PIEMONTE ARTE: MAN RAY, INCANTI RUSSI, TRAMANDA, SAVAGE LANDOR, FERMANI…

coordinamento redazionale di Angelo Mistrangelo

 

OLTRE 30.000 PER MAN RAY

WO | MAN RAY. Le seduzioni della fotografia

CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia

Sono state oltre 30.000 le persone che hanno visitato la mostra “WO | MAN RAY. Le seduzioni della fotografia”, a cura di Walter Guadagnini e Giangavino Pazzola ed esposta a CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia, dedicata a un grande maestro del XX secolo: Man Ray. WO | MAN RAY, con una media di circa 350 visitatori al giorno in quasi 90 giorni di apertura, è la mostra che ha chiuso con i numeri più alti di pubblico dall’apertura di CAMERA – ottobre 2015 – ad oggi. C’è ancora tempo fino a domenica 2 febbraio per scoprire il mondo di Man Ray fotografo, artista e uomo la cui creatività e il cui estro si intrecciano in maniera inscindibile con quelli di numerose figure femminili; donne che, quasi sempre, hanno a loro volta una storia non meno affascinante da raccontare, sia sul piano biografico che su quello creativo. Lee Miller, Berenice Abbott, Dora Maar, Meret Oppenheim. E Kiki de Montparnasse, Nusch Éluard, Juliet (l’ultima moglie): modelle, amiche, compagne, soprattutto artiste di altissimo livello, anche loro protagoniste della mostra nelle oltre 200 fotografie esposte. “Come è ormai prassi a CAMERA – osserva il Direttore Walter Guadagnini – abbiamo voluto raccontare un pezzo di storia dell’arte e della fotografia da una prospettiva sorprendente: tutti conoscono Man Ray, i suoi nudi dall’erotismo sensuale, provocatorio e giocoso, ma non altrettanto conosciuta è la storia delle donne che con lui hanno collaborato, vissuto, litigato, che da lui hanno imparato e a lui hanno insegnato, e che si sono rivelate come altrettante protagoniste dell’arte e della fotografia mondiale. In questa nuova prospettiva, abbiamo ricreato un ambiente, raccontato una storia in parte inedita ed esposto dei capolavori come le leggendarie “Le Violon d’Ingres” (1924), “Noire et blanche” (1926) e “La Prière” (1930)”. Continua il Direttore “Ringrazio, quindi, tutto il numeroso pubblico che, attento e curioso, si è lasciato accompagnare in questo mondo surrealista e mi auguro che rinnovi la sua attenzione anche per la prossima mostra in programma – apertura il 20 febbraio -, che presenterà i capolavori della prestigiosa Collezione di Guido Bertero che spaziano da una concezione sociale ad una concettuale della fotografia attraverso nomi come quelli di Capa, Ghirri, Cartier-Bresson, Giacomelli, Klein, Carmi e molti altri ancora.”

 

PINACOTECA ALBERTINA, MOSTRA “INCANTI RUSSI”

