Nato a Pianezza, chierese nel cuore, come spiega in un saggio Roberto Toffanello
Pianezzese di nascita (1869) chierese di adozione Monsignor Angelo Bartolomasi è allievo nei seminari di Giaveno, Chieri e Torino. Ordinato sacerdote nel 1892, nel 1894 è viceparroco a Pino Torinese e professore di filosofia nel seminario di Chieri dal 1895 al 1910. Laurea in teologia nel 1904, nel 1910 viene eletto Vescovo titolare di Derbe e Ausiliare dell’Arcivescovo di Torino Agostino Richelmy (quest’ultimo diverrà Cardinale nel 1899). Primo Vescovo da campo nel 1915, il 15 dicembre 1919 è nominato Vescovo di Trieste e Capodistria dopo una lunga serie di prelati slavi e tedeschi. Sono di quel periodo le sue aperture verso le tesi del Partito Popolare Italiano favorendone la nascita anche attraverso il contributo del settimanale cattolico “Vita nuova” da lui fondato. Si schiera a difesa delle minoranze slovene e croate. Logorato però da quel clima di tensione nel gennaio del 1923 prende commiato dal popolo triestino con un’omelia che «più di altre volte riesce a toccare il cuore dei presenti». Ritorna in Piemonte dove reggerà la Diocesi di Pinerolo sino al 1929 quando, nominato Arcivescovo titolare di Petra di Palestina è chiamato a Roma come Ordinario militare. Incarico che abbandonerà soltanto nel 1944 per raggiunti limiti di età. Successivamente Canonico, prima in San Giovanni in Laterano e poi in San Pietro muore a Pianezza nel 1959.
Perché chierese d’adozione? Ce lo spiega l’esperto di storia locale Roberto Toffanello attraverso un suo lungo e documentato intervento pubblicato nel 2009 sul volume “Angelo Bartolomasi, vescovo di Pinerolo 1922 – 1929” dal quale rubiamo alcuni stralci: «(…) Assorbito dall’attività scolastica trovò il tempo di dedicarsi alla musica, al teatro, alla pittura (…). Con Chieri cittadina stringerà amicizie e conoscenze che dureranno tutta una vita; anche quando gli incarichi lo porteranno lontano abbiamo prove e testimonianze che egli porterà Chieri nel cuore e lo stesso faranno nei suoi confronti sacerdoti, famiglie, oratori, e circoli giovanili. (…) Se poi Chieri era nel suo cuore, è certo che una parte della città gli era ancora più cara: le cascine attorno alla chiesetta di San Liborio ove fu cappellano per quindici anni. (…) Nonostante le molte occupazioni e attività Angelo è puntuale all’incontro festivo. San Liborio e la sua gente: quante visite, quanto sguardi. Rimangono le fotografie, testimonianze eloquenti di un legame unico, lungo e profondo. Nella chiesetta ancora oggi si venera la statua del santo da lui donata e benedetta (…)». Scrive ancora Toffanello: «Rileggere i giornali dell’epoca è continuamente incontrare cronache delle sue frequenti visite a Chieri (…) più volte nello stesso anno in cui ricorrono spesso i seguenti termini: “Graditissima fu la sua presenza. Sempre ricordato e accolto con riverenza e con affetto dai chieresi”. (…) Ma c’è un altro particolare che lo lega fermamente a Chieri: la devozione alla Beata Vergine delle Grazie. Un legame forte che dura tutta la vita e che tra il 1905 e il 1955 lo vede in tre momenti significativi (1905 incoronazione della statua, 1930 tricentenario del voto, 1955 cinquantesimo dell’incoronazione, n.d.r.)». «Dopo aver assistito alle funzioni del mattino in Duomo, dopo la Consacrazione della Cappella dell’Ospedale – sottolinea Toffanello – egli percorre a piedi, a ottantasei anni, tutto il tragitto di tre chilometri della processione per le vie della città. (…) Vi è un gesto che (…) lo lega, infine, a Chieri e alla sua gente: tutti gli anni alla vigila delle feste Beata Vergine delle Grazie l’anello episcopale viene appoggiato sul globo tenuto in mano dal Bambino Gesù e al collo della Madonna viene messa una lunga collana. Appartennero a Mons. Angelo Bartolomasi». (V.M.)