulla via Francigena. L’ente godette nei secoli della protezione della Casa di
Savoia che ne fece, assieme al castello di Avigliana e la Cattedrale di Susa, punto simbolo del loro
potere politico e religioso in Valle di Susa. L’attuale assetto è frutto di continui ampliamenti e
modifiche nei secoli. La chiesa, che risultava terminata già a inizio ‘200, fu rimaneggiata nel ‘400
con l’aggiunta di due navate laterali. Alla fine del medesimo secolo l’edificio, così come
l’Ospedaletto, venne dotato di una facciata a ghimberghe e coronamento con pinnacoli in cotto per
volere del priore commendatario Jean de Montchenu II. Il campanile gotico risale invece al XIV
secolo. Ma è l’interno che conserva le testimonianze artistiche più importanti: le pareti affrescate
dalla mano di Giacomo Jacquerio nella sacrestia e il bellissimo polittico della Natività di
Defendente Ferrari.
VERCELLI: Palazzo Centoris (luogo normalmente chiuso al pubblico).
Recentemente restaurato in esterno e interno e non ancora riaaperto al pubblico, palazzo Centoris,
realizzato verso la fine del ‘400 in stile bramantesco, è rinomato per il fascino del suo cortile a
pianta rettangolare. Attorno alla corte si snoda il portico con volte a crociera e arcate a tutto sesto
profilate in cotto e sorrette da colonne in granito. Il parapetto del loggiato è delimitato dal un
pregevolissimo cornicione in cotto di cui è visibile un fregio affrescato con i motivi di centauri. La
volta secentesca dell’edificio è sorretta da una serie di alti e esili pilastri. All’ingresso è visibile lo
stemma della famiglia Centoris. Una scala con corrimano originale conduce dal piano terra al
piano superiore sul quale si affacciano due sale. La prima ha un soffitto cinquecentesco a travi; la
seconda ha un grande camino secentesco in pietra che riproduce lo stemma di famiglia. L’area
sulla quale insiste palazzo Centoris è conosciuta come la Contrada degli spazzacamini.
VERBANO CUSIO OSSOLA: Chiesa di San Maurizio, Gravellona Toce (luogo chiuso al pubblico).
Chiesa in stile pienamente romanico, la cui storia risale ai primi dell’anno 1000, edificata vicina ad
una fortificazione sulla via principale che conduceva all’Ossola. È il più antico monumento di
Gravellona. Di grande interesse sono gli affreschi interni, del XV e XVI secolo, di cui solo una parte è stata messa in luce da restauri effettuati nella prima metà del XX secolo.
NOVI LIGURE – Palazzo Negrone (luogo normalmente chiuso al pubblico).
Costruito nelle forme attuali nel 1737 per volontà di Bendinelli Negrone, il palazzo si affaccia sulla
piazza principale di Novi Ligure con una straordinaria facciata affrescata alla fine del Settecento
dai decoratori vogheresi Muratori. Il sito sul quale si erge il palazzo corrisponde all’’antica dimora
dei nobili novesi Girardengo acquistata nella prima metà del Seicento da un ramo dei nobili
genovesi Negrone. La magnificenza della facciata s–ulla quale si staglia una curiosa decorazione
che accoglie due grandi gnomoni che segnano l’’ora delle meridiane c–ontrasta con un atrio e una
scala di dimensioni contenute. Un inventario datato 1740, stilato alla morte di Bendinelli, consente
di immaginare gli ambienti del palazzo nel momento del suo massimo splendore. La visita prevede
l’accesso alle stanze del piano nobile, le cui volte sono oggi affrescate con temi e motivi risalenti
alla fine dell’Ottocento. Da qui si può godere di una vista inconsueta della più bella piazza della
città. Naturalmente saranno aperti al pubblico il Castello della Manta, in provincia di Cuneo, il Castello di Masino e Villa Flecchia a Magnano, in provincia di Torino, beni FAI piemontesi, esempi concreti dell’opera di recupero del patrimonio artistico e sensibilizzazione che la Fondazione, da
anni, sta svolgendo.
Per l’elenco completo delle aperture delle Giornate FAI in Piemonte e Valle d’Aosta consultare il
sito www.giornatefai.it oppure telefonare al numero 011 539212. È inoltre attivo un call center per
ogni informazione al numero 06 66193495.
