CENTOTORRI/SFOGLIA LA RIVISTA – Le cappelle campestri chieresi. La cappella di San Rocco ai Mosetti

“Lungo l’antica strada che da Santena conduce a Chieri…”

di Antonio Mignozzetti

“Lungo l’antica strada che da Santena conduce a Chieri – scriveva nel 1884 Gaspare Bosio  nella sua storia di Santena e dintorni –  esistono… i vecchi castelli dei Mossati e Mossi (Mosetti e Mosi, ndr), edificati sulla fine del secolo XIII da nobili famiglie chieresi, per cercare rifugio in quelle tranquille ed amene pianure  durante le sanguinose fazioni che straziavano la repubblica in quel tempo. Quello dei Mossati, conservato quasi intieramente nella sua primitiva fisionomia, fu feudo dei Gribaldi-Moffa dell’Ospizio dei Gribaldenghi; l’altro dei Mossi, di cui rimane solo una parte, appartenne ai Gribaldi… Nel 1400 passarono nel dominio dei Broglia, conti di Revello e signori di Santena. Finalmente con patenti della Regia Camera dei Conti, l’8gennaio 1748 la giurisdizione dei Mossi e Mossati insieme a quella di Fontaneto, Castel Guelfo e Ponticelli fu venduta ed infeudata, con titolo comitale, a Giuseppe Levrotti  e suoi discendenti maschi per il prezzo di L. 6000”. Causa la sensibile distanza dei due castelli sia da Chieri sia da Cambiano e Santena, per consentire agli agricoltori la pratica religiosa, a ridosso del castello dei Mosetti fin dal 1265 fu fondata una cappella dedicata a San Rocco. Un oratorio che ha conosciuto trasformazioni e ricostruzioni. Nella relazione della visita pastorale di mons. Beggiamo, del 1671, si legge che a quel tempo era dedicato non solo a San Rocco, ma anche a San Sebastiano (i due Santi protettori contro la peste) e che la pala dell’altare rappresentava i due Santi insieme alla Vergine. Nel 1777 vi si accedeva per due porte, una sulla facciata e una sulla parete destra, e sull’altare c’era una nuova pala dedicata al solo San Rocco.

Nella cappella odierna il presbiterio e la navata, entrambi con il soffitto a volta, sono separati da una balaustra di marmo bianco. Di marmo bianco è anche l’altare, dietro il quale spicca la pala, firmata A. Nicola e datata 1913, raffigurante la Madonna fra due angeli e, in basso, San Rocco, con sullo sfondo due scene di peste.  Ai lati della  pala, alcuni quadretti ex voto. In due teche di legno, collocate a ridosso del presbiterio, le statue dei Sacri Cuori di Gesù e Maria. Lesene in finto marmo dividono in due entrambe le pareti della navata, sulle quali due lapidi di marmo ricordano le visite pastorali del card. Agostino Richelmy  del 13 sett. 1909 e del card. Maurilio Fossati del 13 novembre 1933. Sopra l’ingresso un coro di legno raggiungibile da scale laterali. La facciata, preceduta da una scala a due rampe costruita nel 1816, rivela una qualche pretesa di eleganza: divisa in tre settori da altrettanti archi a tutto sesto, culmina in un timpano fiancheggiato da pinnacoli con al centro una scritta, ora illeggibile, ma che recitava: “Sacellum hoc D.O.M., B.M.V. divoque Rocho dicatum, indigenarum pietate instauratum est, atque exornatum fuit annis MVCCCLXVI et MCMXXXIII” (cioè: “Questa cappella, dedicata a Dio, alla Beata Vergine Maria e a San Rocco, edificata grazie alla devozione degli abitanti, è stata arredata negli anni 1866 e 1933”). Queste due date si riferiscono a due dei numerosi restauri ai quali la cappella è stata sottoposta (gli altri nel 1950-51, 1960-61, 1984, 1997, 2004, quest’ultimo avvenuto per iniziativa di Franco Giolito in memoria della mamma Piera Gioda, come viene ricordato da un’altra piccola lapide affissa alla parete destra). La proprietà della cappella è stata controversa: l’hanno sempre rivendicata i titolari del castello, ma i borghigiani, forti del fatto che da sempre eleggono due massari (uno dei Mosetti, l’altro dei Mosi) che se ne prendono cura e ne organizzano la festa e del fatto che spesso le famiglie si sono tassate per far fronte alle spese di gestione, e anche basandosi su qualche testimonianza storica poco informata, talvolta (come nella citata scritta che compariva sopra la faccia), hanno sostenuto che appartenesse alla comunità. La cosa si è chiarita definitivamente solo nel 1990, quando l’ultimo proprietario, Giuseppe Cavaglià di Santena, l’ha ceduta alla parrocchia di Cambiano insieme ad una porzione del terreno circostante (questa zona, infatti, che amministrativamente appartiene al Comune di Chieri, dal punto di vista religioso dipende da Cambiano). La festa del Santo, preceduta da una novena, si celebra il 16 agosto o nella domenica più vicina a tale data.