Opere pittoriche di tradizione dell’Accademia Glazunov di Mosca

a cura di Salvo Bitonti

Pinacoteca Albertina, dal 31 gennaio al 22 marzo 2020

Conferenza stampa 30 gennaio alle ore 11.00

Inaugurazione 30 gennaio alle ore 18.00

Nel 1986 l’artista sovietico Il’ja Glazunov, durante il periodo riformatore della perestrojka, riuscì a far rivivere questa gloriosa Accademia di Belle Arti di Mosca che tanto seguito aveva avuto nel corso dell’Ottocento e nel periodo delle avanguardie russe degli anni venti del Novecento. Vi ebbero influenza e vi furono ospiti artisti come Lentulov, Konchalovsky, Mashkov, Rodchenko, come anche Malevich e Kandinsky. Fondamentalmente legata alla tradizione pittorica dei grandi modelli della pittura e della scultura classica, in primis italiana, o alle rievocazioni storiche e religiose del folclore e del sentimento popolare russo, l’Accademia a metà negli anni ’20 fu fusa con altre istituzioni più tecniche che artistiche per volere dello stesso Lenin, in nome di un certo disprezzo per la pittura antica e i modelli classici a favore del cosiddetto “realismo socialista” che voleva avvicinare l’arte alle classi proletarie in chiave di propaganda politica. Oggi, scomparso il suo rifondatore, Il’ja Glazunov, questa particolarissima Accademia è retta dal figlio Ivan Glazunov, artista di grande rilievo, in nome di un ritorno a quei temi cari alla cultura del popolo russo, alla sua letteratura, alla sua musica, al suo teatro e al suo più antico mondo poetico ovvero lo sguardo alla storia nazionale, al sentimento e alla tradizione religiosa popolare e alla mitologia del popolo russo insieme ai suoi paesaggi e visioni architettoniche. L’aspetto educativo della composizione pittorica impartita in questa scuola, porta in auge un sistema codificato e mai superato della tecnica artistica e realizzativa delle opere: composizione dal vivo dei soggetti, studio ed equilibrio dello spazio da rappresentare, attenzione alle atmosfere luministiche e accurata distribuzione nello spazio dei movimenti dei personaggi dipinti, ma soprattutto approfondimento della psicologia dei personaggi negli eventi narrati che ci introducono in una rappresentazione quasi teatrale di particolare fascino e significazione. La mostra alla Pinacoteca Albertina di Torino è allestita con la curatela di Salvo Bitonti, osservatore e coordinatore registico di queste opere, e vorrebbe restituire uno sguardo quasi cinematografico su un mondo magico di una terra e di una cultura e di un popolo che tanto ha influenzato l’immaginario artistico europeo ancora prima del suo grande e decisivo momento storico dato dalla rivoluzione d’Ottobre. I ventidue dipinti, selezionati insieme alla presidente dell’Accademia Paola Gribaudo sono per lo più di grandi dimensioni e sono stati realizzati tutti da studenti come tesi di diploma o durante i diversi anni di corso di studio all’Accademia Glazunov, in un arco temporale che va dal 1999 al 2019; In questi lavori scelti è predominante il carattere storico, religioso nonché il folclore popolare della grande nazione russa. La morte misteriosa del piccolo zarevic Dimitri, all’epoca di Boris Godunov, suicidatosi o forse ucciso per una congiura. Una scena di corte ai tempi di Ivan il terribile, processioni nuziali di grande fascinazione visiva o ancora l’azione taumaturgica del futuro San Basilio nelle strade di Mosca e immagini della capitale moscovita al tempo dei boiari o fiere presso altre città russe, sono alcuni episodi delle opere oggi presentate che maggiormente colpiscono per la loro forza rappresentativa. Di particolare pregio il lavoro sui paesaggi, come le vedute di alcune chiese di Mosca e di un antico monastero greco-ortodosso, quello dell’assunzione di San Cirillo, insieme a un paesaggio in cui scorre lieve il passaggio dalla stagione invernale a quella primaverile; ed ancora scorci moscoviti del Cremlino o del monastero di Novodevičij. A questa selezione si aggiungono alcuni acquarelli e matite su carta, piccole opere d’arte ispirate alle bylìny, componimenti della tradizione epica orale russa. Concludono questo percorso una natura morta e un ritratto di una giovane fanciulla nei pressi di un pozzo. Queste opere sono caratterizzate da una tecnica che solo ad una lettura fuggente può apparire esclusivamente virtuosistica, nella sapienza dell’uso del colore e nella precisione dei dettagli d’insieme; invece l’eco di cui risuonano questi dipinti, ovvero quello della felice stagione della pittura russa del realismo e verismo ottocentesco, li rendono, sì una riproposta dell’antico ma anche una sfida modernissima a un tempo. Essi ci restituiscono l’incanto di un tempo perduto, ricreano atmosfere lontane, riportando indietro la nostra concezione del tempo e dell’arte, come solo il teatro dei grandi registi della scena e i massimi registi cinematografici hanno saputo fare in epoca contemporanea. Si pensi, in ambito russo, alle perfette realizzazioni per il teatro o per il cinema dovute alla maestria di registi come Alexandr Sokurov o Nikita Michalkov; di questi artisti certamente non potranno mancare alcune visioni di loro capolavori, come corollario di studio e approfondimento per questa singolare mostra nella nostra Accademia Albertina, in questa celebrazione del mondo russo e del suo innegabile fascino.

