Con i molti auguri non mancano gli interrogativi sul futuro
di P. Pio Giuseppe Marcato op
Abbiamo iniziato il Nuovo Anno nella speranza che le cose andassero meglio, per lo meno nel verso giusto, ma ci siamo ritrovati nella stessa situazione dell’anno passato, anzi con delle aggravanti che pensavamo aver felicemente superato. Oggi si constata una tristezza diffusa, una chiusura sempre più marcata e su tanti fronti: molte famiglie si astengono d’avere figli, ci si rifugia su altri beni di conforto, e la motivazione crescente perché il futuro sembra più cupo, sfiducia nelle istituzioni, l’ascesa di nuove forme dittatoriali e decadimento della democrazia, paura di nuove varianti ancor più pericolose di pandemia, e poi il cambiamento climatico, i continui disastri ecologici di vario genere, disgelo, deforestazione, terremoti, inondazioni, eruzioni vulcaniche, venti di guerre imminenti e non solo per l’Europa Orientale, ma quelle già in atto in Africa e nell’Estremo Oriente… un vero scenario apocalittico che non lascia ben sperare. Sembra che le cose siano in forte discesa, anzi, precipitando.
Noi stiamo aspettando, stiamo ugualmente attendendo che si compia la grande profezia cantata per più giorni nel tempo natalizio: “la giustizia fiorirà in ‘quel giorno’, una pienezza di pace per sempre! Resta il senso di un’attesa forte, incrollabile e ognuno di noi in forza dell’esperienza vissuta nell’incontro col Figlio di Dio incarnato in Gesù può e deve seminare e costruire la speranza e la pace. Essere contagiosi in questo senso sembri più difficile e complicata del diffondersi di nuove varianti della pandemia in atto. Una speranza non per sé soli, ma condivisa. Questa speranza che osa agire perché fatta da persone che credono nella presenza di colui che è il Signore della Storia e il Principe della Pace. La giustizia fiorirà e la pace regnerà! Un passaggio obbligato che deve reinserirsi nei cuori: é la ‘via della prudenza’, la capacità di vivere in pienezza il proprio tempo e il proprio ruolo. Questo atteggiamento non può più essere disatteso se non si vuole precipitare nell’abisso dello sconforto. Per questo l’incontro con l’altro dev’essere ‘aperto’, libero, capace di testimoniare che siamo “fratelli tutti”.
Sembrava che il secolo breve, carico di esperienze drammatiche (guerre, genocidi, anni di piombo e violenze…) fosse definitivamente passato e sepolto alle spalle, invece le stesse gravi ombre pesano e schiacciano con inaudita violenza. Si è anche accusato Dio di non essere stato presente e non aver ostacolato il ‘Grande Male’ (Il Male c’è solo in quanto Dio non è onnipotente, dice H. Jonas). Ma la risposta cristiana rimanda a un Dio che si immerge nel dolore e nella realtà umana e partecipa il suo dolore, si inserisce nella sofferenza: Dio si comunica nell’amore crocifisso di Gesù, mostra concretamente il suo donarsi nell’amore, nella condizione dell’impotenza e libertà della Croce. L’amore di Dio è totale e da sempre. Il reciproco amore fraterno è la via migliore, l’unica, per irradiare la verità di Dio superando ogni forma di ingiustizia, dolore e male. È proprio da questo che i cristiani si distinguono nella speranza. “Sarete miei discepoli se avrete amore gli uni per gli altri’ e saprete seminare speranza in e per un mondo nuovo.