Chieri torna a vincere nell’Europa del volley. Era successo nel 2005: altra squadra, altra società. Ma la storia è la stessa: quella di un posto, Chieri, dove chi ha da ottant’anni in giù può dire, in percentuale da maggioranza bulgara, che ha almeno per un po’ nella sua vita mangiato pane e pallavolo. Con una base così imponente di interesse, diciamo pure di passione, non stupisce che il Chieri’76, in poco più di dieci anni di vita, abbia scalato l’Europa dopo aver violato in rapida successione i confini del Piemonte. Non stupisce nemmeno che la Famiglia Biancoblù sia diventata un popolo e che Torino, con il suo PalaGianniAsti, sia stato trasformato per la circostanza in una specie di periferia delle Maddalene. Stupisce, semmai, che adulti e (soprattutto) bambini che hanno fatto festa al Parco Ruffini per le ragazze chieresi, invadendo il campo a caccia di autografi e selfie, siano in maggioranza torinesi, cioè chieresi adottivi. Scherzi da Città Metropolitana. A Torino, per lo sport, una roba così si vede solo agli scudetti della Juve. Ma veniamo al sodo. Chieri ha vinto la Challenge Cup, che non è la Champions ma è Europa vera, con turche, serbe, romene, tedesche e quant’altro. Gente che giocava grande volley quando noi ci si divertiva sotto rete a San Carlo o al Fratel Cavallaro. E’ stato un cammino prima cercato con determinazione (la prequalifica a Chieri con francesi e svizzere, roba facile) e poi percorso con feroce determinazione, lasciando alle avversarie le briciole. Da chieresi mai contenti, qualcuno dirà che Conegliano o l’Istanbul del ‘chierese’ Giovanni Guidetti sono un’altra cosa, ma a noi che ci importa? Lasciamoli dire. Era un sogno e adesso è storia. E la storia comincia dal basso e poi piano piano può diventare sempre più importante. Un passo alla volta.
Gianni Giacone
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