Pinacoteca Albertina, via Accademia Albertina 8, Torino

0110897370 – pinacoteca.albertina@coopculture.it www.pinacotecalbertina.it

 

CHIERI: AL VIA I LAVORI DELLA GIURIA PER LA NUOVA EDIZIONE DI TRAMANDA

Si è riunita nella Biblioteca del Comune di Chieri la Giuria di Tramanda 2020 che si dedicherà ad esaminare le oltre 100 candidature arrivate da tutta Italia e da diversi Paesi del mondo. Le opere partecipano sia al Young Fiber Contest – per artisti al di sotto dei 35 anni – che alla Chiamata Aperta per artisti di qualunque età. Le opere saranno esposte a partire dal 9 maggio 2020 a Chieri, in occasione della nuova edizione di Tramanda. La valutazione proseguirà anche per l’intera giornata di domani. Quest’anno, in particolare, la Giuria presenta grandi novità con l’ingresso di prestigiosi nomi del mondo dell’arte quali Fiorenzo Alfieri (Presidente del Castello di Rivoli e Presidente di Giuria) e Angelo Mistrangelo (giornalista e critico d’arte e Vicepresidente di Giuria) che affiancano i nomi storici di Silvana Nota (Direttrice Artistica del Premio Young Fiber Contest e di Chiamata Aperta), Maria Francesca Garnero (già funzionario del Comune di Chieri che ha seguito le storiche Biennali  di Fiber Art) e Valeria Scuteri (artista internazionale ed esperta di tecniche di Fiber Art). In qualità di uditore, quest’anno affianca la Giuria, per le competenze tecniche, l’architetto Massimo Tiberio (Responsabile degli Allestimenti Mostre). Tutto il coordinamento generale dell’intero evento è anche quest’anno affidato a Carla Gilardi. “La grande adesione che ha avuto anche quest’anno lo Young Fiber Contest – dichiara l’Assessore alla Cultura del Comune di Chieri Antonella Giordano – conferma l’interesse che il brand Tramanda suscita. Questo ci stimola a continuare la promozione di questa forma di espressione artista scelta anche da tantissimi giovani”. “Sono molto soddisfatta – conferma Silvana Nota, – perché le candidature, oltre ad essere aumentate, hanno avuto un innalzamento qualitativo, soprattutto perché rispecchiano i movimenti della scena contemporanea artistica. Avendo introdotto anche quest’anno la tecnica “mix media” gli artisti hanno avuto la possibilità di coniugare all’elemento tessile le varie tecniche i flussi di tendenza attuali”.

 

M.A.O., “DIPINGERE L’ASIA DAL VERO”, VITA E OPERE DI ARNOLD HENRY SAVAGE LANDOR

a cura di Francesco Morena

14 febbraio 2020 – 14 giugno 2020

Inaugurazione giovedì 13 febbraio 2020 ore 18

Artista, antropologo, esploratore, avventuriero, scrittore, fotografo, giornalista e inventore: Arnold Henry Savage Landor (1865-1924) è una figura poliedrica estremamente interessante, che ha goduto di grande successo in vita e che, per motivi non del tutto chiari, è caduta totalmente nell’oblio dopo la sua morte. Savage Landor nacque a Firenze da padre inglese e madre italiana. Visse la sua adolescenza in un ambiente colto, in cui letteratura e arte erano passioni quotidiane. Tra i suoi maestri vi fu Stefano Ussi (1822-1901), che intuì le capacità del giovane e suggerì alla famiglia di lasciare che si dedicasse alla pittura. Partito presto alla scoperta del mondo, il giovane Henry visitò prima alcuni paesi dell’Africa settentrionale e dell’America, per muoversi poi alla volta dell’Asia: Giappone, Corea, Cina, dove dipinse centinaia di opere dal vero in uno stile ‘impressionistico-macchiaiolo’ di rapida esecuzione. L’unicità documentaria delle sue creazioni appare evidente: in un periodo in cui ci si affidava già all’immediatezza della fotografia, Savage Landor ha persistito a lungo nel dipingere en-plein-air, prendendo però nettamente le distanze dalle visioni fantasiose e dallo stile minuziosamente classico della pittura di genere Orientalista per immergersi invece nel mondo asiatico reale, restituendone i vari aspetti con i tratti espressivi della modernità. Lo stile dell’artista anglo-fiorentino, rapido e conciso, si rivela infatti estremamente efficace nel ‘fotografare’ con immediatezza luoghi e persone che di lì a qualche decennio sarebbero completamente cambiati per conseguenza dell’incipiente globalizzazione. Il MAO Museo d’Arte Orientale dedica alla figura di Henry Arnold Savage Landor una mostra monografica, a cura di Francesco Morena, che rappresenta l’occasione per scoprire una figura affascinante e di grande interesse per la comunità internazionale, ma anche l’opportunità per ridisegnarne il profilo e per restituire, dopo decenni di oblio, la giusta dimensione del personaggio. L’esposizione raduna il corpus più consistente a noi noto della pittura a olio di Savage Landor: un patrimonio prezioso – proveniente da più collezioni private – di circa 130 dipinti, 10 acquarelli e 5 disegni che l’artista anglo-fiorentino realizzò nei suoi lunghi soggiorni e viaggi attraverso Cina, Giappone, Corea, Tibet e Nepal. L’insieme di queste opere costituisce, allo stato attuale delle nostre conoscenze, il nucleo più consistente e significativo di dipinti di Savage Landor esistente al mondo e rappresenta il tassello fondamentale per comprendere l’evoluzione artistica del suo autore. Per offrire una visione completa di questa fase della sua vita, oltre ai dipinti realizzati in Asia, in mostra sono presenti anche alcune opere eseguite durante l’adolescenza a Firenze, nel corso dei suoi viaggi in Europa e nella sua prima esperienza oltre confine, in Egitto. Come tessere di un mosaico capace di esprimere la complessità della poliedrica figura di Savage Landor, accanto ai dipinti troveranno posto un suo brevetto depositato negli Stati Uniti d’America e tutti i volumi da lui stesso pubblicati. Per l’occasione verrà pubblicato un catalogo bilingue italiano/inglese, edito da SAGEP, con saggi di Francesco Morena e Silvestra Bietoletti.