Con uno smartphone si potrà inoltre scaricare gratuitamente sugli store di Google e Apple la App
delle Giornate FAI di Primavera: pochi secondi per visualizzare la mappa con tutte le aperture,
l’App riconoscerà la vostra posizione e vi saprà indicare i luoghi più vicini.
Il FAI ringrazia le regioni Piemonte e Valle d’Aosta, Province, Comuni, Soprintendenze, Università,
Enti Religiosi, FIAB – Federazione Italiana Amici della Bicicletta, le Istituzioni Pubbliche e Private, i privati cittadini e tutte le aziende che hanno voluto appoggiare la Fondazione, oltre alle 14
Delegazioni (più 12 Gruppi FAI e 5 Gruppi FAI Giovani) e agli oltre 500 volontari che con il loro
lavoro capillare e la loro collaborazione rendono possibile l’evento.
I visitatori potranno avvalersi anche quest’anno di guide d’eccezione: saranno, infatti, oltre 1.000
gli Apprendisti Ciceroni®, giovani studenti che illustreranno aspetti storico-artistici dei monumenti.
BORGOMANERO, MOSTRA: “FORME PENSIERO”, OPERE DI ENRICO SEMPI
Galleria Borgoarte – Borgomanero
Fino al 31-03-2018
In un momento in cui anche gli storici dell’arte europei, dopo gli stimoli giunti da oltreoceano, si interrogano sul ruolo che il mondo spirituale in senso lato e la Società Teosofica nello specifico hanno esercitato sullo sviluppo dell’arte astratta, Enrico Sempi riprende in mano i pennelli e ci propone acquarelli – astratti appunto – di grande interesse. Le direttrici che “segnano” il suo “fare” sono indicate da lui stesso, artista, nonostante la ritrosia nel definirsi tale: con il titolo della mostra e il suo scritto, egli collega in qualche modo i suoi lavori – oltre a suggerirne una possibile interpretazione – alle forme pensiero che i veggenti A. Besant e C.W. Leadbeater, agli inizi del’900, descrissero e pubblicarono in un testo, con immagini realizzate da artisti che interpretarono le loro visioni. Con una sua pratica sperimentale, a cui sottende una fede assoluta nel segno non razionale, nel gesto creativo e nella potenza del colore, Sempi realizza opere che tutto hanno, fuorché il sapore di esercizi o giochi di stile. Da quel fondo nero, che assume l’energia di un’inconscia sapienza, emergono colori vibranti e pregni di significati altri e profondi: i verdi seppiati o acidi, i lilla rosati e gli azzurri cerulei paiono luci ed ombre che scolorano e fluttuano, segni di un alfabeto assoluto.
Gli esiti formali potrebbero avvicinare le opere di Sempi a quelle ricerche che hanno interessato l’arte già dagli anni ’50, come l’alfabeto segnico di Giuseppe Capogrossi, artista del movimento informale, che vi aderì con le sue composizioni di forme arcaiche fuori dal tempo e dalla storia. Ma è all’espressionismo astratto geometrico – se si vogliono identificare nobili precedenti, più che sterili definizioni – a cui bisogna guardare, per individuare riferimenti più stringenti; emergono allora assonanze con le campiture cromatiche semplici, dai margini incerti, di Mark Rothko. In modo simile, anche qui, si riafferma la dimensione mitica e simbolica della superficie, con un alfabeto che trova le proprie radici nell’inconscio; da dove, peraltro, sarebbe emerso – secondo lo studioso G. D’Amato – il segno progenitore di tutti i linguaggi umani,
l’AUM, una sorta di dono divino da cui sarebbero derivati numeri e lettere, segni dello zodiaco e forme geometriche. Con le sue indagini sulle risonanze del colore, il nostro artista-teosofo si inserisce anche in un filone di ricerca in cui altri pittori-teosofi hanno operato: pensiamo alla pioniera svedese dell’arte astratta Hilma af Klint, che ha esplorato i campi di energia e l’aura del colore e alle composizioni geometriche dell’artista svizzera Emma Kunz. E non credo sia un caso che, nel suo testo, Sempi abbia citato Bracha L. Ettinger, l’artista psicoanalista e teorica dell’estetica, che ha voluto testimoniare il suo credo nel potere taumaturgico dell’arte, trasferendosi a vivere e lavorare a Tel Aviv, una terra dilaniata da continui scontri. È lei che sostiene: “Il colore nell’opera d’arte contemporanea non “rappresenta” il mondo. Agisce su di esso e lo attiva”.Crediamo che, quando un’opera d’arte emoziona chi la guarda, oltre a chi la crea, essa abbia la capacità di attivare in quel momento una sorta di cura dell’anima. E questo è uno dei preziosi aspetti degli acquarelli esposti alla mostra.
