Piovà Massaia, “Profumata Menta” 2018

La tradizione della menta a Piovà risale al dopoguerra, quando la famiglia Robba – Devecchi, originaria di questo paese, ma trasferita a Pancalieri, decise di iniziare un’attività di coltivazione anche qui, soprattutto in località Gallareto, dove sorgevano terreni particolarmente ombreggiati.Purtroppo le condizioni climatiche avverse di tre annate consecutive, oltre che un territorio più consono alla coltivazione della vite che a quella della menta, li fecero desistere dal proseguire e per questa ragione la produzione continuò soltanto nella pianeggiante Pancalieri, la capitale della menta per eccellenza, anche se a Piovà, proprio dove oggi sorge la Bocciofila, restò un alambicco,dove si produsse ancora per un po’ un profumato distillato.Attraverso questo evento, che si è inserito con successo nel circuito della strada del Vino “Ritorno alla Fiera”, l’amministrazione comunale ha scelto di riscoprire l’antica tradizione e favorire nuovamente la coltivazione e l’utilizzo di questa preziosissima erba medicinale.Le varie applicazioni della menta, in cucina, erboristeria, medicina, estetica e così via, infatti, nei giorni della festa, vengono riscoperte e applicate tutte, dando origine ad una manifestazione che soddisfa le esigenze di un pubblico tra i più svariati, come ha dimostrato il grande successo ottenuto nelle scorse edizioni.D’altra parte il paese di Piovà Massaia, pur essendo piccolo, racchiude una serie di tesori importanti, primi fra tutti la chiesa monumentale parrocchiale, opera di Benedetto Alfieri, e le rovine della chiesa romanica di San Martino, un esemplare unico nel suo genere perché dispone di una doppia abside, che sta a dimostrare che è un esempio di romanico tra i più antichi in assoluto,collegato ai primi culti cristiani. Piovà è inoltre il paese natale di importanti personaggi, quali ilmusicista Giovanni Battista Polledro, che suonò addirittura con Beethoven e del Cardinal Guglielmo Massaja, le cui imprese sono ormai note a tutti e che proprio lo scorso anno è statoproclamato Venerabile.“Profumata-menta” è quindi l’occasione per visitare questi luoghi, anche viaggiando su un simpatico trenino che attraversa il centro storico, e conoscere le realtà di questi grandi uomini piemontesi, grazie alle mostre tematiche realizzate dalle associazioni locali, in particolare l’Associazione Frà Guglielmo Massaia, che si occupa di promuovere il territorio e la figura di questo importante missionario piemontese.Nella prossima edizione della Fiera, che avrà il suo fulcro nel 3 giugno, oltre al mercatino dei prodotti tipici e dell’artigianato e alle mostre allestite, vi saranno spettacoli di teatro di strada e giocolieri, esibizioni itineranti della Banda Musicale “Aurora”, giochi per bambini, gare di bocce,fattorie didattiche, conferenze tematiche, il tradizionale banco di beneficenza e molto altro.Per tutta la giornata resteranno aperti e visitabili il Centro Didattico Polledro, il Museo del Combattente e la Casa delle Caramelle, uno spazio dove praticare yoga e biodanza tutto l’anno.Durante tutta la manifestazione la Pro Loco curerà un servizio di ristorazione con un menù interamente a base di menta e presso la Bocciofila, proprio dove un tempo sorgeva il famoso alambicco, si terrà il mojito party. Inoltre i ristoranti cucineranno per l’occasione dei piatti davvero sfiziosi e potranno accogliere anche i visitatori che vorranno fermarsi in Monferrato l’intero weekend.