VISITE GUIDATE

In occasione della mostra, Theatrum Sabaudiae propone visite guidate periodiche. Prenotazione consigliata; per informazioni su costi e prenotazione: t. 011.5211788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

MAO Museo d’Arte Orientale- Via San Domenico 11, Torino

ORARIO da martedì a domenica 10-18. Chiuso il lunedì

INFO t. 011.4436932 – www.maotorino.it

 

CHIERI: PRESENTAZIONE LIBRO SULLA COMUNITA’ EBRAICA

Martedì 28 gennaio, in Biblioteca, Sala Conferenze, per la serie di appuntamenti “Quattro Chiacchiere alla Locale”, in occasione del  Giorno della Memoria, è stato presentato il libro “Oltre il cancello. La comunità ebraica e il ghetto di Chieri dal ‘400 al ‘900: storia, arte e protagonisti.” Il lavoro, curato da Corrado Terranova e Mariacristina Colli, con le introduzioni di Dario Disegni e Alberto Cavaglion, si avvale del contributo di Claudio Bertolotto, Giovanni Donato, Filippo Ghirardi, Marisa Gilardi, Simonetta Sabaino, Vincenzo Tedesco e Guido Vanetti.

 

 

 

 

 

 

ELISABETTA E GILBERTO FERMANI: MOSTRA A DOMODOSSOLA

Sabato 1 febbraio, alle ore 11,00, sarà inaugurata a Domodossola, presso lo spazio Gallery ufficio dei Private Banker (Via G. Marconi 26) la mostra pittorica di Elisabetta e Gilberto Fermani (padre e figlia). Gilberto Fermani dipinge dagli anni settanta. Ha realizzato numerose mostre personali e partecipato a collettive in Italia e all’estero. Pittore creativo, profondo e affilato nelle sue riflessioni, esprime la sua idea di mondo nelle opere visive e porta in Ossola una ventata di “italicum acetum”, grazie alla sua origine centro peninsulare (è nato a Civitanova Marche nel 1942). Nelle sue opere si ravvisa uno stile personale, forte, inconfondibile. Il tratto leggero e lineare, la pittura più debitrice al disegno che alla matericità del colore, le visioni fantastiche, le figure umane geometriche, quasi surreali, a tratti sembrano alludere alla lezione del “Cubofuturismo”, rivelando in realtà l’aspirazione ad un universo migliore, la critica ad un presente da rifare. Con le sue nuvole simili a sudari nucleari o scie chimiche, che navigano in un cielo che sembra perennemente scorrere e variare la sua linfa nel sottostante paesaggio desolato, cerca probabilmente, anche attraverso un linguaggio raffinato, di far prendere in considerazione il dilemma ecologico. Elisabetta Fermani (Macerata 1975) invece, agronomo e paesaggista di professione, illustratrice per passione, sperimenta sin da piccola le varie tecniche pittoriche e di illustrazione, innamorandosi dell’acrilico per rappresentare racconti e testi poetici attraverso uno sguardo surreale ed onirico. Lavora come grafica in diversi ambiti (pubblicità e architettura) e nell’editoria (riviste e libri illustrati). Espone in mostre collettive e personali in Italia e all’estero. Estratto da un progetto editoriale, il suo lavoro indaga l’animo umano e il suo rapportarsi con l’infinito visibile di notte, quando il Sole si spegne e ai nostri occhi si schiude. L’uomo è una piccola unità cosmica ordinata ed energetica sottoposta alle stesse leggi fisiche, chimiche e temporali degli oggetti che formano l’universo. Ma solo gli occhi coraggiosi ed empatici possono godere delle infinite distanze e con queste confrontarsi. In mostra le seguenti opere, tutte, tecnicamente, acrilico su cartoncino: “Il giorno”, “Il bulbo”, “L’impero delle luci”, “Paura della notte”, “Scacchi e cosmo”, “Gli elefanti volanti”. La mostra continuerà fino a fine marzo 2020 con il seguente orario: lunedì/venerdì 8,45/12,45, 15/18,45, sabato 8,45/12,45.

