CENTOTORRI/SFOGLIA LA RIVISTA – Silvio Pellico, un… quasi chierese: una nuova testimonianza

Ritrovato un bozzetto in china dell’Annunciazione donato alla sorella che viveva a Chieri

di Antonio Mignozzetti

È cosa nota che, per varie ragioni, fra Silvio Pellico e la città di Chieri sia esistito un rapporto particolarmente stretto, tanto da far considerare quasi chierese lo scrittore e patriota. Era facile, infatti, incontrarlo per le vie della città in occasione delle sue frequenti visite o all’amatissima sorella Giuseppina, per molti anni direttrice dell’Istituto “Ritiro delle Rosine”, o al fratello minore Francesco, novizio Gesuita, o all’altro fratello, Luigi, che, andato in pensione, aveva preso in affitto una casa in via Balbo. Non solo. Insieme a Luigi, nell’agosto del 1831 acquistò il “Tetto Leynì”, che lui chiamava “il caro tetto”: una modesta cascina situata nella frazione Madonna della Scala, sopra un poggio a destra della strada per Pecetto, dove, da solo o con il fratello, trascorreva lunghi periodi di riposo. Continuò a frequentare Chieri anche dopo la morte di Luigi, sia perché il “caro tetto” era rimasto di sua proprietà, sia perché la sorella Giuseppina, lasciato il Ritiro delle Rosine per motivi di salute, aveva acquistato la casa di via Balbo e vi era andata ad abitare. Giuseppina, poi,  ereditò tutti i beni sia di Luigi che di Silvio, e quando anche lei, nel 1870, passò a miglior vita, non avendo più parenti prossimi, lasciò tutti i suoi beni al Ritiro delle Rosine (due terzi) e agli Asili Infantili di Chieri (Sant’Anna, un terzo). Tale stretto rapporto ha fatto sì che la città intitolasse allo scrittore-patriota una piazza e un circolo per anziani, e l’archivio del Duomo conserva gelosamente alcuni oggetti che gli sono appartenuti, fra cui alcune lettere in lingua francese scritte a Giuseppina, un libro di preghiere e un astuccio contenente i suoi occhiali. Ma recentemente (e questo è il motivo per il quale torniamo a parlare di lui), presso una famiglia chierese è stato ritrovato un altro significativo oggetto che ha avuto a che fare col lui. I signori Ruggero D’Osualdo ed Elisabetta Lancellotti, residenti in località Superghetta, fra i molti ricordi di famiglia che conservano nella loro bella casa conosciuta come “Tetti Mens”, annoverano anche un bozzetto in china, dipinto a tre colori, della misura di cm. 30 x 21 raffigurante l’Annunciazione. Un lavoro molto fine, che in basso a destra reca la firma dell’autore, “F. Mensi”, e l’annotazione: “Dipinta per una chiesa di Alessandria”. Recentemente, essendo stato il foglio del dipinto liberato dalla sua molto malridotta cornice, è comparso, legato ad esso con spago e ceralacca, un foglietto scritto che recita: “N. 121. Attesto io sottoscritta che la presente immagine dell’Annunciazione apparteneva all’egregio mio fratello Silvio Pellico di venerata memoria. In fede. 10 marzo 1862. Giuseppina Pellico”. È evidente che a questo punto l’opera, al di là del suo valore artistico, assumeva anche un certo valore storico. Non c’è voluto molto per scoprire che a dipingerlo è stato Francesco Mensi, nato ad Alluvioni Cambiò (AL) il 26 febbraio 1800 e morto ad Alessandria 31 luglio 1888: un pittore di risonanza europea, formatosi fra Firenze e Roma. Fu attivo a Milano (dove  nel 1844 veniva addirittura giudicato “fra i più distinti della città”), Torino e Alessandria. La chiesa alessandrina nella quale, in una nicchia alla base della cupola, egli realizzò in grande il soggetto del bozzetto, è  quella di Nostra Signora di Loreto, in via Plana. Vivendo e lavorando a Torino, Silvio Pellico potrebbe aver conosciuto Francesco Mensi negli anni nei quali il pittore visse nella capitale sabauda e potrebbe aver acquistato (o ricevuto in dono) da lui il bozzetto, poi pervenuto alla sorella Giuseppina e da questa o all’Istituto delle Rosine o agli Asili Infantili. L’Istituto che lo acquisì deve averlo, da ultimo, o venduto o messo all’asta. Resta da appurare come esso sia giunto ai “Tetti Mens”. Ulteriori indagini potranno appurarlo. Ma un indizio esiste già: più di un esponente della famiglia Mens ebbe rapporti con gli Asili Infantili che, come abbiamo visto, furono uno dei due beneficiari del testamento di Giuseppina Pellico.