I suoi progetti meno noti: l’ecologia e la geobiologia
di Eddi Gai
La recente scomparsa di Giovanni Tagini ha suscitata in città un grande cordoglio.
Ne sono testimoni le persone (per prima la sorella Maresita, sempre vicina nella lunga infermità) che gli sono state accanto, confortandolo, sino alle ultime ore di vita: Giovanni, consapevole della propria condizione, per la forza della sua fede mariana, realizzò il suo desiderio di passare a miglior vita il giorno della Madonna dell’Assunta, dopo aver ricevuto i sacramenti. Di chi se ne va si usa dire che lascia un grande vuoto; ma un uomo generoso di sé ed attento a considerare i problemi e le richieste di tutti coloro che si rivolgevano a lui non è frequente. Qui tuttavia non si si parlerà della sua disponibilità privata ma di quella, altrettanto significativa, per l’accoglienza e l’aiuto diretto ad immigrati, profughi ed indigenti. È ciò che molti con dovizia di particolari, sia sulla carta stampata che sui social, hanno già fatto. Si intende invece parlare – grazie allo spazio qui disponibile – di altri suoi progetti, forse meno noti del Comitato Medjugore, realizzati e praticati con piccoli gruppi di amici, fra i quali chi scrive.
È necessario, innanzitutto, precisare un fondamentale aspetto della personalità di Giovanni Tagini, al fine di contribuire a spiegare i suoi poliedrici ed in apparenza assai distanti impegni in iniziative molto diverse fra loro: egli univa infatti ad una concezione rigorosa ed indefettibile di fede cristiana (ed in particolare mariana, ultimamente legata alla Vergine di Medjugore), con accenti di rigore quasi calvinista, la sua più che solida formazione scientifica d’ingegnere, sempre presente in lui. Tutto ciò si combinava con una capacità organizzativa, con uno spirito sempre vivace e generoso, con un’intelligenza brillante e creativa che gli hanno consentito di raggiungere obiettivi impensabili in attività fino ad allora mai concepite. Sono sue, insieme a pochi altri, l’organizzazione e la guida del primo gruppo italiano, fra i primi in Europa, di tutela delle fonti idriche e delle sorgenti naturali presenti sul territorio: il G.E.V.S. (Gruppo ecologico volontari sorgenti), che prese avvio a Chieri, fin dalla metà degli anni sessanta, cui seguirà poco dopo il G.R.G. (Gruppo di Ricerche in Geobiologia).
Il G.E.V.S.
Ad alcuni chieresi (Carretta e Rovida, da subito accanto a Tagini) parve necessario, sin dagli anni sessanta del secolo scorso, intervenire attivamente – quando ancora l’attenzione e la sensibilità sociale per i temi ecologici era ancora ampiamente da sviluppare – per la salvaguardia e la cura delle fonti idriche le quali, anche localmente, apparivano spesso trascurate se non già, in taluni casi, compromesse. Dopo un breve periodo di proposte e valutazioni, fu definito il primo programma di interventi diretti sul territorio, sotto forma di censimento e manutenzione primaria, soprattutto di pulizia e recinzione, oltre alla protezione con piccoli argini sulle rive, delle sorgenti naturali dei dintorni. (Nella foto Tagini con un socio Gevs vicino ad un pozzo artesiano nei pressi di Pecetto). A breve l’attività si estese, accanto all’arrivo di nuovi soci (oltre una dozzina), a comprendere la raccolta e l’analisi chimica periodica della composizione delle acque sorgive (grazie anche all’accordo con il Comune di Chieri, di poco successivo alla costituzione formale del gruppo mediante statuto nel luglio 1985, per la convenzione con un laboratorio dell’azienda sanitaria che analizzava i campioni raccolti) ed il monitoraggio delle falde acquifere, precise mappature isochimiche e piezoelettriche ed i correlati studi stratigrafici del sottosuolo. A titolo d’esempio, in seguito al censimento delle acque sotterranee furono realizzate schede di grande precisione e dettaglio sulle caratteristiche di ciascuna area e su ciascuna fonte e sorgente, anche private (volume di consumo, diametro dei pozzi, portata e flusso, utilizzo dei prelievi, tipo di captazione e sollevamento). L’obiettivo di fondo, ovviamente, rimase