Tra le mostre da visitare:-

 I Moriondo – Ingegno e pittura del primo ‘900(Palazzo Municipale, Sala del Consiglio, piazza Marconi)Angelo e Giacomo Moriondo, padre e figlio, furono due nostri straordinari concittadini. Il primo fu l’inventore della macchina del caffè, mentre il secondo fu un bravissimo pittore e illustratore.L’invenzione del caffè espresso, infatti, non è dovuta alla scoperta di una particolare miscela odi una speciale e fino ad allora sconosciuta varietà di caffè, ma all’invenzione della macchina per produrlo, che sarà esposta in anteprima assoluta qui a Piovà il 3 giugno, grazie alla collaborazione del nipote dell’inventore, che porta il suo stesso nome.Angelo Moriondo, torinese ma sposato a Piovà Massaia, strabiliò i tanti visitatori dell’Esposizione Generale nel 1884 preparando caffè all’istante con la sua macchina. Nella “caffettiera” ideata dall’inventore nostro concittadino acquisito, l’acqua veniva portata ad ebollizione e, attraverso un sistema di serpentine, fatta passare fino a raggiungere il contenitore del caffè torrefatto. L’acqua veniva così portata in pressione per preparare il caffè molto più rapidamente, da qui la definizione di “espresso”. Uno stratagemma che permetteva di ottenere un caffè più concentrato e cremoso,nel quale sono condensati tutti gli aromi e i profumi della miscela.L’anno successivo Moriondo brevettò nuove implementazioni del prodotto ed ottenne il brevetto internazionale. Agli inizi del ‘900 il milanese Luigi Bezzera perfezionò la macchina del Moriondo e ne brevettò le innovazioni. La serie di brevetti fu acquistata nel 1905 da un altro milanese, Desiderio Pavoni, che fondò la ditta “La Pavoni” e iniziò a produrre in serie – al ritmo di una al giorno – le macchine in una piccola officina di via Parini.Negli anni le macchine da caffè sono diventate sempre più sofisticate ma il meccanismo che sta alla base è sempre quello inventato nella Torino di fine Ottocento da Moriondo. Una tecnologia dicui si servono anche i distributori automatici che troviamo nei luoghi pubblici.

-Un viaggio nel tempo tra menù, ricette e tavole imbandite(sede associazione Fra’ Guglielmo Massaia, piazza Don Borio)Camminando fra le colline di Piovà Massaia, arrivando al palazzo dei Marchesi Ricci,soffermandoci senza fretta nelle stanze che ospitano questa esposizione, avremo lasensazione di un viaggio nel tempo, un tempo lento, fatto di ricette a lunga cottura coningredienti di stagione, di oggetti già di uso comune, di ambienti sopravvissuti.Ci guideranno i menu, piccoli rettangoli di cartone leggero che, posati a fianco di coperti sontuosi osu una tovaglia a quadretti bianchi e rossi, hanno aiutato bons vivants del passato a districarsi fraconsommé à la Savigny, galantine di vitello tartufate, asparagi in salsa Mousseline e corbeilles difrutta. Basterà soffermarsi in queste sale per immaginare le voci sommesse degli invitati al tavolodi re Umberto I, per immergerci nell’atmosfera brillante di una cena al Savoy di Londra guidata dall’arte di Auguste Escoffier, per stare al tavolo degli sposi di un già lontano 1931, per sentire il cucchiaio che raschia il fondo del barachin di una mensa di fabbrica, per seguire il nostro concittadino Guglielmo Massaja in tre momenti della sua vita travagliata, o per sentire il profumo di bollito nella cucina di palazzo Ricci.

-“Tor des geants” Gara di marcia estrema in Valle d’Aosta. Video, curiosità,informazioni (salone polivalente di Piazza San Martino)Una conferenza e una mostra racconteranno la Regione Valle d’Aosta con immagini naturalistichee di montagna attraverso uno dei suoi eventi più estremi il “Tor des Geants”, una delle sei gare di Marcia più dure al mondo: 350 km, 25 colli da attraversare, 24000 metri di dislivello in un tempo massimo di 150 ore. Saranno presenti due atleti finisher del TOR: Marco Macchia e Oliviero Alotto, un medico traumatologo dell’equipe Technos medica che assicura l’assistenza medica ai concorrenti nelle sette basi vita del percorso ed all’arrivo, un medico cardiologo e un trainer di attività fisica.

