Quel giorno anche i chieresi partecipano in massa…
di Valerio Maggio
Che sensazione andare a frugare, a distanza di cinquant’anni, il 1973. Un anno che, a detta di molti, può meritare il titolo di “anno fatidico” a partire – a livello internazionale – dall’annuncio della fine della guerra nel Vietnam sino al Golpe cileno. In questo contesto «il nostro Paese – scriverà Paolo Guzzanti – sembra sbranato da una vera libidine di guerra civile».
Ad un primo attentato dinamitardo eccone un altro. Bombe di estrema destra che uccidono. È il tempo del primo sequestro, a Torino, di un sindacalista (prima azione rilevante delle Brigate Rosse), degli scontri giornalieri con le forze dell’ordine. Periodo passato alla storia come quello della ‘strategia della tensione’ e degli ‘anni di piombo’ ad indicare una stagione – quella appunto che si snoda lungo la fine degli anni ’60 (strage di piazza Fontana, Milano 12 dicembre 1969) e per tutti i ’70 – dove alcune sigle della sinistra extraparlamentare e le numerosissime riconducibili alla galassia della destra fascista, terrorista e stragista mettono in discussione l’intera istituzione repubblicana. Un’ Istituzione che possiede però solidi anticorpi e che si dimostrerà, con il tempo, in grado di sconfiggere, unita, l’incombente pericolo. Accade già in occasione del Primo Maggio 1973 quando i cortei si snoderanno lungo l’intera penisola sotto lo slogan: “Impegno democratico e antifascista dei lavoratori”.
Quel giorno anche Chieri partecipa in massa. Vediamo come sfogliando Cronache Chieresi: «Secondo appuntamento a breve distanza da quello del 25 Aprile, degli antifascisti, dei democratici, dei lavoratori. Un corteo formato da oltre cinquecento lavoratori chieresi (molti altri sono affluiti a Torino dove è stata organizzata un’imponente manifestazione a cui hanno partecipato oltre 80.000 lavoratori giunti da tutta la Regione) si è avviato da piazza Cavour imboccando via Palazzo di Città e proseguendo per piazza Trento, via Principe Amedeo, via Cesare Battisti, via Roma via Vittorio per concludersi nuovamente in piazza Cavour». «A corteo terminato (…) il sindacalista della Cisl, Giachino ha esordito ricordando “i nostri amici e compagni caduti nelle fabbriche, nelle piazze durante la guerra di Liberazione». «I lavoratori – ha proseguito – hanno sempre difeso con i loro diritti anche quelli di tutta la società italiana. (…). Mercoledì si è celebrato il 25 Aprile di cui il Primo Maggio rappresenta la continuazione ideale. Perché il fascismo e l’autoritarismo, l’attacco alla democrazia non avviene soltanto nelle piazze ma anche sui luoghi di lavoro». La mattinata d’impegno si avvierà alla conclusione attraverso un atto di sensibilità democratica: «l’apposizione delle firme alla petizione popolare contro le organizzazioni fasciste (…)».
Anche nei decenni successivi (è vivo tuttora) ci sarà dibattito sui rigurgiti fascisti ancora presenti nella società tanto da far scrivere ad Antonio Tabucchi, quasi trent’anni dopo, sulla rivista bimestrale MicroMega (3/2001): «(…) L’antifascismo non è un ‘optional’ per nessuno, bensì l’irrinunciabile orizzonte comune dell’attuale cittadinanza democratica europea. (…) i cittadini non possono essere indifferenti alla scelta tra fascismo e antifascismo né tantomeno equidistanti o neutrali. L’Europa non accetterà che vengano irrise le conquiste della democrazia in un paese come l’Italia, così come non lo vogliono tutti i cittadini che sono fedeli alla Costituzione. Sull’antifascismo è fondata la nostra Repubblica ed in esso si riconosce la nostra Patria (…)».