sempre il medesimo, “la difesa del bene comune per eccellenza, l’acqua”, come recitava nel modo più eloquente lo statuto G.E.V.S. Nel tempo, l’accumulo di dati, mappe e grafici crebbe in modo cospicuo, acquisendo sempre maggior valore. Basti dire che si era giunti a classificare circa 150 fonti e sorgenti, molte private ma non poche pubbliche, a Chieri e nei territori limitrofi (come Baldissero, Buttigliera, Montaldo, Moriondo, Pavarolo, Santena e Riva, fino a Castelnuovo Capriglio); in particolare, per le fonti naturali di superficie del chierese, le fonti del Cûp, di Passatempo, del Gurg (sul terreno dell’ex ristorante Tre Re), della Berbujusa (in strada Pecetto) e della ben nota fonte Bardella di Berzano San Pietro (nei pressi di Castelnuovo). Purtroppo, defezioni di soci per limiti di età, trasferimenti ed impegni crescenti, oltre alla decisione del Comune di non accollarsi più il pagamento del costo delle analisi di laboratorio – già da tempo trasferito dalla Asl locale all’Istituto Zooprofilattico – costrinsero, nel nuovo secolo, una riduzione progressiva delle attività, anche se, ancora per molto tempo, proseguirono sopralluoghi e rilevazioni, ad opera soprattutto di Tagini, Luigi Maglioli e pochi altri, prima della sospensione forzata “sine tempore” del lavori.
Il G.R.G.
Ancora diversa è la vicenda di questo gruppo, che prese avvio dall’iniziativa dell’imprenditore chierese Beppe Tosco (fra i titolari della Passamaneria Italiana); questi, recatosi nella Francia centrale per lavoro, entrò in contatto con l’ingegner Gilbert Fleck, ricercatore assai conosciuto, allievo del celebre dottor Ernst Hartmann (autore del ben noto studio sulla “Malattia come problema di localizzazione”). Colpito dalle lezioni di Fleck, Tosco volle invitarlo a tenere un seminario a Chieri, cui ne seguirono alcuni altri negli anni successivi. Il pubblico dei partecipanti era costituito in misura consistente dagli amici del Gevs. Entusiasti per la presentazione di Fleck, alcuni dei presenti decisero ben presto di avviare un gruppo dedicato allo studio dei fenomeni locali e delle risorse offerte dalla geobiologia. Si trattava, in breve, di riconoscere l’importanza dei fenomeni elettromagnetici che permeano le esistenze di ciascuno e di prevenirne le conseguenze nocive per la salute ed il benessere di ogni forma vivente (anche piante ed animali, per quanto sia poco credibile in prima istanza). Come afferma molto chiaramente Hartmann, la terra è interamente attraversata da una fitta rete di linee elettromagnetiche (generate dal centro magnetico del pianeta) parallele e perpendicolari le quali, incrociandosi, formano rettangoli di circa due metri per lato ciascuno sull’intera superficie terrestre. Rilevando con opportuni strumenti radioestesici – o apparecchi per captare i campi magnetici – tali onde, la loro posizione con i rispettivi incroci, è possibile evitare malattie e danni fisici e psicologici anche molto gravi (per piante ed alberi ciò significa crescere male, poco e stentatamente), avendo semplicemente cura di evitare stazionamenti prolungati (tipicamente, nelle ore notturne quando le difese organiche si abbassano, od anche in ufficio, nelle lunghe ore seduti al posto di lavoro): spesso è sufficiente spostare letto o scrivania dai punti più nocivi, quelli costituiti dagli incroci (detti anche nodi) delle linee elettromagnetiche. Anche Giovanni Tagini si convinse ben presto della validità delle ricerche di Hartmann e Fleck e, all’interno del G.R.G., fu il suo impegno a promuovere le principali iniziative, condotte con entusiasmo dai soci per lunghi anni, individuando e misurando luoghi pericolosi, sia in abitazioni private che in luoghi pubblici; fra le molte, un’iniziativa particolare degna di menzione fu quella di individuare e tracciare l’intero percorso dell’antica via romana, da piazza Dante sin oltre zona san Felice, tra Pino e Pecetto. Ad oggi, anche se non effettivamente attivo per la dispersione dei soci, il G.R.G. ha formalmente soltanto sospeso la propria attività in attesa di nuove iniziative».