Cappella della Madonna del Carmine
Nella Collegiata di Santa Maria della Scala la famiglia Balbiano di Colcavagno possedeva una cappella dedicata a Santa Basilissa. Era situata a sinistra del presbiterio, vicina a quelle di Sant’Anna e Santa Caterina da Siena, ed era detta “la vecchia” per distinguerla da un’altra con lo stesso titolo, ma posta a sinistra dell’ingresso principale e appartenente alla famiglia Villa, la quale per lo stesso motivo era detta “la nuova”.
Da quando (1478) alla sinistra del presbiterio venne trasferita anche la sacrestia e lo spazio per le cappelle si era fatto stretto, i Balbiano meditavano di trasferirsi, ma senza riuscirci per mancanza di spazio. Ci riuscì attorno al 1642 il cavaliere di Malta fra Flaminio Balbiano, Capitano Generale delle Galere, grazie ad un accordo con i parenti, i Balbiano di Viale: costoro possedevano la cappella di Santa Croce, molto grande perché formata da due campate. Flaminio riuscì a farsene dare una, dove trasferì la cappella di Santa Basilissa “la vecchia”.
Ma non si accontentò del trasferimento. Per prima cosa ne cambiò il titolo in quello della Madonna del Carmine. Poi, da Messina dove si trovava dislocato, e poi anche da Malta, servendosi del nipote conte Alberico, la abbellì, la dotò di nuovi arredi e nel 1644 anche di una nuova pala. Inviò perfino il disegno della sua pietra tombale, che il nipote fece scolpire fedelmente, ed ora è affissa ad un pilastro davanti alla cappella. Ma non servì, perché Flaminio morì a Malta, ed è sepolto nella cattedrale di San Giovanni di La Valletta.
Nella pala che fra Flaminio Balbiano fece dipingere per questa sua cappella, compare la Madonna del Carmine fiancheggiata dai Santi Giuliano e Basilissa i quali, fra un volteggiare di angioletti che tengono in mano gli scapolari, vengono incoronati rispettivamente da Lei e da Gesù Bambino. In basso, altri due puttini giocano con l’elmo e con lo scudo di San Giuliano (sullo scudo compare il simbolo dei Balbiano).
Antonio Bosio, e ad altri dopo di lui, hanno ritenuto che fra’ Flaminio avesse spedito il quadro dalla Sicilia, dove effettivamente visse per alcuni anni. Giovanni Romano, invece, in base ad analisi stilistiche, fin dal 1989 lo ha attribuito all’ambito artistico genovese, e in particolare al pittore di origini luganesi Giovanni Battista Carlone. La recente scoperta di una lettera, scritta da Flaminio Balbiano al nipote Alberico il 4 marzo 1644, gli ha dato piena ragione. In quella missiva, infatti, spedita da Lodi, dove in quel periodo era impegnato, fra’ Flaminio diceva di essere in procinto di far dipingere la pala e di volerlo fare a Milano o a Genova.
Nel 2004, in occasione di una mostra sui Maestri genovesi impegnati in Piemonte fra il ‘600 e il ‘700, nella quale fu esposto anche questo quadro, la studiosa Gelsomina Spione in parte confermò e in parte corresse l’attribuzione di Giovanni Romano: secondo lei il quadro sarebbe stato, sì, dipinto a Genova, ma probabilmente non da Giovanni Battista Carlone ma da Domenico Fiasella, che del Carlone era stato uno dei maestri.
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