Marina Tappa
CASTELLO DI MIRADOLO: PROGETTO ULISSE
Castello di Miradolo – San Secondo di Pinerolo (To)
24- 25 marzo 2018
Sabato 24 e domenica 25 marzo, dalle 14.30 alle 18.30, negli spazi del Castello di Miradolo e del suo Parco storico andrà in scena la performance conclusiva dei 500 ragazzi che hanno partecipato quest’anno al Progetto Ulisse, percorso didattico e formativo della Fondazione Cosso e di Avant-dernière pensée, rivolto agli studenti delle Scuole Secondarie di II grado.
Il progetto, che rappresenta anche un percorso di Alternanza Scuola-Lavoro, è un percorso di socialità intesa in chiave formativa, che ha l’obiettivo di promuovere gli strumenti creativi ed espressivi degli studenti, in rete con i docenti, così da calare l’esperienza nell’ambito scolastico, per connetterla ai programmi che quotidianamente vengono sviluppati in classe.
Ulisse è un progetto di orientamento professionale relativo ai saper connessi al mondo della cultura e dell‘arte che, fra crisi del sistema culturale, globalizzazione e sviluppo delle nuove tecnologie, rimangono pietre miliari nei percorsi di costruzione di cittadinanza e di coscienza, e che necessitano di approcci non tradizionali, ampie disponibilità, sempre rinnovata curiosità e determinazione.
Quest’anno il “Progetto Ulisse” ha ricevuto un importante riconoscimento dall’esterno, da parte della Fondazione CRT, che ha riconosciuto alla Fondazione Cosso un contributo.
La performance del 24 e del 25 marzo rappresenterà una due giorni a porte aperte, rivolta non solo alle famiglie ma alla collettività intera, che potrà assistere a uno spettacolo inedito in cui le visioni e le sperimentazioni dei ragazzi intorno al tema di Ulisse e il Tempo saranno centrali.
L’ingresso è gratuito ma è richiesta la prenotazione, nei giorni precedenti, al n° 0121.376545.
La performance rappresenterà il primo appuntamento della primavera presentato dalla Fondazione Cosso: dal 31 marzo il Parco del Castello di Miradolo sarà visitabile ogni fine settimana e si animerà con tante iniziative legate alla stagionalità e al tema della natura.
Le suggestioni sulla performance
Le suggestioni per quest’anno sono numerose: riflessioni di taglio scientifico che leggono il tempo nel suo scorrere fisico o chimico; il tempo come luogo di trasformazione della natura, come succedersi di relazioni e crescite personali. Ma anche il tempo come dialogo tra gioventù e vecchiaia o come confronto incessante tra i sensi, come vita che sfugge ininterrotta e quindi inaccessibile.
Le sale del Castello di Miradolo saranno invase da multi-proiezioni, azioni artistiche, statue viventi, installazioni musicali e video. E poi da rap che cadenzano il cammino dei visitatori, da valigie che suggeriscono il viaggio per “conoscere più tempo”, da clessidre che lo scansionano nella sua ciclicità, da parole che lo raccontano nella sua negazione, mancanza, vuoto o nel suo rivelarsi in un “istante magico”, in cui si dilata, si ferma, diventando eternità.
TORINO, SAL-8: INCONTRO CON LO SCRITTORE MARIO PARODI
IN SALOTTO CON MONGINEVRO CULTURA | Ingresso libero
Nel Piccolo Sal-8 di Via Luserna 8, Torino | Sabato 24 Marzo 2018 | ore 17.00 (2° Piano)
Un pomeriggio con Mario Parodi, scrittore
Presentazione-Recital del romanzo “Gli stadi di Giovannino” di Mario Parodi.
Emozioni parlate e cantate, con la partecipazione di Beppe Novajra, chansonnier.
Coordina: Sergio Donna
Al termine dell’incontro, brindisi con il Pubblico e con l’Autore con Moscato d’Asti e Amaretti di Mombaruzzo.