Enzo De Paoli

 

FONDAZIONE COSSO: “IL GIGANTE DEL NILO”, STORIA E AVVENTURE DEL GRANDE BELZONI

Presentazione con l’autore MARCO ZATTERIN

Venerdì 14 febbraio, ore 21

Castello di Miradolo – San Secondo di Pinerolo (To)

Venerdì 14 febbario, alle ore 21, la Fondazione Cosso è lieta di accogliere la presentazione del libro “IL GIGANTE DEL NILO. Storia e avventure del Grande Belzoni” (Ed. Mondadori, 2019) con l’autore Marco Zatterin. Dialogherà con lui Silvia Einaudi, egittologa. Un uomo alto due metri, massiccio, con una folta barba rossa, vestito alla turca, entra per primo, dopo tremila anni, nella tomba di Sethi I. Ha trentanove anni e una vita romanzesca alle spalle. È nato a Padova, ha fatto il barbiere, ha studiato idraulica, lavorato in teatro a Londra e in giro per l’Europa. Si chiama Giovanni Battista Belzoni, ma nel vecchio continente tutti lo conoscono come «The Great Belzoni». È senza dubbio il primo grande archeologo italiano in Egitto, forse uno dei più grandi in assoluto nell’età più avventurosa della «corsa» al Paese dei faraoni, a cavallo tra Settecento e Ottocento, l’età della spedizione napoleonica e delle scoperte di Champollion. Questa avvincente biografia porta alla luce uno dei personaggi centrali nella storia dell’incontro fra Europa ed Egitto: dalle esibizioni sulla ribalta come «Sansone Patagonico» al recupero della testa di Ramses II e al dissabbiamento del tempio di Abu Simbel, dalla soluzione dell’enigma della piramide di Chefren fino alla morte solitaria in Nigeria, nel tentativo di raggiungere la mitica Timbuctu. Grazie a numerosi documenti inediti, Marco Zatterin ricostruisce le gesta rocambolesche e le fondamentali scoperte archeologiche del «gigante del Nilo» e indaga sulle rivalità che il suo attivismo suscitò nei «concorrenti» e sulla successiva esclusione dall’empireo dell’egittologia.

Ingresso gratuito alla presentazione. Prenotazione obbligatoria al n° 0121.502761 prenotazioni@fondazionecosso.it.

Marco Zatterin (Roma 1961), giornalista specializzato in temi economici ed europei, è vicedirettore de «La Stampa», per cui dal 2006 al 2016 è stato corrispondente da Bruxelles. È appassionato di storia ed egittologia in particolare, oltre che di letteratura poliziesca e musica rock. Tra i suoi libri Sherlock Holmes. Indagine su un mito centenario (1987), In viaggio con Sherlock Holmes (1994), Trafalgar (2005) e Il gigante del Nilo (2019)

Silvia Einaudi, egittologa, ricercatrice associata presso l’École Pratique des Hautes Étude di Parigi. È stata ricercatrice post-dottorato all’Università di Montpellier e ricercatrice invitata all’École du Louvre. Tiene corsi sull’antico Egitto a Parigi ed è epigrafista della missione archeologica francese nella tomba di Padiamenope (TT 33) a Luxor. I suoi principali ambiti di ricerca sono: il Libro dei Morti, la storia della collezione Drovetti, la formazione del Museo Egizio di Torino, la nascita e gli sviluppi dell’egittologia nell’Ottocento, le tombe monumentali tarde della necropoli dell’Asasif (fine VIII-metà VI sec. a.C.).