-Cardinal Massaja – missionario cappuccino in Etiopia(chiesa parrocchiale, piazza Don Borio)La mostra vuole raccontare la storia del cittadino più illustre di Piovà. Nato qui l’8 giugno 1809, Lorenzo Antonio Massaia, scelse di vestire l’umile saio di San Francesco a soli diciassette anni, diventando frate cappuccino, con il nome di Guglielmo.Fu Cappellano dell’Ospedale Mauriziano, dove apprese nozioni di medicina e chirurgia.Nel ’36 fu nominato professore di filosofia e teologia ed il Re, Carlo Alberto, lo designò confessore dei suoi figli, diventando così consigliere di Vittorio Emanuele II. Anche Silvio Pellico lo scelse come padre spirituale. Ma il suo più ardente desiderio era morire martire in terra di missione.Fu così che nel 1846 fu nominato vicario apostolico da papa Gregorio XVI e partì subito dopo per l’Etiopia, dove trascorse 35 anni di missione. Il suo apostolato vide numerose prigionie ed esilii, mariuscì a fondare diverse missioni, centri assistenziali e compose il primo catechismo in lingua galla.Si adoperò alle cure endemiche, contro il vaiolo soprattutto, e favorì spedizioni diplomatiche escientifiche. A fine 2016 è stato finalmente proclamato Venerabile da Papa Francesco.Nel suo paese natale l’Associazione Fra’ Guglielmo Massaia ne cura la memoria, organizzandomostre, conferenze ed eventi e l’amministrazione comunale sta lavorando per realizzare un museo multimediale a lui dedicato. A questo proposito nei giorni della festa, nel palazzo Municipalesaranno proiettati filmati sulla vita del Cardinale sullo schermo touch screen donato dall’Ecomuseo Basso Monferrato Astigiano.

I miei colori, le mie stagioni – Personale del pittore Francesco Bonini(via Roma n. 26)Il Dott. Enzo Nasillo, Critico d’ Arte, descrive così il pittore chierese Bonini, nella rivista “Percorsi d’ oggi,Rassegna di Letteratura-Arte-Attualità” uscita nei primi mesi del 2015:“È indiscutibilmente avvertibile nella pittura di Francesco Bonini un instintivo, autentico, non mediato edancora meno meditato legame fra la vocazione ispirativa ed i moduli espressivi che ne sono la direttaemanazione. Osservando gli impianti iconografici che egli appronta servendosi di supporti molteplici edarticolati nella loro semplicità -dalla ceramica alla carta, dalla tela alla tavola-, si colgono in maniera plasticamente palpabile l’ anelito, la tensione (ed implicitamente l’ auspicio) alla costruzione per mezzo di immagini di scenari edemici pervasi dal predominio della natura, alla stessa maniera in cui,parimenti, vengono depurati da ogni riferimento contingente, nonché dalla presenza umana.Acquarello, acrilico, matita, carboncino, ceramica dipinta, olio, china nera (ma spesso anche rossa) divengono nelle mani di Bonini strumenti di comunicazione e di colloquio in grado diconsentire, a quanti si pongono dinanzi a tali risultanze, di percepire, di appropriarsi e quindi di vivere e di condividere i più autentici stati d’ animo del suo artefice.Uomo semplice in un mondo artatamente complicato, figura limpida appartenente ad una realtà dominata da opacità comportamentali, egli ha costantemente alimentato con il fuoco di una sensibile fantasia un serbatoio inventivo fatto di spontaneità, esprimendosi con la medesima, convincente e coinvolgente disinvoltura tanto nei mignon (piccoli formati contrassegnati da una carpenteria pazientemente lavorata) quanto sulle grandi superfici, dove Bonini dà vita a delle vere e proprie esplosioni cromatiche, in cui il soggetto scelto diviene metafora della propria condizione emotiva.Premiato in occasione della XXXIII Edizione del Concorso Artistico “Il Centenario” a Torino, dove è anche risultato vincitore del Primo Premio nell’ ambito della Sezione Tecniche Varie, e consapevole chela creazione per mezzo dei colori sia un dono da condividere, Francesco Bonini può agevolmente essere additato come la riprova di quanto l’ autenticità del gesto pittorico, l’ amore per il calore, l’ umiltà nell’ approccio e la fede in se stessi siano oggi più che mai ingredienti essenziali per quanti vogliono fare parte di quello in senso lato viene definito mondo dell’ arte”.