L’idea è brillante. E raddoppia l’utilità di un libro appena scritto da Antonio Mignozzetti e da sua moglie Teresa De Marchi. Prima utilità, ovvia: “Chieri e il suo Voto”, frutto di pazienti ricerche d’archivio per far venire alla luce notizie e aneddoti tanto remoti quanto recenti, riempie un vuoto nella vicenda di un fatto-chiave nella storia chierese, non tanto per l’episodio all’origine (la peste, quella raccontata da I Promessi Sposi, e il voto alla Madonna delle Grazie che portò all’edificazione della Cappella in Duomo) quanto per le modalità, i coinvolgimenti, gli atteggiamenti nei secoli dell’amministrazione locale, di quella religiosa e dei cittadini nei confronti di una festa tramandata con un filo conduttore costante ma anche con mille sfumature di variante. Ma c’è una seconda utilità, che mi piace rimarcare. I proventi della vendita del libro, donato dagli autori alla Parrocchia del Duomo, saranno investiti in cultura, arte, quindi turismo. Perché si potrà finalmente dotare il Duomo, scrigno d’arte (e il riferimento non casuale è alla “Grande Pinacoteca” online su 100torri.it da cinque anni e curata dallo stesso Mignozzetti) di una illuminazione mirata, a gettone, per chi vuole vedere un dipinto jaqueriano o una pala barocca finalmente con la giusta illuminazione. La cosa è tutt’altro che banale, perché un conto è affermare che Chieri ha tesori d’arte tali da attrarre tanti turisti e un altro (tutto un altro…) mettere a disposizione di questi turisti, reali o potenziali, qualcosa da vedere, bene e…sempre. Il sogno successivo lo ha raccontato l’amico Antonio, una sera di agosto, quando mi ha portato a casa il suo libro. “Quando si parla di vocazione turistica di Chieri – pensa e dice Mignozzetti – bisogna essere onesti e pratici. Quel che di veramente bello e importante per l’arte Chieri possiede, si trova quasi al 100% nelle sue chiese. Come ben sanno i volontari delle associazioni culturali chieresi, quando i turisti bussano alle porte di Chieri il difficile è garantire loro che le porte siano aperte, tutte e in orari comodi. Oggi succede più spesso il contrario. E allora, il soggetto pubblico che crede nella vocazione turistica, cioè il Comune, prima di fare qualsiasi altra cosa bella e utile per richiamare turisti, dovrebbe riunire intorno ad un tavolo i custodi delle bellezze artistiche, cioè i parroci e i religiosi che hanno le chiavi del Duomo, di San Domenico, di San Giorgio, di San Bernardino, di San Filippo e quant’altro, e offrire risorse concrete, soldi e persone, perché questi posti siano aperti negli orari in cui lo sono nelle città d’arte, tutti i giorni.”
(Gianni Giacone)