San Valentino al Castello

Venerdì 14 febbraio, in occasione della Festa di San Valentino, la mostra dedicata alla fotografia di Oliviero Toscani, ospitata nelle sale del Castello di Miradolo e nel suo Parco storico, sarà visitabile per tutte le coppie con ingresso 2×1.

La mostra osserverà un orario di apertura esteso, fino alle 23.

 

FORTE DI BARD: WILDLIFE PHOTOGRAPHER OF THE YEAR

1° febbraio – 2 giugno 2020

Dal 1° febbraio al 2 giugno 2020 si terrà al Forte di Bard, l’anteprima italiana della 55esima edizione del Wildlife Photographer of the Year, il più importante riconoscimento dedicato alla fotografia naturalistica promosso dal Natural History Museum di Londra. In esposizione oltre cento emozionanti immagini vincitrici nelle 19 categorie del premio selezionate tra 48.000 scatti provenienti da 100 paesi del mondo, valutati da una giuria internazionale di stimati esperti e fotografi naturalisti. Vincitore del prestigioso titolo Wildlife Photographer of the Year 2019 il fotografo cinese Yongqing Bao con lo scatto “The Moment”. L’immagine ritrae lo scontro tra una volpe e una marmotta, uscita dalla sua tana dopo il letargo, sull’altopiano del Qinghai, in Tibet.

La foto cattura il dramma e l’intensità della natura: il potere del predatore che mostra i suoi denti, il terrore della sua preda, l’intensità della vita e della morte scritte sui loro volti. Il quattordicenne Cruz Erdmann, Nuova Zelanda, invece, ha ricevuto il premio per lo Young Wildlife Photographer of the Year 2019 con il suo scatto “Night glow”, fatto durante una immersione notturna al largo di Sulawesi, in Indonesia. L’immagine raffigura un calamaro durante un corteggiamento. Tra i vincitori anche due italiani: il giovane Riccardo Marchegiani con “Early riser”, categoria 15-17 anni, e l’altoatesino Manuel Plaickner con “Pondworld”, per la categoria Behaviour: Amphibians and Reptiles. Protagonista dello scatto di Riccardo Marchegiani una femmina di babbuino Gelada con il suo cucciolo all’alba su un altopiano nel Parco Nazionale del Simien in Etiopia, dove era andato con suo padre e un suo amico. La foto di Manuel Plaickner, invece, immortala delle rane comuni in uno stagno durante il periodo dell’accoppiamento. Il fotografo ha seguito ogni primavera, per oltre un decennio, la migrazione di massa delle rane in Alto Adige. Altri tre fotografi italiani hanno ricevuto la menzione highly commended in quanto parte delle cento immagini finaliste del concorso fotografico: Stefano Unterthiner (categoria ‘Animals in their Environment’), Lorenzo Shoubridge (categoria ‘Behaviour: Invertebrates’) e Roberto Zanette (categoria ‘Earth’s Environments’).

Wildlife Photographer of the Year

Forte di Bard, Valle d’Aosta

1° febbraio – 2 giugno 2020

Orari

Dal 1° febbraio al 1° marzo

feriali: 10.00 | 17.00

sabato, domenica, festivi: 10.00 | 18.00

lunedì chiuso

Dal 2 marzo l’apertura è prolungata di un’ora

 

PREMIO ITALIA-CINA: RESIDENZE ARTISTICHE PER DUE GIOVANI ARTISTI ITALIANI E PER DUE GIOVANI ARTISTI CINESI

Edizione 2019

Giovedì 30 gennaio alle 17.30–per un’unica serata –saranno presentati i lavori realizzati dalle due artiste Ding Dinge Tan Feivincitrici cinesi del Premio Italia-Cina, ideato e realizzato dall’Istituto Garuzzo per le Arti  Visive in  collaborazionecon  ilMinistero degli Affari Esterie  della  Cooperazione  Internazionale,il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo,  l’Istituto Italiano di Cultura di Pechino, e  il National Art Museum of China.Le  vincitrici,  durante  i  due  mesi  di  permanenza  in  Italia,  sono  state  seguite  dai  curatori  Luca  Albonico e Rebecca De Marchi che, attraverso lacreazione di un percorso ad hoc,hanno permesso loro di intrecciare le  proprie  ricerche  artistiche  e  teoriche  con  quelle  di  coetanei  italiani,  curato