Chieri 1926, così la racconta una rivista d’arte

“Più che pel suo patrimonio artistico e storico, è nota per lo scintillante freisa e per le sue ortaglie”.

di Bruno Bonino

 

Una rivista edita a Milano pubblicava circa un secolo un articolo, scritto da Carlo Merini, che parlava di Chieri, città ricca d’arte e di storia e che secondo lui era scarsamente conosciuta forse perché troppo vicina a Torino. La rivista, edita da Sonzogno, si chiamava Varietas, si occupava di arte, viaggi e cultura, era riccamente illustrata e usciva con cadenza mensile. Il testo riguardante Chieri uscì nel gennaio 1926 ed è riportato nel seguito.

 

“Chieri, la medievale “città dalle cento torri”. Dimenticata dal forestiero, frettolosamente ricordata dalle guide, essa meriterebbe un più diffuso cenno. Ha origini remotissima: Plinio la menziona. Arsa nel 1155 dal Barbarossa, risorta tre anni dopo, vi sostò nel 1494 e nel 1495 Carlo VIII di Francia, alla partenza e al ritorno dall’impresa di Napoli; subì vicende complicate e tumultuose e divenne, nel 1785, principato a favore del duca d’Aosta, Vittorio Emanuele. Ricca d’arte, di storia e d’industrie, le nuoce forse la vicinanza di Torino. Rarissimi capitano i visitatori per le sue stradicciole vellutate d’erba o sostano sotto il suo splendido arco di trionfo eretto nel 1580 per onorare Emanuele Filiberto. Eppure ha templi importanti: un Duomo in perfetto stile gotico, anteriore al 1037, con sepolcri illustri, la più grande – osserva lo Stroffarello – fra le cattedrali del Piemonte; S. Domenico, con l’attiguo convento ove risiedé, dal 1427 al 1434, l’Ateneo Torinese; S. Filippo del Juvarra; S. Giorgio, sul poggio omonimo da cui si scorgono, nella cornice dei fitti vigneti, i superstiti castelli della Rocchetta e della Mina; S. Antonio; S. Bernardino… Ovunque, in codeste chiese, sono tele di sommi pittori e nelle vie, anche nelle case più meschine, non un muro dal quale non escano preziose vestigia architettoniche. Oggi, la città si sviluppa nelle industrie e nei commerci con più di trenta grandi stabilimenti e con la caratteristica fabbricazione “a domicilio” delle coperte, per cui un gigantesco telaio troneggia in molte abitazioni, occupandone spesso l’unica stanza dal pavimento al soffitto. Con tutto ciò essa conserva la sua vecchia fisionomia tra il campereccio e l’austero. Donne sulle porte, sedute davanti agli arcolai. Qua e là, angoli sepolti in un grigiore claustrale. Lunghi e alti muri rossicci in fondo ai quali scantona il saio di un domenicano o biancheggia l’alone di una suora. Siamo a dieci chilometri da Torino e par d’esserne lontanissimi. Chieri, più che pel suo patrimonio artistico e storico, è nota per lo scintillante freisa e per le sue ortaglie. Nominate Chieri e non vi diranno “la città dalle cento torri, patria dei Balbo e dei Benso, tomba del Cottolengo”, ma, semplicemente, “la città del cardo”, del quale, imbevuto in un succo bollente, i piemontesi sono ghiottissimi.”