Da qualche settimana a questa parte, entrare nel Duomo di Chieri significa vederlo “sotto una nuova luce”: una luce più viva, più calda, più diffusa. Significa poter vedere illuminati angoli finora relegati nella penombra o addirittura nel buio. Tutto questo grazie al rinnovo pressoché totale dell’impianto di illuminazione. Un’opera in via di realizzazione a cura della Diocesi e della Parrocchia (nella persona del parroco don Marco di Matteo) grazie agli introiti dell’ “Uno per Mille”, eseguita dall’impresa Bertolino Impianti di Riva presso Chieri, sotto la guida dell’architetto Raffaele Fresco e su progetto dell’ing. Guido Nicelli di Sintech Ingegneria. L’arch. Paolo Giorcelli segue i lavori per conto della Parrocchia. Entrando, superato il primo stupore suscitato da un ambiente ben conosciuto che ha acquisito un volto completamente nuovo, l’attenzione viene e attirata dalle volte delle navate, e dal loro cielo azzurro stellato, affrescato alla fine dell’Ottocento dal pittore dell’Accademia Albertina Gabriele Ferrero, mai visto con tanta chiarezza e luminosità. Particolarmente godibili le volte del Presbiterio, cioè delle due campate che ospitano l’altare, destinate alle azioni liturgiche: un’area che per la sua importanza è stata oggetto di maggior cura decorativa. Il conte Edoardo Arborio Mella, responsabile del restauro di fine Ottocento, fece dipingere da Enrico Gamba non solo le quattro grandi scene della vita della Madonna che ben conosciamo perché ben visibili sulle pareti laterali (lo Sposalizio della Vergine e il suo Transito a destra, la Natività di Gesù e la Fuga in Egitto a sinistra), ma anche, sulle due volte a crociera, otto coppie di Angeli, una coppia per ogni vela, che si stagliano contro l’azzurro stellato del Ferrero. Dei sedici Angeli, otto sono musicanti, e sono rappresentati nell’atto di suonare strumenti vari (il liuto, la tromba, il cembalo, l’arpa, l’organo); gli altri otto sorreggono cartigli con scritte in caratteri gotici inneggianti alla Vergine. Partendo dall’abside e proseguendo verso le navate, la prima recita: “Fortis est ut mors dilectio. Cant. Cap. 8” (Forte come la morte è l’amore, Cantico dei Cantici, capitolo 8); la seconda: “Gloriam praecedit humilitas” (L’umiltà precede la gloria”); la terza: “Hodie Maria Virgo coelos ascendit”. SC 64) (Oggi Maria sale nei cieli”); la quarta: “Posuit diadema in capite eius fecitque eam regnare” (“Ha posto una corona sul suo capo e l’ha fatta regnare”). Dal presbiterio, voltandosi verso la navata centrale, lo sguardo è di nuovo attirato dalla lunga teoria di volte dipinte di azzurro e, al lati, in alto sulle pareti, dalle due file di “tondi” con i busti dei Santi Vescovi e Padri della Chiesa dipinti da Andrea Gastaldi, per poi soffermarsi sulla prima volta, quella all’incrocio della navata centrale col transetto, dove ora sono molto più visibili i simboli dei quattro Evangelisti dipinti, anche questi, da Enrico Gamba. (A. Mignoz.)